Intelligenza artificiale e uomo-macchina

Intelligenza artificiale e uomo-macchina

Intelligenza artificiale e uomo-macchina

Intelligenza artificiale e uomo-macchina

Il premio Strega, tecnica mista su tela by Mary Blindflowers©

 

Intelligenza artificiale e uomo-macchina

Mary Blindflowers©

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Non condivido la versione manichea sull’intelligenza artificiale. Come al solito un fenomeno non è sì o no ma , ossia molto più complesso di quanto sembri a prima vista.
Ci sono campi, tipo la medicina, soprattutto nel campo della diagnostica, in cui l’intelligenza artificiale è utilissima, anche se solleva importanti questioni etiche relative alla privacy dei pazienti. La capacità di elaborare dati nel minor tempo possibile con l’aiuto di una macchina, è utile per salvare la vita dei pazienti, ma sarà regolata da sufficienti ed efficaci normative che garantiscano anche la loro sicurezza e la qualità reale dei servizi? Una domanda che non è possibile non porsi in una società sempre più tecnologicizzata.
Ci sono altri campi però in cui l’IA sarà un ulteriore passo verso il marketing da megaplagio. L’arte, per esempio, non potrà che essere sempre più funzionale al potere, sempre meno geniale, gloria e orgoglio di quanti, anche tra i poeti, sostengono che ormai tutto sia stato inventato e che la letteratura e la poesia, non siano altro che rimpasti di cose già dette. Comodo alibi per giustificare se stessi, comodo salotto in cui adagiarsi quando non si hanno idee originali ma soltanto padrini che presentano il poeta o il letterato di turno, a premi importanti per i quali occorre il pedigree servo perfetto stirato con l’appretto.
Questo per dirvi che l’intelligenza artificiale non è una disgrazia che è capitata fra capo e collo a noi poveri umani indifesi e innocenti, è stata creata dall’uomo, prodotta da una società che se da un lato vuole il miglioramento, il prolungamento della vita umana in un Occidente che ha bisogno di manodopera fresca per nuove schiavitù, dall’altro persegue l’annullamento di ogni libertà creativa di stampo critico.
L’IA riflette semplicemente le contraddizioni del presente. E niente più.
E non è l’intelligenza artificiale l’unica ad essere artificiale nel campo artistico, ma critici, giornalisti, organizzatori di premi e quant’altro, sono quanto di più artificiale possa esistere al mondo, sempre pronti a recensire e lodare solo prodotti imposti da altri, da quel potere che assicura loro uno stipendio e li costringe a strombazzare le stesse stupidaggini su libri che nemmeno leggono mentre gli altri, i reietti non raccomandati o non ben nati, vengono relegati nel reparto sfigati da non recensire mai nemmeno per sbaglio, ma utili per stupide antologie che nessuno leggerà.
La democrazia di questi subumani è una sorta di microcircolo settario da cui chiunque osi pensare in autonomia, è rigorosamente escluso, condannato senza appello alla non-esistenza. Evaporato, puff.
La vera intelligenza artificiale non è dunque fare un’orribile poesia con una macchina, non è solo questo, ma diventare macchina, una rotella di un sistema che pretende totale ubbidienza, che lancia sul mercato libri improbabili premiandoli con coccarde di cartapesta e soldi, lauree honoris causa all’università dell’adeguamento, e onorificenze da buon soldatino della cultura ufficiale.
Scriveva Orwell in 1984: “Possiamo solo leggere quello che dicono i libri e quello che dicono i libri non è sempre vero… i libri erano soltanto oggetti di consumo come la marmellata e i lacci per le scarpe”.
“Ogni tipo di letteratura che avesse una qualche valenza politica e ideologica”, in 1984, veniva adattato, censurato, depurato, filtrato. “Di giorno in giorno”, scrive Orwell, “il passato era costretto ad aggiornarsi”.
Siamo dunque arrivati a quelle che Orwell chiamava ironicamente “le macchine scriviromanzo del Dipartimento di letteratura”, per nazioni mostruose “di guerrieri e fanatici”, con armi terribili in cui tutti gridano gli stessi slogan e pensano gli stessi pensieri.
La vera intelligenza artificiale è l’uomo stesso, è questa la triste realtà. Un uomo piegato, denaturalizzato, deessenzializzato, alienato.
Quando si accetta la logica di diventare una rotella che gira a comando dentro il potente ingranaggio di una macchina enorme chiamata potere, si diventa macchine. Quando un giornalista fiero di fregiarsi di questo titolo, accetta di scrivere una recensione su un giornale senza nemmeno aver letto e apprezzato il libro su cui va cianciando due parole di circostanza; quando un critico accetta di far vincere un premio con fanfare a un libro perché così è già stato deciso da altri, è già una macchina peggiore della macchina, perché almeno una macchina è macchina, non ha pretese di essere altro, mentre critici e giornalisti (salve le dovute eccezioni), spesso non capiscono bene se siano più macchina o più uomo ma ricevono uno stipendio proprio per questa loro doppia natura. Li vedremo aggirarsi nelle città camminando come robot? No, sembrano normali esseri umani, come potrebbero altrimenti ingannare tanta gente? Come potrebbero prendere per i fondelli anche tanti aspiranti scrittori che continuano a seguirli per essere relegati nel reparto sfigatelli di sicuro insuccesso delle loro antologie? Giornalisti e critici si guardano bene dal recensire gli sfigatelli predestinati che li seguono, si occupano invece nei giornali solo dei libri degli amici degli amici, in un baluginio sfolgorante di metalliche rotelle e rotelline che girano all’unisono previa dovuta oleazione. E anche per il premio Strega, si sa benissimo chi ha presentato chi, ma è cosa percepita come fattore normale di una società in cui l’uomo è una macchina e deve far girare le rotelle che contano, se no il meccanismo intero si inceppa e poi come si fa?

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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