In libreria, entro, esco

In libreria, entro, esco

In libreria, entro, esco

In libreria, entro, esco

Foglie all’osso, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

In libreria, entro, esco

 

Grande edificio.
Molto luminosa l’insegna.
Vetrine tre, pure quattro.
Zona centro.
Entro.
Che dire, meglio non dire! Ire! Che emozione emozionante.
Sono letteralmente o letteraturalmente entusiasta, chissà quante belle preziose diademate in carta non da bagno. E i libri croccanti, guarda quanti, tanti, tanti, ops, ma sono tutti uguali. Produzione seriale per il giovane animale da lettura globale globalizzata e nepotizzata con spirito narcotico di massa, uva passa in omaggio in caso si acquistino più volumi dello stesso autore riproposto in più formati energetici ed energizzanti del nulla. Ma i libri son tanti, quanti? Uno, due, tre. Ho un’amico che ha una malattia, conta, conta tutto poveraccio e mi aveva avvertito, dello stesso autore setaccio, puoi trovare un biliardo di copie posizionate a quadrangolo netto, poi a rettangolo retto che non regge tanto e per sfizio, a piramide riproducente il sistema di potere odierno. Il mio amico, con evidente scherno negli occhi verdi come fondi di bottiglia, si diverte a prendere una copia dal fondo e tira giù tutta quella poltiglia di carta. Lo fa sempre, ci va apposta, dice che non è perseguibile per legge, che il lettore è libero di prendere un libro da dove vuole, forse è l’unica libertà che rimane, il resto è replica. Io invece guardo tutto intorno, mi lagno, questo non c’è, quello manca, sono stanca, non c’è gente, giro gli occhi e sono tentata di estrarre un mattoncino dall’altarino di una serie smaghettata futile come una spaghettata senza condimento. Mi fermo, il commesso come un fantasma dell’opera mancata, mi dà una guardata truce come una sviolinata ad un topo, attraverso gli occhiali da scena non da vista, occhi stretti, bocca mista tra l’irriverente e il clownesco, non sa nulla, né prima, né dopo, annoiato, claudicato, illetterato, ma spia! Il computer non ha elaborato l’ordine, dice in tono meccanico. La colpa è mia che chiedo libri non impilati e impiramidati! Il libro è disponibile ma non in questa libreria, recita un mantra.
Ma questa è una grande catena che si mette al collo! Dico.
Io mollo, dice, dopo varie insistenze. Qua vendiamo lenze per pesci non fiocine per delfini.
Ripeta, dico.
Qua siamo fini, dice, non vendiamo che rose senza spini.
E i fini?
, siamo fini, dice.
No, come siete, ma quali sono i fini!
In che senso?
Nel senso che tutto questo può non aver senso, dico.
Guardi, dice, io ho un diplomino, non mi occupo di filosofie, là se vuole ci sono le apologie, dietro gli influencer e i 101 modi per diventare scrittori essendo già ricchi, abbiamo anche come cuocere chicchi di riso in salamoia, tingerli di nero e spacciarli per pezzi di caviale.
Eh meno male, dico! Cerco da me!
Eh, ha capito!
Cammino ancora come una falena dei pinki sotto un parastinchi ufficiale, nel tempio della cultura sacerdotale, intestato a un grosso gruppo finanziario editoriale, cavolo, sembra un sedere d’avolo fritto e impanato nel nepotismo volgare del cavolo a merenda: le pile rowling stile mago maghetta della cocchetta dei conservatori, e poi girando prima porta a sinistra che poi è destra, i dolci pigolii arminianti di certi animaletti pigianti e pipitianti aria in bolle; dritto verso la stanza dei bottoni e dei battifolle, troverete meravigliosi gettoni di pannolenci per quotare i cenci risciacquati, i simoncini e i de giovanni battista senza capo né coda; ancora più avanti nel reparto quisquilie, la broda murgiana che vi istruirà su come e cosa fare quando si ha la reliquia in mano di santa terzana; verso il fondo le influencer corsivate per nuove prospettive alienate da futuro non vivibile che nel marcescibile. Al centro della sala grande troverete un principino che regalmente vi invita a comprare la storia del suo primo grattino, espondendo un faccino sulla copertina lucidimmonda, par che dica: comprate signori, comprare, pesce incartato fresco, qui abbonda! Io esco. Ma è colpa mia! Sono io che non voglio la carta della paratià, colpa, colpa, colpa mia se chiude la fottuta libreria!

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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