Masuccio Salernitano professione cortigiano

Masuccio Salernitano professione cortigiano

Masuccio Salernitano professione cortigiano

Masuccio Salernitano professione cortigiano

Masuccio Salernitano, Novelle, Formiggini 1929, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Masuccio Salernitano professione cortigiano

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Nel 1929 l’editore Angelo Fortunato Formiggini, ripropone, le novelle di Masuccio Salernitano (1410-1475), pseudonimo di Tommaso Guardati, nella collana Classici del Ridere, in una preziosa e rara edizione in copertina rigida tutta pelle con l’incisione di Adolfo De Karolis impressa a fuoco. L’introduzione è a cura di Andrea Sorrentino. All’interno, la riproduzione di antiche xilografie, impreziosisce il testo.
Come sottolinea lo stesso curatore del volume, rifacendo il verso alle fonti antiche, Masuccio, di famiglia sorrentina ma nato a Salerno, fu un cortigiano che godette appoggi di letterati e principi. Il volume accorpa solo 22 novelle (in realtà Masuccio ne scrisse 50) che, scrive Sorrentino:

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sono state composte alla spicciolata, a più riprese, lette alla corte di Napoli, al tempo del mecenatismo più fortunato… è pensabile che nei trattenimenti mondani e culturali di quella corte Masuccio leggesse le sue novelle e il Caracciolo le sue farse a scopo di divertimento, a quel modo che, contemporaneamente, a Firenze, Luigi Pulci recitava i canti del Morgante Maggiore, e a Ferrara Matteo Maria Bojardo i canti dell’Orlando  Innamorato... Godette la stima e l’affetto di letterati e principi…

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Luigi Settembrini in Il Novellino di Masuccio Salernitano restituito alla sua antica lezione, presso Antonio Morano, Libraio Editore, Napoli, 1874, scriveva nel discorso introduttivo più o meno la stessa cosa:

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Consideriamo ora Masuccio nella seconda metà del Quattrocento, al tempo di re Ferdinando I d’Aragona. Mentre Luigi Pulci alle cene di Lorenzo de’ Medici leggeva il suo Morgante, e Matteo Boiardo leggeva l’Innamorato alle donne ed ai cavalieri della corte di Ferrara, Masuccio Guardato leggeva il Novellino nella corte degli Aragonesi. Pulci conosceva il nome e il libro di Masuccio, e ne parlava: il Boiardo che fu in Napoli nel 1473 con Sigismondo d’Este, il quale venne per condurre Eleonora d’Aragona sposa a suo fratello Ercole Duca di Ferrara, dovette anche conoscere Masuccio che aveva già scritte le sue novelle e dedicatane una ad Eleonora ed era uomo che piaceva ai dotti ed ai signori… Masuccio che fuori è faceto, dentro ò morale e religioso, e con le sue facezie ferisce coloro che guastano la religione con le brutte opere…

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Masuccio, da buon cortigiano, dedica ciascuna novella ad un illustre e altolocato personaggio della corte di Napoli.
Nella dedica, oltre alle solite lodi di prammatica al potente, l’autore spiega le ragioni che lo hanno spinto a scrivere e inserisce, alla fine della storia, sempre una conclusione moralistica. Egli sviluppa due temi fondamentali: l’anticlericalismo e la misoginia, senza tuttavia riuscire a raggiungere mai la spumeggiante comicità boccaccesca.
Le novelle masucciane raccolte nel Novellino, hanno una struttura divisa in 4 parti: argomento, esordio, narrazione e commento finale, struttura che rimane identica per tutte le storie. Non c’è cornice.
Boccaccio che invece usa la cornice, come nei racconti orientali delle Mille e una Notte, non giudica, non interviene, varia il registro continuamente in virtù di un abbassamento parodico che ha come fine l’ilare e tragica rappresentazione di un mondo di cui valuta i pareri contrastanti; è spiazzante, affabulatorio, divertente, una vera e propria miniera di significati simbolici che ad ogni rilettura, ti lascia qualcosa di nuovo, di diverso, laddove Masuccio, molto più semplice, punta il dito e ci regala i suoi giudizi morali con uno stile sicuramente meno accattivante di quello del certaldese, più aspro e meno indulgente, specialmente verso le donne, tant’è che il registro misogino non subisce alcuna variazione in quello filogino. In Boccaccio invece si trova l’alternanza dei due registri al variare dei punti di vista. Masuccio considera soltanto un punto di osservazione, il suo, e questo rappresenta il limite più grande della sua opera, l’incapacità di staccarsi da sé che invece Boccaccio è riuscito pienamente a realizzare. Masuccio voleva imitare Boccaccio. La critica ottocentesca arriva a capire che non è riuscito nel suo intento, a dispetto di certi critici contemporanei che definiscono Masuccio, “il Boccaccio napoletano”:

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Il Novellino non è certamente il Decamerone, non ha quella gran ricchezza d’invenzione, quelle figure disegnate colorite finite con tanta squisitezza, quelle tante varietà di caratteri, quello stile elegante e forbito, ma è un lavoro d’arte anch’esso, il lavoro d’uno speciale organismo, e bello di schiettezza e di ardire. Egli dice di volere imitare il Boccaccio, ma non può né vi riesce, e dove si sforza di farlo si impaccia, dove si abbandona alla sua natura è franco, spedito, schietto come si parla… (Luigi Settembrini, Il Novellino di Masuccio Salernitano, cit.).

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Resta da capire perché l’edizione lusso della Formiggini sulle novelle di Masuccio ne contenga soltanto 22 e non 50. Forse per esigenza editoriali legate al numero di pagine?
Forse. Scelta comunque molto discutibile,

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