Rizzoli, Morelli, Mario Luzi

Rizzoli, Morelli, Mario Luzi

Rizzoli, Morelli, Mario Luzi

Rizzoli, Morelli, Mario Luzi

Rizzoli, Morelli, Mario Luzi, Mursia, credit Antiche Curiosità©

Rizzoli, Morelli, Mario Luzi

Mary Blindflowers©

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Si parla oggi tanto di crisi della critica.
Lisa Rizzoli, Giorgio C. Morelli, Mario Luzi, La poesia, il teatro, la prosa, la saggistica, le traduzioni, serie Civiltà Letteraria del Novecento, Mursia, 1992.
Ebbene, dopo aver letto il suindicato libro, forse più di qualche lettore, avrà capito le ragioni del fallimento della critica. Il sottotitolo di questo libro sull’opera di Luzi, avrebbe potuto essere questo: “Come impanare il nulla e friggerlo”. E per far questo ci si sono messi in due.
Il testo inizia infatti con una nota biografica di Luzi, sistemata per data, dal 1914, epoca in cui Luzi nasce a Castello, al 1991. Nel 1935, si legge nella biografia: “Luzi esordisce come poeta con il volume La barca, edito a Modena da Guanda”. Come ha fatto a pubblicare con Guanda? Non si sa, la biografia non lo dice. Omissione, diceva Orwell.
Inizia dunque immediatamente dopo lo snocciolamento di date e collaborazioni, il capitolo I scritto da Lisa Rizzoli, un nome, una garanzia nel Paesello dei nomi celebri. Il capitolo si intitola: “La sofferenza dell’esistenza come possibilità di redenzione ne La barca“. Leggendo già rilevo una prima vistosa contraddizione, quando Lisa Rizzoli (suo è questo capitolo), riprende la nota biografica precedentemente stilata da Morelli e scrive, testuale:

Nel 1935, a soli ventuno anni, Mario Luzi inizia la sua attività poetica con la raccolta La barca che per molti aspetti si può presentare come un’opera ingenua e immatura ed è sintomo di interessi non ancora bene definiti che si preciseranno in seguito anche a livello teorico (p. 17).

La domanda allora riaffiora irriverente nella mente del lettore: come ha fatto a soli 21 anni a pubblicare una raccolta “ingenua e immatura” con un grosso editore?
A questa domanda, ovviamente, la critica non risponde, in compenso scalda bene l’aria in modo da poterla friggere nel nulla, impanarla con belle parole che non significano alcunché e servirla al lettore sul piatto di portata Mursia editore. Qualche esempio? Eccone alcuni a commento del primo libro di poesie di Luzi:

Fin dagli esordi, Luzi aveva posto in risalto quale fosse il punto chiave di tutta la sua poetica, pur nelle varianti dei successivi sviluppi… l’importanza dell’amore come forza propulsiva e coesiva, come valore essenziale su cui poter impostare un positivo approccio con il reale (p. 24).

La poesia non consisterà più nella perfezione o nella composizione di tutti i contrasti, … ma nella capacità di interpretare la sofferenza del mondo anche se ciò non varrà a riscattarla. Il concetto di amore andrà facendosi più complesso e articolato… (p. 25).

La volontà umana si rimette a quella divina, accettando umilmente la sofferenza che le viene imposta in questo mondo… (p. 30).

Si può definire questa accozzaglia di banalità, una critica?
Prendete una qualsiasi altra poesia, per esempio, la prima che mi viene in mente, una poesia medioevale che conoscono tutti, Il cantico di Frate Sole di San Francesco e applicatevi gli stessi concetti espressi a proposito della poesia di Luzi. Interpretazione della sofferenza del mondo, concetto base di amore come forza propulsiva e valore essenziale… Sono frasette che non dicono nulla e affondano i piedi nel generico applicabile a una vastissima categoria di poesie.
Ma in tutto il libro gli autori continuano a impanare letteralmente l’aria e blablare senza di base dir nulla.
229 pagine di fuffa.
Forse la critica ha perso terreno perché di base si è spesso configurata come truffa del pensiero del ristretto circolo di amici da far diventare famosi a tutti i costi?
Domando… (l’articolo completo sarà visionabile su Destrutturalismo n. 7, luglio 2024).

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Rivista Destrutturalismo

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