Filoginia, misoginia, Tiraqueau, Bouchard

Filoginia, misoginia, Tiraqueau, Bouchard

Filoginia, misoginia, Tiraqueau, Bouchard

 

Filoginia, misoginia, Tiraqueau, Bouchard

Senso sospeso, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Filoginia, misoginia, Tiraqueau, Bouchard

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“Libero cor nel mio petto soggiorna,
Non servo alcun, né d’altri son che mia,
Pascomi di modestia, e cortesia,
Virtù m’essalta, e castità m’adorna.
Quest’alma a Dio sol cede, e a lui ritorna,
Benché nel velo uman s’avolga, e stia;
E sprezza il mondo, e sua perfidia ria,
Che le semplici menti inganna, e scorna.
Bellezza, gioventù, piaceri, e pompe,
Nulla stimo, se non ch’a i pensier puri,
Son trofeo, per mia voglia, e non per sorte.
Così negli anni verdi, e nei maturi,
Poiché fallacia d’uom non m’interrompe,
Fama e gloria n’attendo in vita, e in morte.”
(Da “Il Merito delle Donne” di Moderata Fonte)

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G. Rossi in “Tra moglie e marito”… le “leggi” del matrimonio secondo André Tiraqueau”, definisce il De legibus connubialibus et iure maritali, di Tiraqueau, un’opera che “si distingue” per “la non convenzionalità sotto molteplici profili”, “d’ispirazione squisitamente rinascimentale”, un trattato “con straordinaria ricchezza tematica” e “spessore culturale”. Secondo Rossi, la non convenzionalità dell’opera si esplicherebbe nella sua mole, nei riferimenti dotti e nel supporto della tradizione specie aristotelica, tanto che parla di “una quantità davvero impressionante di riferimenti dotti ad auctorictates tratte da ogni epoca e da tutti i comparti dello scibile messi a frutto con indiscutibile dottrina e perizia”, per avallare una tesi di fondo, “l’indispensabile superiorità maschile sulla donna”. Dopo aver lodato Tiraqueau per la sua vasta dottrina, con sicurezza Rossi afferma che “la convinzione profonda dell’autore, supportato da una tradizione di pensiero di lunghissima durata” è pressoché priva di voci dissonanti, per poi ammettere in nota 11:

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In effetti, nonostante anche in età moderna si confermi l’assoluta preponderanza della tesi dell’inferiorità muliebre, qualche sporadica voce in senso contrario talora si leva; in specie ricordiamo l’intervento di Amaury Bouchard, giurista amico di Tiraqueau e frequentatore anch’egli del cenacolo di Fontenay-le-Comte, il quale scrive una Apologia del gentil sesso (edita nel 1522) nella quale sin dal titolo propone una polemica diretta contro le tesi del nostro magistrato, sulla base di un’impostazione di matrice neoplatonica…

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Poi ancora nella nota 12:

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Tra i pochissimi autori in controtendenza, che rimarcano la gravità dell’esclusione delle donne dall’istruzione superiore e quindi dalla possibilità di far sentire la propria voce, possiamo annoverare Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim, esplicito in merito…

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In realtà non è  vero che le voci a favore delle donne fossero pochissime nel Cinquecento o che fossero sparute eccezioni in controtendenza. Dopo il 1530 sono stati pubblicati numerosi libri nati sulla falsariga del trattato di Agrippa, quel De nobilitate et praecellentia foeminei sexus, che ribadiva la dignità della donna e anche nei drammi i personaggi femminili acquistavano spesso un eroismo attivo, con la donna virtuosa che ristabilisce l’ordine e muove l’intero ingranaggio delle storie. Si pensi alla Rosmunda di Rucellai, ispirata all’Antigone sofocleo. La protagonista, liberatasi dalla rigidità classica, diventa un nuovo modello di eroina portatrice di una pietas contro la prepotenza maschile. Anche nell’Oreste, il Rucellai fa trionfare l’astuzia femminile. Quindi non sempre la tradizione antica viene utilizzata contro le donne. Agnolo Fiorenzuola compone un vero e proprio trattato estetico sulla bellezza muliebre: Dialogo delle bellezze delle donne, dedicato alle gentili e cortesi donne pratesi. Alessandro Piccolomini pubblica a Venezia nel 1539 La Raffaella, ovvero della bella creanza delle donne. E che dire del Libro della bella donna del Luigini (1564) o delle Tre furie del mondo di Biondo?
Ma fin dall’epoca di Boccaccio il pro e il contro le donne convivevano insieme nella letteratura, tant’è che il certaldese le espone entrambe nel suo Decamerone per far capire la mentalità oscillante del suo tempo e il fatto che la tradizione non fosse affatto lineare in tema di misoginia o filoginia. Boccaccio stesso nel Corbaccio riprende la misoginia del De Amore di Andrea Cappellano.
In Fior di virtù, opera anonima del 1300 si contestava la tesi misogina valorizzando le virtù d’amore. Christine de Pizan forse deceduta nel 1430, ne La Cités des dames (1404-1405), sostiene che la donna ha le stesse capacità intellettuali degli uomini e che raggiungerebbe anche vette alte purché non fosse chiusa in casa a far la calzetta, esclusa dalla cultura, spesso picchiata dal marito frequentatore di taverne. Christine aveva idee molto chiare ed evolute sulla questione femminile.
Il filone delle letteratura filogina è altrettanto ricco quanto quella misogina. Come si fa quindi ad affermare che le voci filogine fossero pochissime? Come si fa a definirle “sporadiche voci”?
Inoltre la disputa Tiraqueau-Bouchard, minimizzata da Rossi in una nota, non fu affatto di minima importanza, tant’è che in questa querelle des femmes, intervenne perfino Rabelais, il quale per difendere il suo amico Tiraqueau, sostenne che Bouchard si era proclamato campione del sesso femminile oltraggiato dal Tiraqueau soltanto per fare il galante, in quanto rendersi gradito alle donne, era uno dei migliori mezzi per essere apprezzati nella “scuola rettorica”. La verità però è che Tiraqueau era un pedofilo, tant’è che aveva sposato una bambina di soli 11 anni, Maria Cailler della quale pensava di doversi fare “educatore”. E il De legibus connubialibus, lungi dall’essere uno squisito trattato rinascimentale, è un obbrobrioso polpettone la cui erudizione posticcia non riesce a superare la meschinità delle conclusioni, un libro disgustoso che si risolve pateticamente in sedici leggi matrimoniali sulla presunta inferiorità del sesso femminile e che ancora oggi dagli accademici viene lodato come esempio di vasta dottrina. A che serve l’erudizione se non si raggiungono conclusioni ragionevoli? E a che servono gli accademici se non a citarsi a vicenda?

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