Dino Buzzati, I racconti

Dino Buzzati, I racconti

Dino Buzzati, I racconti

Dino Buzzati, I racconti

Fiore di cardo, credit Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Dino Buzzati, i racconti

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I racconti di Dino Buzzati appartengono a quel tempo non tempo in cui era possibile ancora inventare e creare. La creazione letteraria oggigiorno invece è enormemente sottovalutata e c’è un motivo. Come farebbero tanti scrittori e poeti che di base non inventano mai nulla a pubblicare coi grossi editori? Non potrebbero. Per precisa volontà politica, infatti, si preferiscono di gran lunga oggi le categorie dei non inventori, quelle che scrivono libri prendendo un po’ di qua un po’ di là, articoli di giornale, per esempio, di altri, mettendoli insieme e fingendo di confezionare un romanzo che romanzo non è, poi basta un po’ di mimica facciale in tv, un film costruito su quella non invenzione e il gioco è fatto. Articoli su giornali nazionali e internazionali, successo garantito della macchietta di partito.
Buzzati invece scriveva. Già soltanto dai racconti ci si può rendere conto del suo innegabile talento, della sua innata capacità creativa e dell’utilizzazione di una tecnica surrealista o metafisico-simbolica per dire una cosa che ne contenga un’altra e poi un’altra ancora. Non c’è racconto di Buzzati che non spinga il lettore a riflettere su temi ancora oggi attualissimi.
Come un prestigiatore lo scrittore cambia tono, movimento, ambienti, circostanze, dialoghi che non escludono affatto né la tragedia più pura né la genialità comica né tantomeno la critica sociale. Altresì Buzzati però non è uno scrittore commerciale, ad alcuni quel suo stile così ricco di sfumature e di implicazioni simbolico-emotive, potrebbe sembrare ostico, specialmente oggi con la disabitudine a leggere. I giochi psicologici cui sottopone costantemente i protagonisti dei suoi racconti, richiedono un lettore che detesti la monotonia, aduso ai cambiamenti di stile e al passaggio dall’ironia alla tristezza e viceversa.
Non c’è racconto di Buzzati che non dica più di quel che dice, anche quando sembra non dire, il che denota maestria e sublimità di scrittura. Non c’è racconto che non ti avvinca e non ti convinca tra il riso ed il pianto della ridicola fragilità di un mondo analizzato con spietata consapevolezza d’artista che non fa mai la morale, non interviene a propinarci i suoi comandamenti. E se qualcosa traspare dei pensieri dell’autore, avviene sempre per via indiretta, mai manzoniana. È infatti chiaro che l’autore è perfettamente consapevole della fallacia della propaganda, della stupidità della morte sociale del cadavere allineato al mainstream, della crudeltà della caccia, dell’errore di chi pensa che la vecchiaia sia una condizione solo degli altri, della ridicolaggine dell’antropocentrismo, dell’aridità del ricco che ignora ogni forma di poesia, della falsità dei preti, etc. Ma tutto questo lo si capisce leggendo. Certo, ci sono momenti più espliciti di altri, ma mai un’imposizione di morale, mai una predica fine a se stessa. L’autore non mostra di sentirsi superiore, ma uomo tra gli uomini e questa sua condizione basica vibra nella poesia inesausta delle pagine, riga dopo riga, trama dopo trama, dialogo dopo dialogo. Nel racconto intitolato Dal medico, per esempio, un uomo sano e in pace con il mondo, dichiara di sentirsi benissimo, di non aver più problemi o angosce, dubbi o ansie. Il medico allora comprende e gli dice che è semplicemente morto:

… non ho detto che tu debba morire, ho detto semplicemente che sei morto… Sano, sì. Sanissimo. Però morto. Ti sei adeguato, ti sei integrato, ti sei omogeneizzato, ti sei inserito animo e corpo nella compagine sociale, hai trovato l’equilibrio, la tranquillità, la sicurezza. E sei un cadavere… Il cedimento della personalità, la assuefazione mimetica, la capitolazione all’ambiente, la rinuncia a se stessi… Schifosa civiltà di massa… E in quanto alle tue sculture, è proprio il successo che hai e che una volta non avevi, a dimostrare che sei morto. Ti sei conformato, ti sei dimensionato, ti sei aggiornato, ti sei messo al passo, ti sei tagliato le spine, hai ammainato bandiere, hai dato le dimissioni da pazzo, da ribelle, da illuso. E perciò adesso piaci al grande pubblico, il grande pubblico dei morti… Anch’io naturalmente, morto da parecchi anni.

Si affronta con un dialogo apparentemente semplice l’eterno ed inesausto gap che ogni artista vive tra la necessità di adeguarsi ad un mercato sempre più vuoto di significati ma che decreta il successo, e la resistenza creativa che conduce ad essere ignorati dalle masse manipolate dalla propaganda. Questa in Moderni mostri, diventa il magico sapone a cui tutti credono per effetto della pubblicità. Dalla massa alla solitudine dell’individuo il passo è breve, così dall’universale si arriva al particolare e viceversa in un turbinio di situazioni felicemente espresse e sempre attuali. Letteratura classe A maiuscola.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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