Le Breton? Fa ridere

Le Breton? Fa ridere

Le Breton? Fa ridere

Le Breton? Fa ridere

Le Breton, Ridere, credit Antiche Curiosità©

Le Breton? Fa ridere

Mary Blindflowers©

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Quando ho acquistato all’usato come nuovo Ridere. Antropologia dell’homo ridens,  di David Le Breton, pubblicato per l’Italia da Raffaello Cortina Editore nella collana diretta da G. Giorello, Scienza e Idee, ero contenta di avere in mano un saggio che potesse illuminarmi sul riso con una tesi originale, e invece mi sono trovata davanti un minestrone citazionistico senza un preciso progetto. Il libro infatti consiste in tutta una serie di citazioni di autori noti e di diversa nazionalità che parlano della capacità umana di ridere, citati senza un ordine definito e senza soprattutto un disegno che preveda l’acquisizione di una nuova tesi che giustifichi la pubblicazione stessa. Occorreva dunque uno zibaldone un poco confuso sul riso?
Il problema più grave del testo di Le Breton è che se si eludono le citazioni, l’autore non scrive niente che già tutti non sappiano. Paradossalmente quanto tristemente la parte più interessante del libro è infatti data proprio dalle citazioni, perché al di là di queste, occorre purtroppo ammettere che non c’è nulla che valga la pensa di essere letto. Ecco per esempio un estratto delle considerazioni dell’autore che possiamo definire banalissime:

 

Le persone della cerchia più ristretta sono quelle con cui si ride di più, pur senza ragione.
“Ci siamo fatti una risata” è una formula gioiosa che esprime la felicità e la complicità di un momento. Questa condivisione è necessaria alla festa, all’euforia di essere insieme, quando sembrano divertenti anche battute o affermazioni che, in qualsiasi altro momento, apparirebbero trite e ritrite. Una comunità di amici si salda attraverso le risate a profusione. La presentazione di un nuovo venuto suscita un sorriso o un riso di benvenuto; un fan che incontra il proprio idolo all’angolo della strada soffoca dal ridere per l’emozione. Qualsiasi conversazione si caratterizza per questa alternanza coreografica di momenti seri e faceti. L’ilarità sorge talvolta dalla serietà eccessiva di uno scambio verbale… (p. 29).

 

Sembrano frasi scritte da un bambino che fa un temino. Il libro è purtroppo tutto più o meno così, alterna citazioni a questo tipo di considerazioni del tutto ovvie e risapute che conducono di base alla montagna con la piena. Questo minestrone contenutistico spacciato per saggistica trova forse una giustificazione alla pubblicazione nel curriculum dell’autore, sociologo e antropologo, accademico dell’Università di Strasburgo, come è precisato in quarta di copertina.
Vi consiglio se proprio volete leggerlo, di saltare tutte le ovvietà e leggervi le citazioni che sono veramente l’unica cosa buona di questo testo, per il resto improponibile sotto ogni punti di vista, e ancora più grave è che questa zuppetta rafferma sia stata scritta da un accademico evidentemente colto da intenti divulgativi spicci tanto da dimenticare un piano di ricerca e abbandonarsi al “minestronesimo” serie melius abundare quam deficere alla latina, tanto per rimanere in tema di citazioni.
Queste in effetti sono molto varie, dall’abominevole Cicerone: “La bruttezza e i difetti fisici offrono occasione di scherzi abbastanza piacevoli (p. 49), a Aristotele, a Dazai, a Bataille, da Rabelais a Clastres, da Adorno a Stendhal, da Jankélévitch a Lipovetsky, etc, etc. etc. Ecco dunque una congerie di autori molto diversi tra loro e che nulla hanno spesso in comune, ma che si sono espressi sul riso e hanno manifestato sullo stesso un punto di vista o di svista condivisibile o discutibile, in un’amalgama di pseudo-saggistica che pretende di esser seria.
Se si leggono i commenti a ciascuna citazione infatti al lettore cascano le braccia sia per la superficialità con cui si estrapolano dal contesto frasi e considerazioni altrui, sia per la effettiva banalità delle argomentazioni di Le Breton che stupisce per la pochezza interpretativa che butta sulla carta.
Il libro alla fine, nonostante la variatio data dalla pluralità dei citati, è noioso perché il lettore percepisce che la ripetitività dello schema, citazione-commentino, non nasconde un fine e nemmeno mezza idea originale dell’autore, ma tant’è gli accademici pubblicano per diritto divino anche quando non scrivono nulla. Più che un saggio sul ridere è infatti un libro che fa ridere.

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Libri Mary Blindflowers

 

 

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