Jon Fosse, Mister Loop

Jon Fosse, Mister Loop

Jon Fosse, Mister Loop

Jon Fosse, Mister Loop

Le sirene, credit Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Jon Fosse, Mister Loop

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Jon Fosse, L’altro nome, Settologia I-II, traduzione di Margherita Podestà Heir per La Nave di Teseo, 2021, è un libro illeggibile, scritto da un autore che in questi giorni sta facendo parecchio parlare di sé perché ha preso il Nobel per la letteratura.
Da vari anni diffido di ogni premio e premietto, anche di quello dei vecchietti di Stoccolma, perciò non avrei mai comprato il suindicato libro, specialmente dopo che una nullità letteraria come Baricco, ne ha parlato in termini elogiativi. Il libro di Fosse me lo hanno regalato e così, ahimé, l’ho letto. Sono riuscita perfino a finirlo, masochisticamente, direi.
Lo stile di Fosse consiste essenzialmente nella reiterazione continua e sfinente di frasette inutili a circuito chiuso. I latini dicevano repetita iuvant, io le chiamo, in questo caso, ripetizioni allungabrodo che allo snodo di ogni significato possibile, uno solo, non danno al lettore che noia e scarsa profondità. E se il minimalismo è riduzione all’essenziale, chi ha definito Fosse (sarebbe meglio chiamarlo Mister Loop), minimalista, forse non ha capito granché. È un ripetivista, non un minimalista. Ritiene cioè che ripetere sia arte a prescindere da ciò che dice. Se un certo tipo di ridondanza espressiva può essere utile a teatro, per creare effetti comici, parossistici, ipnotici, tragici e quant’altro, la formuletta iterativa, trasferita nei romanzi, non funziona per nulla, primo perché appesantisce il fluire della trama e la sgrana senza darle profondità; secondo perché tratta il lettore come un ritardato da tediare e frustare con l’insignificanza; terzo perché per creare un flusso di coscienza non è necessario ripetere alcunché.
Ma vediamo l’incipit:

E mi vedo mentre osservo il dipinto con le due linee, una viola e una marrone, che si intersecano al centro, un quadro oblungo, e noto di averle dipinte lentamente con uno spesso strato di pittura a olio, che è colata, e nel punto in cui la linea marrone e quella viola si intersecano il colore si è amalgamato magistralmente prima di sbavare e penso che questo non è un quadro, eppure è proprio così che deve essere, è finito, non ha bisogno di ritocchi, penso, e devo toglierlo da lì, non voglio che rimanga sul cavalletto, non lo voglio più vedere, penso e penso che oggi è lunedì e penso che devo aggiungerlo agli altri a cui sto lavorando e che non ho ancora ultimato, sono appoggiati alla parete con il telaio rivolto verso l’esterno, tra la porta della camera da letto e quella dell’ingresso, sotto il gancio dove è appesa la borsa a tracolla di cuoio marrone, quella in cui tengo il blocco per gli schizzi e la matita e poi dirigo lo sguardo verso le due file di quadri pronti appoggiati alla parete accanto alla porta della cucina, ne ho una decina già ultimati di dimensioni più grandi e quattro, cinque più piccoli, qualcosa del genere, in tutto sono quattordici, suddivisi in due pile verticali poste una accanto all’altra vicino alla porta della cucina, perché tra non molto terrò una mostra, la maggior parte dei dipinti è più o meno quadrata, dicono, ma a volte ne dipingo alcuni lunghi e stretti e quello con le due linee che si intersecano è rettangolare, dicono, ma non voglio esporlo alla prossima mostra perché in realtà questo quadro non mi piace, forse non lo si può neppure definire tale, sono solo due linee, o magari è o magari è perché preferisco tenerlo e non voglio venderlo? perché ci sono dipinti che desidero tenere e mi rifiuto di vendere, forse questo è uno di quei quadri, per quanto non mi piaccia? sì, forse lo vorrei tenere anche se non lo si può definire riuscito? e non saprei neanche dire perché lo voglio conservare insieme a quei pochi che ho in solaio, in una parte della soffitta, invece di sbarazzarmene…

In pratica il protagonista fa il pittore e parla tra sé della sua arte e ci riempie di particolari del tutto insignificanti, che non solo non eliminano il superfluo, ma lo aggiungono ripetendolo con furia maniacale in poche righe: osservo il dipinto con le due linee, una viola e una marrone, che si intersecano al centro… la linea marrone e quella viola si intersecano… alcuni lunghi e stretti e quello con le due linee che si intersecano…

Il libro è tutto così, e quando non descrive, discetta e fa della pseudo-filosofia da baraccone:

Dio non può forse fare ciò che vuole? se è onnipotente, non è lui a volere che sia così, che qualcuno venga battezzato e altri no? questa sciocchezza di credere che sia necessario il battesimo per essere salvati, no, è troppo grossa, penso e mi accorgo che il pensiero mi diverte, pensare all’idiozia di alcuni cristiani secondo cui è necessario il battesimo per ottenere la salvezza, qualunque essa sia, questo pensiero è così stupido, talmente stupido che non riesce neppure a riderci sopra, perché non c’è niente da ridere davanti a una follia tanto palese, neppure davanti a quella di chi si definisce cristiano, alla stupidaggine che alberga in molti di loro, non tutti certo, penso e ritengo che chi la pensa in quel modo non deve avere una grande considerazione di Dio e penso a Gesù, a quanto amava i bambini e diceva che i bambini sono del regno di Dio, che vi appartengono, ed è un pensiero bello e vero, penso, quindi perché mai avrebbero bisogno del battesimo? qualunque essa sia, questo pensiero è così stupido, talmente stupido che non riesce neppure a riderci sopra, perché non c’è niente da ridere davanti a una follia tanto palese, neppure davanti a quella di chi si definisce cristiano, alla stupidaggine che alberga in molti di loro, non tutti certo, penso e ritengo che chi la pensa in quel modo non deve avere una grande considerazione di Dio e penso a Gesù, a quanto amava i bambini e diceva che i bambini sono del regno di Dio, che vi appartengono, ed è un pensiero bello e vero, penso, quindi perché mai avrebbero bisogno del battesimo? loro che appartengono già al regno dei Cieli? penso e penso che il battesimo, quello dei bambini, sia una cosa buona e giusta, ma che esiste solo a beneficio degli esseri umani, non di Dio, può essere importante per questi ultimi, o soprattutto per la Chiesa, sì, soprattutto per la Chiesa, ma per Dio non lo è, perché loro, i bambini, fanno già parte del regno di Dio e bisogna diventare come loro, come i bambini piccoli, per entrare nel regno dei Cieli, come sta scritto, penso e penso che no, adesso devo smetterla perché sto ragionando anch’io da folle e sono qui che medito sulla pazzia altrui quando anche i miei pensieri non hanno senso, non hanno un nesso…

Anche qui stesso procedimento, ripetere a loop lo stesso concetto fino alla nausea. Anche qui niente di originale, dato che la questione del battesimo cristiano attiene alla teologia dei tempi del cucco, da Ugo di San Vittore nella Summa de Sacramentis e da tanti altri, fino al 2007, quando Benedetto XVI ha approvato la pubblicazione di un rapporto che lascia cadere l’ipotesi teologica di quel limbus inferni usato dai teologi fin dal secolo XII. Insomma, la faccenda dei bambini non battezzati, è vecchia e pare sia stata pure ufficialmente risolta prima del libro di Fosse che forse non si è informato, nonostante si sia convertito al cattolicesimo.

Leggere Fosse è un’operazione di autopunizione. Non dice nulla di nuovo e non lo dice nemmeno bene. Lo stile è freddo, senza alcun afflato poetico, piatto senza soste. A questo punto la domanda da porsi è: ma chi conosce costui?
La risposta la troviamo anche nell’edizione italiana del suo libro dove è scritto testuale:

Jon Fosse nato nel 1959 a Strandebarm, una piccola città della Norvegia, vive nella residenza onoraria di Grotten, a Oslo, concessagli dal Re per i suoi meriti letterari.

Beh, conosce il Re e chi conosce il Re, è Re. Non lo sapevate? Bel colpo monarchico per uno che da giovane pensava di essere anarchista e comunista, ma si sa, si nasce incendiari e si muore pompieri (cit.) e la banderuola va dove il vento gira. Enjoy Mister Loop.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comments (3)

  1. giuseppe ioppolo

    Si vede lontano da un miglio che non l’hai capito. Quella di Fosse non è ripetitività . No quella di Fosse è anadiplosi… ecchecaspita dobbiamo aggiornarci con l’epanalessi del predicato emotivante!

    1. Destrutturalismo

      Hai ragione con questo bel nome ora sì che si giustifica. È tutta un’altra cosa!

      1. Mariano Grossi

        La volta buona fosse che fosse
        di tutti i libri scritti da Fosse
        noi riempiremo tutte le fosse!
        Anadiplosi, epanalessi?
        Testicolosi senza riflessi:
        i suoi periodi lessi e rilessi:
        povero Fosse, chi vuoi far fessi?

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