Boringhieri, Newton, come traducete?

Boringhieri, Newton, come traducete?

Boringhieri, Newton, come traducete?

Boringhieri, Newton, come traducete?

Il ramo d’oro di Frazer, Boringhieri, 1990, credit Antiche Curiosità©

 

Boringhieri, Newton, come traducete?

Mary Blindflowers & Mariano Grossi©

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Frazer ne Il ramo d’oro, scriveva:

If we can show that a barbarous custom, like that of the priesthood of Nemi, has existed elsewhere; if we can detect the motives which led to its institution; if we can prove that these motives have operated widely, perhaps universally. In human society, producing in varied circumstances a variety of institutions specifically different but generically alike: if we can show, lastly, that these very motives, whit some of their derivative institutions, were actually at work in classical antiquity; then we may fairly infer that at remoter age the same motives gave birth to the priesthood of Nemi.

Traduzione Boringhieri:

Se noi potremo quindi provare che un costume barbaro come quello del sacerdozio di Nemi è esistito anche altrove, se potremo scoprire i motivi che hanno condotti alla sua istituzione, se potremo provare che questi motivi hanno operato ampiamente e forse universalmente nella società umana, producendo in varie circostanze una varietà di istituzioni specificamente diverse, ma genericamente consimili, se potremo infine mostrare che questi stessi motivi, con alcune delle istituzioni che ne derivano, erano attualmente in opera nell’antichità classica, allora noi potremo giustamente arguire che in età più remota gli stessi motivi diedero origine al sacerdozio di Nemi. (J. Frazer, Il ramo d’oro, Boringhieri, 1990, pp. 10-11).

Traduzione Newton:

Quindi, se riusciremo a dimostrare che una barbara usanza come quella relativa all’ufficio sacerdotale di Nemi vigeva anche altrove; se riusciremo a scoprirne le motivazioni; se riusciremo a provare che queste motivazioni erano largamente, forse universalmente, diffuse nel contesto sociale e che, in circostanze diverse, davano vita a una serie di istituzioni singolarmente differenti ma analoghe nel loro insieme; se, infine, riusciremo a dimostrare che proprio quelle motivazioni, e alcune delle conseguenti istituzioni, erano ancora valide in epoca classica, ne potremo dedurre con relativa certezza che, in età più remota, furono quelle stesse motivazioni a dare vita alla regola sacerdotale di Nemi (Frazer, Il ramo d’oro, Newton Compton, ebook 2012).

In entrambi i casi la traduzione è sbagliata. Sarebbe meglio tradurre così:

Di concerto, se potessimo dimostrare che un’usanza barbara come quella del sacerdozio di Nemi fosse esistita altrove; se potessimo dedurre le ragioni che portarono alla sua istituzione; se potessimo provare che queste ragioni avessero operato in larga scala, magari universalmente nella umana società, producendo in svariate circostanze una varietà di istituti specificamente differenti, ma genericamente simili; se potessimo dimostrare infine che proprio queste ragioni assieme ad alcuni degli istituti da esse derivati fossero realmente in opera nell’antichità classica, a quel punto noi potremmo chiaramente asserire che in un’epoca più remota le stesse ragioni avessero dato vita al sacerdozio di Nemi (Traduzione di Mariano Grossi).

Il problema sorge nel momento in cui Frazer nel periodo ipotetico usa il presente indicativo CAN anziché il passato remoto COULD. Ciò è sintomo della scarsa attitudine dell’inglese verso la soggiuntività, vale a dire lo scarso uso del modo dell’eventualità, proiettando nel futuro – e il futuro di per sé è bandito in dipendenza delle congiunzioni ipotetiche (IF) e temporali (WHEN) dove tutti i tempi scalano al presente indicativo – l’dea di una certezza che invece la tipologia di azione rappresentata esclude. L’autore qui sta facendo delle ipotesi descrivendo gli obiettivi che si sta prefiggendo, della cui realizzazione egli stesso non è sicuro, come dichiaratamente espresso nella sua prefazione:

… in che misura questi fatti possano far supporre una primitiva influenza dell’Africa in Italia… io non so. Le relazioni preistoriche tra i due continenti sono ancora oscure, e formano oggetto di studio. Se la spiegazione da me offerta di questa istituzione sia corretta o no, giudicherà l’avvenire. Io sarò sempre pronto ad abbandonarla se me ne sarà suggerita una migliore (Trad. della Boringhieri).

Per l’italiano è dunque fatto obbligo considerare questa serie di protasi e la conseguente apodosi come tipiche di un periodo ipotetico della eventualità e, pertanto, da tradurre con il congiuntivo imperfetto nelle premesse coordinate tra loro e con il condizionale presente nella risultativa conseguenza. Assolutamente fuori luogo nella traduzione Boringhieri quell’avverbio di modo ACTUALLY reso con ATTUALMENTE, un evidente false friend per la lingua italiana, giacché “attualmente” in inglese si dice PRESENTLY ovvero CURRENTLY, mentre ACTUALLY vuol dire REALMENTE. Qui il contesto è decisamente eventuale e non certo.

Il periodo ipotetico è un costrutto condizionale costituito da due proposizioni, una sovraordinata, detta apodosi, e una subordinata, detta protasi, inscindibilmente connesse sia sul piano grammaticale che su quello logico. La protasi ipotizza la condizione da cui dipende o potrebbe dipendere la realizzazione di ciò che viene espresso nell’apodosi (l. Serianni, 1991).
Secondo la tradizionale classificazione, ispirata alla tripartizione latina fra casus realis, casus possibilis e casus irrealis, nella lingua italiana si distinguono tre tipi di periodo ipotetico: della realtà, della possibilità e della irrealtà in correlazione ai modi e ai tempi che si usano nella protasi e nell’apodosi.

Nel primo tipo: periodo della realtà, l’azione è presentata come certa:

es: Se studierò sarò promosso.
Se perdo il treno arrivo tardi.

Si forma con:

SE + INDICATIVO (presente, passato, futuro) + INDICATIVO (presente, passato, futuro)
+ IMPERATIVO

Nel secondo tipo non si ha più certezza ma possibilità, l’ipotesi è possibile ma potrebbe anche non accadere:

Es: Se venissi con me ti divertiresti.
Se indagassi di più scoprirei la verità.

Si forma con:

SE + CONGIUNTIVO IMPERFETTO + CONDIZIONALE SEMPLICE

Il periodo ipotetico di 3° tipo esprime un’ipotesi impossibile, qualcosa non può accadere, così come la sua conseguenza.
Questo tipo di periodo ipotetico si forma con:

CONGIUNTIVO TRAPASSATO + CONDIZIONALE PASSATO

Es. Se fossi stata una capra, avrei brucato l’erba.

Poi c’è anche un tipo misto: Esprime un’ipotesi del passato che non si è verificata; ma, se si fosse verificata, avrebbe cambiato il presente.

Questo tipo di periodo ipotetico si forma con:

CONGIUNTIVO TRAPASSATO + CONDIZIONALE PRESENTE

Es.: Se avessi studiato giurisprudenza, ora sarei un avvocato; se fossi la Fata Turchina, saresti una zucca.

 

Torniamo a Frazer, siamo in presenza di vari periodi ipotetici di secondo tipo, esprimenti la possibilità. Dunque non si può che usare che il congiuntivo più il condizionale, ogni altra forma è errata. La traduzione di Boringhieri e di Newton può pertanto ritenersi errata. Ci sono anche altre chicche da segnalare, ma ci riserveremo di parlarne più approfonditamente nella rivista Destrutturalismo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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