Scuola nel terzo mondo

Scuola nel terzo mondo

Scuola nel terzo mondo

Scuola nel terzo mondo

Il buco nell’acqua, credit Mary Blindflowers©

 

Scuola nel terzo mondo

Mary Blindflowers©

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Agōghḕ (ἀγωγή,) o regime di educazione spartana, prevedeva l’allontanamento del bambino dalla sua famiglia fin dall’età di sette anni, per seguire un rigido percorso educativo basato sull’allenamento alla guerra, alla caccia e a tutta una serie di attività utili per l’inserimento del bambino nella futura società di adulti.
Il supervisore delle giovani vite era chiamato paidonómos (παιδονόμος), mandriano di giovani. Gli uomini dunque, come il bestiame, dovevano seguire i percorsi obbligatori già tracciati dal sistema.
Il rigore dell’educazione di Sparta oggi ci è sconosciuto, per fortuna, anche se non molto tempo fa nella storia d’Italia non era infrequente dare punizioni corporali agli alunni: bacchettate, punizioni con le ginocchia posate sui fagioli o sul sale grosso, umiliazioni psicologiche di vario genere secondo l’etica distorta del “si stava meglio quando si stava peggio, allora sì che eravamo educati” e magari “i treni arrivavano in orario”. C’è ancora gente che ragiona così e definisce quelle punizioni “bei ricordi”.
L’etica della pecora non finisce mai di stupirmi. Ma i social sono pieni di vecchi tromboni carichi di nostalgico dolce veleno.
L’idea che la cultura e la formazione debbano essere di stampo impositivo, non è mai morta.
Quando ancora non capiamo bene cosa succede nel mondo, ci schiaffano all’asilo o alla materna e poi a scuola, con dei perfetti estranei. Devi far finta di andarci pure d’accordo. Se ti va bene può anche essere che questo accada. Se ti va male diventa un inferno per te o per gli altri. Il sistema scolastico è piuttosto impermeabile alle esigenze individuali, più attento a stabilire il metro di una missione collettiva che umilia l’intelligenza creativa in nome dell’ubbidienza. Sembra quasi oggi, a sentir parlar sociologi e professoroni, che ci si debba vergognare della propria individualità, del fatto di provare antipatie o simpatie naturali in nome di un buonismo alla peace and love il quale recita che la parte più interessante della scuola sia proprio il laboratorio di esperimenti che puoi fare socializzando con compagni e professori.
Se si facessero le lezioni al computer e ciascuno stesse a casa sua, ci sarebbe un bel risparmio in termini di tempo, traffico e fatica. Che uno studente che abita al paesello sia costretto ancora in certe zone d’Italia a prendere un pullman mezzo sgangherato alle sei meno un quarto della mattina per arrivare dopo 4 ore di viaggio a destinazione e poi riprendere in senso di marcia contrario un altro mezzo per tornare a casa viaggiando in piedi in stile aringa sott’olio dopo che la gente ha fatto a botte per accaparrarsi un posto a sedere, dandosi gomitate in bocca e sulle costole, trovo francamente che nell’era dei computers e della tecnologia, sia veramente una cosa assurda. E sono cose che accadono, che ho vissuto in un’italietta da terzo mondo in cui nemmeno i mezzi pubblici funzionano, figuriamoci la scuola.
Ma i tradizionalisti non cedono e ripetono: la scuola è bella per l’interazione sociale, il contatto umano.
Allora vogliamo parlare di questa meravigliosa interazione?
Lo Stato non prevede che tu scelga i compagni con cui passerai molte ore della tua giornata, te li appioppa così come ti assegna i professori, così il caso dominerà la situazione, la farà da completo padrone. Se ti capita il bullo son guai, se ti capita il professore che mentre parla sputa, al limite ti devi mettere un foglietto davanti a guisa di paraspruzzi; se hai un compagno petomane, puoi solo augurarti per un intero anno scolastico di avere sempre il raffreddore e se stai antipatico ad un prof. è finita la tua pace.
Anche la costrizione di stare seduti per ore ad ascoltare contenuti spesso spiegati coi piedi e poco interessanti, inizia ad ingenerare nell’alunno una sorta di ribellione interiore che deve essere sempre mascherata da un buonismo di fondo, “andare d’accordo con tutti e sempre” perché i giovani di oggi saranno il futuro di domani, perché ce lo impone lo Stato sovrano, lo stesso che ci fa alzare in piedi quando entra il Preside con la P maiuscola mentre ci lascia seduti se entra il bidello con la b minuscola; lo stesso che posiziona le cattedre in sopraelevata rispetto ai banchi, per farci capire chi comanda, il senso classista della gerarchia instillato fin da piccoli, l’idea di un mondo diviso in cui ci sono pecore e mandriani. Se questa sarà ancora la scuola di domani, preferisco le lezioni al computer, spengo e mi scelgo poi con chi devo passare il resto del mio tempo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    They soon put you in the hands of a cow-boy
    who learnt by heart the history of the heroes of Troy
    and explains Achilles ‘n’ Patroclus were flowers of May
    while the good boys were both just wonderful gay
    and you have to expect to become an adult
    after filling your queer fellow whit terrible insults
    before realizing that at the time of the war about Troy
    there was no shame when a boy loved a boy!

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