Poeti? Resta il sob

Poeti? Resta il sob

Poeti? Resta il sob

 

Poeti? Resta il sob

Poetico, credit Mary Blindflowers©

 

Poeti? Resta il sob

Mary Blindflowers©

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I “poeti” o coloro che si sentono tali non si leggono tra loro ma si adulano falsamente nei social, per un istinto di finta solidarietà e si lisciano, titillano il loro ego tronfiogonfio come tante marionette recitanti e recalcitranti al senso dentro uno spettacolo allestito per se stessi e per gli altri.
Tutti i poeti perlopiù falliti che abbracciano l’assenso nel consesso del circolo vizioso ridotto a zero più zero uguale lo sapete, si lamentano per davvero che la gente non compri più libri, peccato che essi stessi siano i primi a non leggere nulla e trattino gli altri da poveri fessi ignoranti. Così i “poeti” che sono tanti, mai avuto così numerosi “poeti” come in questa nostra epoca bolsa, qualche volumetto per reggere le gambe dei tavoli se lo comprano, di tanto in tanto, opere di autori noti soltanto nell’attimo stesso in cui si parla, mode che magari scrivono peggio di loro ma che, avendo raggiunto la notorietà per apparentemente oscuri motivi, possono essere considerati “acquistabili” nel meretricio del mercato poetante, se non altro per mostrare con fare precascante il libro agli amici social.
Capita dunque che gli autodefiniti “poeti” leggano l’ultimo divetto pubblicato da chi conta, uno due tre… bum, viva il re, ma non abbiano mai letto neppure per sbaglio una poesia di Papini, che poveretto, aveva la tara d’esser fascista, ma le poesie le sapeva scrivere, oppure di Jebeleanu, della Romagnoli, di Ripellino, anzi in molti casi gli autodefiniti poeti non sanno nemmeno chi siano costoro e cascano dalle nuvole quando gliene parli.
Ma chi scrive poesie perché lo fa se non legge nemmeno?
Per un desiderio di notorietà in primis, pensando (poveretto) che scrivendo poesie e auto-appioppandosi la definizione di “poeta”, pubblicando perché un amico lo ha presentato a un editore, possa diventare noto e tutti lo ammireranno e loderanno e lo considereranno come essere umano notevolmente notevole, dandogli ricchi premi letterari a base di porchetta e panettone e cotillons di cartapesta con cui ornare le pareti del bagno.
Inoltre la parola poeta fa tanta “fighezza”, che suono dolce ha, non lo sentite? È una melodia, è un’etichetta non-etichetta che piace a grandi e piccini perché stigmatizza un certo tipo di creatura che sfugge apparentemente alle regole. Il poeta infatti non è riconosciuto come lavoratore, data la soggettività dell’idea su cosa sia o cosa non sia poesia, è un libero pensatore e l’idea di libertà che suggerisce a se stesso e agli altri con l’autoproclamazione fanfaronesca d’esser “poeta”, coltiva una illusione universale alimentata dal gruppetto di riferimento.
Il poeta oggi non procede solo e nemmeno “a due a due”, ma a gruppi che possono essere più o meno importanti, più o meno solidali. Più sono falliti, più si raggruppano. Si odiano generalmente tra loro, ma giocano ad amarsi perché se uno di loro trova un aggancio buono con una piccola scaletta di pollaio per accedere a un articoletto striminzito su un giornale importante, gli amici lo loderanno e incenseranno, cercando di salire anche loro quella scaletta piena di guano di gallina. I “poeti” infatti amano le catene di Sant’Antonio, anche quelli che si definiscono alternativi o anarchici o working class, perché pur di pubblicare si fanno presentare dall’upper class, dimenticando la sbandierata alternatività e trasformandola in corrente alternata, buona per tutte le stagioni.
Sarebbero disposti a indossare un maglione al mare a luglio o a camminare scalzi sulla neve pur di essere presentati o di ottenere una prefazione da un servo che conta, poi il servo scarabocchierà nel suo blog per lamentarsi che tutti i poveri falliti schiappa vorrebbero una prefazione da lui, che è come la Titina, tutti la vogliono tutti la cercano, ma nessuno la acchiappa. Vantandosi di essere gettonatissimo, tra autosbrodolamento e compiaciuto pigolio, il critico, essendo un uomo che non deve chiedere mai perché tanto quello che aveva da chiedere lo ha già chiesto e pure ottenuto, ora può sfoggiare la sua notorietà da intellettuale arrivato e vantarsi di essere uno snob degli snob.
A noi che “poeti” non siamo né ambiamo ad esserlo nemmeno in futuro e neppure per sbaglio, di fronte a tutto questo spettacolo d’abbaglio-raglio pseudo-intellettuale, non resta che un semplice onomatopeico sob.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comments (2)

  1. Enza

    Di già che io non mi definisco poetessa, condivido questo tuo pensiero. Vorrei anche una critica sulle mi poesie…Per cogliere il lato a me oscuro delle forme scritte.

    1. Destrutturalismo

      Contattami in privato. Mary

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