Giù le mani da Leopardi!

Giù le mani da Leopardi!

Giù le mani da Leopardi!

Giù le mani da Leopardi!

Antique Engraving Print, La Rixe, 1878, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Giù le mani da Leopardi!

.

A lungo mi sono chiesta perché Leopardi sia inviso ancora oggi alla borghesia salottiera e a certa parte di critici accademici che, di volta in volta, lo dipingono come invidioso, misogino, depresso, gobbo mangiator di gelati, etc. Etichette appiccicate sul povero poeta di Recanati, decontestualizzando ed estrapolando a casaccio e in modo manipolatorio, le sue lettere che invece contengono certamente critiche alle donne come del resto agli uomini, ma non rilevano affatto quel lato totalmente e profondamente misogino che si vuole attribuire al poeta, né quell’invidia di cui viene costantemente e ingiustamente tacciato. Inoltre Leopardi aveva grossi problemi di salute, ma non era affatto depresso ed era anche straordinariamente autoironico nel valutare il modo in cui veniva trattato sia dai parenti che dal mondo esterno, troppo impegnato a celebrare delle nullità da salottino, piuttosto che la sua grandezza, costantemente snobbata. Ma giudicate voi.
In una lettera spedita da Recanati all’avvocato Brighenti, in data 26 marzo 1821, Leopardi denuncia la povertà culturale del suo paese natio con parole forti, senza mezze misure:

.

Proporre la compra di un libro a costoro è lo spessissimo che invitarli a fare un viaggio alla Mecca, o a mascherarsi di Quaresima, o a qualunque cosa più disperata. Restano attoniti o ridono. Qui tutti gli uomini di qualunque età, di qualunque classe, non conoscono, non pensano, non immaginano altra occupazione che guastar donne. E queste, senza un’oncia né di spirito, né di grazia, neanche di furberia. Di più con infiniti ostacoli per la eterna, immedicabile ipocrisia dei corruttori, delle corrotte, dei superiori e del pubblico.

.

Possiamo definire queste parole frutto di un temperamento misogino? Secondo la logica del politicamente corretto, Leopardi avrebbe insultato le donne. In realtà egli non fa una filippica contro le donne ma contro corrotte e corruttori, denuncia uno stato di reale miseria culturale. Politicamente scorretto? Ben venga la sincerità del poeta che vede coi propri occhi la realtà del proprio tempo e non si mette turaccioli in bocca in nome dell’opportunità di piacere a tutti.
E ancora in una lettera a Brighenti il 28 agosto 1820, e questo è il pezzo forte di chi accusa Leopardi di misoginia:

.

La scelleraggine delle donne mi spaventa, non già per me ma perché vedo la miseria del mondo. S’io divenissi ricco e potente, ch’è impossibile, perché ho troppo pochi vizi, le donne senza fallo cercherebbero d’allacciarmi. Ma in questa mia condizione, disprezzato e schernito da tutti, non ho nessun merito per attirarmi le loro lusinghe. Oltre che ho l’animo così agghiacciato e appassito dalla continua infelicità, ed anche dalla misera cognizione del vero, che prima di avere amato ho perduta la facoltà di amare, e un angelo di bellezza e di grazia non basterebbe ad accendermi: tanto che così giovane potrei servir da eunuco in qualunque serraglio.

.

Nell’Ottocento la maggior parte dei matrimoni veniva celebrata per interesse e non per amore. I matrimoni combinati erano una realtà. La donna infatti veniva educata unicamente allo scopo di contrarre un matrimonio conveniente, quindi è chiaro che le donne venissero attirate da uomini ricchi e potenti. Del resto non è ancora oggi così? Non esistono donne attirate dal denaro? Leopardi nel finale poi è fortemente autoironico.
I sostenitori della misoginia di Leopardi però dimenticano anche le sue idee sul rapporto tra donna e cultura.
In una lettera di Leopardi al Dottor Francesco Puccinotti, Bologna, 5 giugno 1826 il poeta scrive:

.

Io parlo qui, spesse volte e sento parlare della Franceschi, che ha mossa di sé un’aspettazione grande. Se i tuoi consigli possono, come credo, nell’animo suo, confortala caldamente, non dico a lasciare i versi, ma a coltivare la prosa e la filosofia. Questo è quello che io mi sforzo di predicare in questa maledetta Bologna; dove pare che letterato e poeta o piuttosto versificatore, sieno parole sinonime. Tutti vogliono far versi, ma tutti leggono più volentieri le prose: e sai bene che questo secolo non è né potrebbe essere poetico; e che un poeta, anche sommo, leverebbe pochissimo grido… La Franceschi, datasi agli studi così per tempo e con tale ingegno, potrà farsi immortale, se disprezzerà le lodi facili degli sciocchi: lodi che sono comuni a tanti, e che durano tanto poco; e se si volgerà seriamente alle cose gravi e filosofiche, come hanno fatto e fanno le donne più famose delle altre nazioni, ella sarà un vero onor dell’Italia che ha molte poetesse ma desidera una letterata.

.

Leopardi nell’Ottocento, quando molti pensavano che il ruolo della donna fosse tra le pareti domestiche, loda l’impegno letterario e poetico delle donne che potevano, a suo parere, rendere onore all’Italia con la loro intelligenza e volgersi a cose “gravi e filosofiche”. Un vero misogino non avrebbe ragionato in termini così progressisti, avrebbe relegato la donna ad un ruolo di subalternità domestica. Paolo Mantegazza era un misogino, per esempio. Ne L’arte di prender moglie, sempre in pieno Ottocento, scriveva:

.

La donna dopo i 45, tutt’alpiù dopo i 50 non è più donna; e la facoltà riproduttiva del tutto abolita… Dobbiamo sposare una donna sciocca, una donna intelligente o una letterata? Se a questa domanda si dovesse rispondere per plebiscito, si avrebbe probabilmente su cento risposte il seguente verdetto: per la donna sciocca: voti 10; per la donna letterata: voti 0.

.

In un’altra lettera a suo fratello Carlo,  30 maggio 1826, Giacomo Leopardi, invece ebbe a scrivere:

.

Sono entrato con una donna in una relazione che forma ora gran parte della mia vita. Non è giovane ma è di una grazia e di uno spirito (che, credilo a me che finora l’avevo ritenuto impossibile) supplice alla gioventù e crea un’illusione meravigliosa. Nei primi giorni che la conobbi, vidi una specie di delirio e di febbre. Non abbiamo mai parlato di amore se non per ischerzo, ma viviamo meglio in un’amicizia tenera e sensibile, con un interesse scambievole, e un abbandono che è come un amore senza inquietudine. Ha per me una stima altissima; se le leggo qualche mia cosa spesso piange di cuore senza affettazione; le lodi degli altri non hanno per me nessuna sostanza: le sue mi si convertono tutte in sangue, e mi restano tutte nell’anima. Ama e intende molto le lettere e la filosofia; non ci manca mai materia di discorso, e quasi ogni sera io sono con lei dall’avemaria a mezzanotte passata, e mi pare un momento. Ci confidiamo tutti i nostri secreti, ci riprendiamo, ci avvisiamo dei nostri difetti. Insomma questa conoscenza forma e formerà un’epoca ben marcata della mia vita, perché mi ha disingannato del disinganno, mi ha convinto che ci siano al mondo dei piaceri che credevo impossibili, e che io sono ancora capace di illusioni stabili, malgrado la cognizione e l’assuefazione contraria così radicata, ed ha risuscitato il mio cuore dopo un sonno, anzi una morte completa, durata per tanti anni.

.

Non sembrano le parole di uno che odia le donne, sebbene in altre lettere abbia dimostrato di non essere quel che oggi si dice “politicamente corretto”. In una lettera da Roma a suo fratello Carlo, datata 25 novembre 1822, scriveva: “le donne romane alte e basse fanno propriamente stomaco; gli uomini fanno rabbia e misericordia”. In una lettera a Pietro Giordani del 24 luglio 1828, scriveva su Firenze: “Questi viottoli che si chiamano strade mi affogano, questo sudiciume universale mi ammorba queste donne sciocchissime, ignorantissime e superbe mi fanno ira”. Leopardi era un tipo umorale, tant’è che quando non riceveva le lettere dagli amici, si preoccupava della loro salute, tanto da cadere in uno stato di frustrazione. Non era di certo un bell’uomo, dunque non aveva successo con il gentil sesso.
Alcune sue affermazioni generiche contro donne generiche, sono probabilmente nate dal dispetto di non poterle conquistare, dalla loro indifferenza. Le apparentemente assurde affermazioni sulle donne fiorentine e romane, nascevano dall’impressione del momento, dalla freddezza della vita di città in cui le donne non guardavano nemmeno gli uomini di bell’aspetto. Avrebbero mai potuto guardar lui? Leopardi lo dice espressamente in una lettera a suo fratello Carlo, il 6 dicembre 1822:

.

Al passeggio, in chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. Io ho fatto e fo molti giri per Roma in compagnia di giovani molto belli e ben vestiti. Sono passato, spesse volte con loro, vicinissimo a donne giovani, le quali non hanno mai alzato gli occhi… queste bestie femminine… non ispirano un interesse al mondo, sono piene d’ipocrisia, non amano altro che il girare e divertirsi.

.

Non era ancora l’epoca in cui si doveva badare a qualsiasi cosa si scrivesse per non essere considerati infami. Di fatto non è che con gli uomini sia stato più tenero. Aveva stima di pochi uomini e di poche donne. In una lettera al padre datata 25 Aprile 1833 da Napoli, ebbe a scrivere: “Gli uomini sono sempre e dappertutto uomini, cioè traditori e vigliaccamente malvagi”. E in una lettera al dottor Francesco Puccinotti del 21 Aprile 1827, da Recanati, scriveva: “ogni ora mi par millanni di fuggir via da questa porca città, dove non so se gli uomini sieno più asini o più birbanti. So bene che tutti sien l’uno e l’altro. Dico tutti, perché certe eccezioni non si conterebbero sulle dita, si possono lasciar fuori del conto”. Su Cancellieri invece in una lettera datata 25 novembre 1822 a Carlo Leopardi: “Ieri fui da Cancellieri, il quale è un coglione, un fiume di ciarle, il più noioso e disperante uomo della terra; parla di cose assurdamente frivole col massimo interesse, di cose somme colla maggiore freddezza possibile; ti affoga di complimenti e di lodi altissime e ti fa gli uni e le altre in modo così gelato e con tale indifferenza che, a sentirlo, pare che l’essere uomo straordinario sia la cosa più ordinaria del mondo”.
E quindi da queste frasi i benpensanti cosa deducono, che odiasse indiscriminatamente anche gli uomini? Che fosse un odiatore seriale? Non si possono estrapolare superficialmente frasi dal contesto e utilizzarle come manifestini per appiccicare etichette agli autori del passato.
Anche l’etichetta di depresso è campata in aria. Leopardi non era un povero depresso ma uno spirito vivace e combattivo, nonostante l’infelicità procuratagli dalla malattia e dalla scarsa vista. Sentite cosa dice in una sua epistola al Brighenti del 22 giugno 1821:

.

Non bisogna stancarsi mai di combattere o di lottare e insultare e calpestare chiunque vi ceda anche per un momento… io sto qui deriso, sputacchiato, preso a calci da tutti, menando l’intera vita in una stanza, in maniera che, se vi penso mi fa raccapricciare. E tuttavia m’avezzo a ridere, e ci riesco. E nessuno trionferà di me, finché non potrà spargermi per la campagna, e divertirsi a far volare la mia cenere in aria.

.

Leopardi era un disincantato che non mancava di ironia: “A me piace moltissimo la compagnia quando son solo, e la solitudine quando sono in compagnia” (Lettera a Brighenti, 2 novembre 1821).

La vera ragione per cui le bestie da salotto odiano Leopardi è che è sempre stato fuori dai circoli letterari salottieri, da lui criticati nell’epoca adulante e ipocrita degli arrivisti:

.

Non adulo, e non ho ragione di adulare, perché niuno si compiacerebbe delle adulazioni mie (A Pietro Giordani, Recanati, 13 luglio 1821); Amami caro Brighenti; e ridiamo insieme alle spalle di questi coglioni che possiedono l’orbe terraqueo. Il mondo è fatto al rovescio, come quei dannati di Dante che avevano il culo dinanzi e il petto di dietro; e le lagrime strisciavano già per lo fesso. E ben sarebbe più ridicolo il volerlo raddrizzare, che il contentarsi di stare a guardarlo e fischiarlo. (A Pietro Brighenti, Recanati, 22 giugno 1821); Non conosco nessun uomo celebre, salvo il povero Giordani che venne a visitarmi… e per conseguenza son certo di non poter mai conseguire neppur quella fama a cui si levano i più piccoli scrittorelli, e che non si ottiene se non per mezzo di conoscenze, e di una vita menata in mezzo al mondo… essendo purtroppo vero che l’ingegno il più vero e il più sublime ( quando anche io ne avessi punto) non basta neppure a far conoscere il proprio nome, senza l’aiuto di circostanze indispensabili (A Pietro Brighenti, Recanati, 28 Aprile 1820).

.

Scrittorucoli da niente, seguaci dell’ipocrisia salottiera e del politicamente corretto, giù le mani da Leopardi! Chi lo denigra, mente.

.

 

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Christ was a female

Rivista Il Destrutturalismo

Video – The Black Star of Mu

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Scrittore scomodissimo per gli omologatii al pensiero unico, quelli che credono al pedagogismo sessuale dei grandi pensatori classici da lui sputtanati come volgari pedofili iperprostatici!

Post a comment