Due diversi metodi accademici

Due diversi metodi accademici

Due diversi metodi accademici

Due diversi metodi accademici

Il critico, credit Mary Blindflowers©

 

Due diversi metodi accademici

Mary Blindflowers©

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Per dare un esame di letteratura in una qualsiasi università italiana occorre armarsi di pazienza, leggere nel programma ufficiale del professore i libri necessari per presentarsi all’esame, comprarli, studiarli per bene, ripetendo i noti pareri di noti accademici, tra cui quello dell’esimio che, ovviamente, fa il corso di letteratura e ci deve dare il voto sull’esame. Sì, perché ciascun accademico italiano che si rispetti obbliga gli studenti a comprarsi il suo libro o quelli dei suoi amici, considerati indispensabili ai fini del superamento dell’esame stesso. In questo modo i cattedratici riescono a piazzare libri che di per sé nessuno o quasi comprerebbe, esercitando una coercizione sullo studente trattato come acquirente. Una volta acquistati i testi, il copione già scritto prevede delle domande sugli stessi a cui ciascuno dovrebbe rispondere dopo averli letti o meglio studiati. Non si richiede nessun esercizio critico nemmeno se nel programma è prevista la lettura di alcuni classici della letteratura universale. Tutto deve svolgersi sull’onda del già dato, del già ufficialmente scritto.
I programmi delle università inglesi, per quanto, per certi versi assai deprecabili, a causa dell’ostracismo nei confronti di molti autori non esattamente funzionali al sistema, a favore di altri molto più adeguati e meno disturbanti, tuttavia prevede un certo grado di controllata critica letteraria. Lo studente infatti deve procedere alla disamina critica del testo scelto. I professori propongono pochi autori tra cui deve appuntarsi la scelta del laureando. Se si sceglie un poeta, l’analisi può vertere anche su una sola poesia dello stesso. Gli inglesi non hanno troppe smanie di contestualizzazione, pensano che una poesia di per se stessa, già possa essere analizzata, senza per questo andarsi a leggere tutta la produzione di quel poeta o la sua biografia. Quindi si procede alla disamina che deve contenere pur nei limiti degli strombonamenti accademici, un certo grado di capacità nell’eviscerare i simboli e i contenuti espliciti oppure sottintesi nel testo. Ovviamente, in un’epoca in cui domina la censura, se un autore è consigliato dall’università, si possono sottolineare certi passaggi in cui domina una certa ambiguità contenutistica, si può criticare ma senza esagerare, usando termini non troppo forti. Una critica tagliente verrebbe percepita come un attentato al sistema del politicamente corretto. Insomma, criticare ma non troppo. La critica non deve contenere che in minima parte sensazioni soggettive, che di per sé sono ineliminabili, ma deve attenersi alla disamina di stile e significati, aggiungendo magari qualche notazione originale. Pur nella limitatezza di simili approcci, comunque non si chiede di studiarti il libro del professore di turno a memoria e di ripeterlo come un pappagallino scemo, si pretende che lo studente non studi e ripeta soltanto, ma abbia almeno le basi per capire in autonomia il testo letterario che ha davanti, cosa che non si pretende assolutamente in Italia, paese dove la cultura viene spesso confusa con il nozionismo, con la reiterazione di contenuti filtrati dal potere baronale, con il numero di libri letti di cui vantarsi e con lauree elargite a gente che a malapena distingue uno stile letterario dall’altro, classificando entrambi secondo schemi pre-definiti.
Dov’è dunque andata a finire la creatività di cui tanto facciamo vanto?
Ho sentito gente dire che non si può giudicare un autore da una sola poesia. Giusto, ma si può analizzare quella poesia, sia nel bene che nel male, perché un autore è anche quella poesia.
Ho sentito dire che il valore letterario di un autore può essere considerato solo in riferimento al contesto e alle sue idee politiche, quindi se un autore era antifascista, per esempio, mi deve piacere per forza, se in sintesi è portatore sano di un messaggio politico positivo, la sua produzione è automaticamente poesia.
Una visione limitata della letteratura, una cecità deificante  che valuta non l’opera ma la politica che infesta ogni produzione, ogni poesia, ogni romanzo giudicato non per quello che c’è effettivamente scritto, ma per ciò che rappresenta a livello politico. In questo modo tutto diventa poesia, purché venga scritta da qualcuno che ha idee politiche apprezzabili. Poi siccome l’apprezzabilità dell’idea è soggettiva, ecco gli schieramenti, i litigi sul nulla. Ma tutto questo non è già più letteratura, è pattume ideologico malamente ricompattato in un mondo in cui le ideologie non contano più nulla, tant’è che da socialisti si diventa fascisti, e viceversa, in un amen proprio.
Torniamo a leggere in autonomia. Ci vuole troppo coraggio? Forse, ma è un inizio. Chi è vile non legga, sarebbe perder tempo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Quando andavo in facoltà
    io apprendevo là per là
    i bei testi di un La Penna
    e all’esam beccavo strenna
    se a memoria aveo imparato
    Quinto Orazio stravaccato
    con Augusto e il principato
    ripetendo a perdifiato
    i concetti al professore
    e mi fecero dottore.

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