I Signori, i lanzichenecchi

I Signori, i Lanzichenecchi

I Signori, i lanzichenecchi

 

I Signori, i Lanzichenecchi

Il verme, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

I Signori, i lanzichenecchi

.

Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli, racconta episodi di ordinaria sopraffazione, commessi dal regime fascista, incarnato dal podestà, contro i contadini. Questi, stanchi di subire, ad un certo punto volevano dar fuoco al vento effimero della rivolta, bruciando le caserme dei carabinieri, i casotti del dazio e sgozzando i signori. Di queste rivolte parla anche Verga nella novella Libertà, quando il popolo a Bronte fece strage dei succhiasangue, i signori. Sia all’epoca di Bronte che durante il fascismo, queste rivolte venivano sedate nel sangue. La libertà, come del resto lo Stato, restava un mito sconosciuto per i poveri. Dopo un attimo di smarrimento e aver seppellito i morti, i signori tornavano a fare i signori, un po’ come accade anche oggi. Da una parte c’è Alain Elkann, lo snobissimo, e dall’altra ci sono i lanzichenecchi, guardati con disprezzo, quelli che non portano l’orologio, non hanno la penna stilografica firmata e, tatuati, dicono parolacce mentre indossano pantaloncini corti. Poi ci sono i colleghi di Elkann, gli altri signori come lui, che prendono le distanze da tutto il suo autentico snobismo sbandierato esplicitamente. Eh, non si fa! Occorre veleggiare nel politicamente corretto, per evitare che il popolino si risenta e dire che si difendono “gli interessi dei più deboli”, laddove per “più deboli” si intende quelli del loro stesso partito, i soli che possano scrivere nel loro giornale, previa tessera e abnegazione al sistema in stile circuito chiuso. E nominano Scalfari, il fondatore, come esempio da tenere presente. Scalfari, per intenderci, quello di Roma Fascista, organo ufficiale del GUF (Gruppo Universitario Fascista), quello di Nuovo Occidente, diretto dall’ex squadrista e fascista cattolico Giuseppe Attilio Fanelli. Scalfari Eugenio, quello che nel 1942 sarà nominato caporedattore di Roma Fascista. Sì, il fondatore di La Repubblica, il socialista, il democratico, il “poeta” che ha pubblicato poesie da primina in Ora del blu con Einaudi, naturalmente. Con chi altri se no? Noblesse oblige.
Da una parte c’era Scalfari e ci sono i suoi nobili eredi e dall’altra ci siamo noi, i lanzichenecchi. Già immagino i signori precisare nel chiuso della stanza dei bottoni: “ah ma noi mica siamo snob, noi difendiamo anche i lanzichenecchi, purché ovviamente stiano al loro posto, continuino a dire parolacce, a non avere nemmeno l’orologio (forse perché non possono permetterselo) e a indossare calzoncini corti. Li sopportiamo, in fin dei conti. Ma noi siamo signori! Scriviamo su La Repubblica, mica su un blog della domenica mattina!”
Finché il lanzichenecco si limita a dire parolacce su un treno, il signore lo guarda dall’alto in basso e può bearsi di quanto sia istruito, sottolineando perfino cosa legge: Financial Times, New York Times, Robinson, l’inserto culturale di Repubblica, e dulcis in fundo, La Recherche du temps perdu di Marcel Proust, caspita! Un libro talmente ristampato che anche un lanzichenecco può averlo letto. Che orrore, n’est pas?
Le cose si complicano, e di molto, se qualche lanzichenecco, non appartenente alla casta dei signori, si illude di voler fare un mestiere culturale, tipo scrivere, per esempio. Immagino i signori alzare le testine da condor: “Ma come si permette costui? Non lo sa che può scrivere solo chi appartiene all’alta borghesia? Accettiamo una tantum anche la plebaglia, così potranno dire che siamo veri democratici, eh ogni tanto ci vuole, purché il soggetto non faccia schermaglia alcuna senza autorizzazione, e purché abbia la nostra tessera volante anestetizzante ed esegua gli ordini della nostra linea politica, poi se fa il bravo lo facciamo pure pubblicare con un editore importante, ma deve ubbidire! Viviamo in una Repubblica democratica fondata sul decoro del barone che accetta nel suo feudo anche il cafone, ci mancherebbe, è democrazia, ma ci sono regole non scritte!
Così i contadini di cui parla Levi nel suo romanzo, convinti a deporre le armi e a non sgozzare i signori, decidono di fare teatro. Chiedono al medico un camice bianco e rappresentano la sopraffazione sotto forma di recita:

E poiché non avevano potuto esprimersi con la violenza, né col diritto, si espressero con l’arte… Gli attori erano tutti uomini… Le battute che improvvisavano si riferivano alla questione che agitava gli animi in quei giorni: ma la finezza contadina faceva sì che le allusioni non fossero mai troppo dirette e che rimanessero comprensibili e penetranti senza diventare mai pericolose.

Protestare mediante l’arte è una bella cosa, il problema è uno solo. In quanti hanno potuto apprezzare lo spettacolo di quei contadini? In quanti leggono le storie scritte dai lanzichenecchi?
Essi non fanno la storia, la subiscono. Chi fa la storia scrive sui giornali importanti, pubblica con gli editori che contano e poi va sul treno e fa lo snob. Ma questa non è affatto una novità. È la nostra storia in cui non cambia mai nulla realmente, solo apparentemente, a parole. E la rivoluzione non si fa con le parole, ma coi fatti, e i fatti dicono che vince sempre la casta in lino blu, tutti gli altri sono lanzichenecchi, me compresa.

.

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    I seguaci del littorio
    non lo san che Di Vittorio,
    pure lui dauno sfigato
    pur essendo ben mazziato
    risparmiava il suo salario
    per comprarsi il dizionario!
    Per Elkan che viaggia in blu
    Beppe ha il tanfo di pupu,
    un terrone babbo e scecco
    da chiamar Lanzichenecco!

Post a comment