La fine della letteratura

La fine della letteratura

La fine della letteratura

La fine della letteratura

Il logorio della vita moderna, credit Mary Blindflowers©

 

La fine della letteratura

Mary Blindflowers©

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18 strofe di versi settenari compongono il 5 maggio, la famosa poesia su Napoleone scritta da Alessandro Manzoni. Ei fu. Siccome immobile, / Dato il mortal sospiro,/ Stette la spoglia immemore/ Orba di tanto spiro…
Alla domanda dei lettori circa il fatto che quella di Napoleone fosse o meno vera gloria, Manzoni risponde con una frase ormai abusata: ai posteri l’ardua sentenza.
Del perché i posteri, in una società che in parte si involve, dovrebbero essere più saggi, lungimiranti e accorti di noi, mi sfugge, e nemmeno il clericalismo salottiero di Manzoni mi convinceva troppo.
La continua deresponsabilizzazione intellettuale, il demandare ad altri il giudizio su un evento storico o su un’opera d’arte, è atteggiamento tipico della nostra epoca. Si ha come paura di esprimere una critica vera, allora si mettono le mani avanti e si imbocca il sentiero della mera opinione e del gusto personale. Si assiste impotenti alla sfilza e carrellata di espressioni prudenti: io non faccio testo, è un mio gusto personale… io non giudico, lascio l’onore e l’onere alle generazioni future, non sono in grado di dare giudizi e di motivarli, mi limito ad emozionarmi.
L’idea di scrivere un libro il cui unico scopo è “emozionare”, è davvero deprimente per un autore. Mangiatevi una torta alla crema o due cotolette alla brace, aiutate un vecchietto ad attraversare la strada o nutrite un barbone, se volete emozionarvi. Ridurre la letteratura alla sola emozione, è riduttivismo. Il confine tra opinione personale e giudizio su un testo o un’opera d’arte, è labile, per cui ci si ripara dietro scuse, sotterfugli linguistici, finte modestie, attestazioni di incapacità cronica. La critica letteraria inizia dove finisce il gusto personale. Giudicare un’opera sulla base del proprio sentimento, attiene all’opinionismo più spiccio, giudicarla sulla base di dati precisi, stile, capacità di comunicare concetti profondi, originalità, indipendentemente dal genere letterario o artistico, dal gradimento soggettivo che quell’opera ci causa, è già fare critica. Così a chi legge criticamente potrà capitare di non amare il realismo letterario ma di apprezzare Carlo Levi e Tomasi di Lampedusa, autori descrittivi e realistici, perché in termini contenutistici e stilistici hanno molto da dire.
Può capitare, al contrario, di amare un certo tipo di genere, ma di riconoscere che un determinato autore non eccelle nel suo campo, anche se parla di cose per noi potenzialmente interessanti.
Un elemento importante per la valutazione di un’opera letteraria è l’autenticità. Si deve autenticamente dire il falso per dire il vero oppure dire il vero per dire il vero ma a più piani, con più sfumature di significato. Se, al contrario, un’opera dice solo quel che dice e nient’altro fra le righe, c’è da preoccuparsi, significa che per quanto la storia possa essere gradevole, i personaggi accattivanti e tipici, la scrittura formalmente ineccepibile, si rinuncia a fare letteratura.
La valutazione soggettiva implica un sì o un no, con riassuntini molto brevi e un giudizio non sufficientemente motivato.
La valutazione oggettiva invece non si limita a fare un riassunto della trama che, del resto, possono benissimo leggere tutti, ma indaga l’oltre, cerca di capire se l’eventuale uso di metafore, simbologie, espressioni tipiche e no, situazioni e vicende, rimandino a qualcos’altro, di più profondo, che non la sola trama.
Nessuna opera letteraria degna di questo nome dice soltanto ciò che dice apparentemente. L’inerzia a un solo piano contenutistico è infatti propria della non letteratura commerciale che basa tutto o sul personaggio tipico, replicato all’infinito in vari romanzi, in modo da creare nelle masse una sorta di imprinting, oppure su trame poco pregnanti da un punto di vista simbolico ma accattivanti per un lettore di superficie.
Alcuni personaggi tipici sono arrivati a un tale livello di popolarità da essere confusi con personaggi reali e da superare la fama dell’autore stesso. Incredibile ma vero. Ho sentito di recente qualcuno dire “i romanzi di Sherlock Holmes”, da una persona convintissima che Sherlock fosse l’autore e non il personaggio.
Valutare oggettivamente un’opera letteraria costa tempo e fatica, due elementi di cui la nostra epoca difetta: il primo manca, la seconda la si evita perché ormai il libro ha perso la sua importanza, viene giudicato più come uno strumento di evasione che di riflessione.
Dal vuoto di questi due elementi nasce il totale disimpegno. Chi legge lo fa sempre più passivamente, i lettori attivi sono pochissimi. Si legge e ci si astiene da ogni critica sul testo, asserendo di non essere in grado di formulare un giudizio oppure di non averne voglia. Così al fallimento della critica letteraria accademica, ormai accertato, non si è mai opposto niente di contenutisticamente valido, perfino gli spazi su internet e i vari blog, non fanno che replicare giudizi ufficiali già espressi da altri, è un paperificio voluto e concertato di voci. Non ci si espone mai, si mettono costantemente le mani avanti, ah il mio è solo un giudizio personale! Ma perché tutto deve essere ridotto a soggettività pura? Perché la rilevazione di dati oggettivi che potrebbero smentire le verità ufficiali, può non essere accettata, si rischia di essere criticati, malvisti, accusati di superbia. Di fronte a questo rischio, il piede dell’atleta cede nella corsa, il cervello si rintana nel sicuro, in quel guscio maturo e già edificato che piace a tantissimi proprio perché privo di rischi. E avverti che questa tendenza prende sempre più piede perfino dai discorsi social, dai commenti limitati e limitanti in cui al massimo si mette un like, o si dice timidamente bellissimo, bravo, senza alcuna motivazione. Quella è bandita, troppo sforzo.
Perfino quelli che si vantano di leggere tanti libri, cadono in questa fondamentale e irrinunciabile inerzia. È la fine della letteratura e dell’arte. Un’arte che non disturba non è nemmeno arte ma passiva acquiescenza al già dato.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Questa inerzia dove sfocia?
    Vince e Strega “La ferocia”
    libro del paesan Lagioia
    che a me causa solo noia
    lui che imita Moravia
    mentre il mio cervello travia
    con il caldo torrenziale
    preso come un fortunale!
    Del salone di Torino
    direttore è sto tapino:
    questa ahimè la vera bomba!
    La lettetatura in tomba!

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