Rabelais, arte, potere, Sorbona

Rabelais, arte, potere, Sorbona

Rabelais, arte, potere, Sorbona

Rabelais, arte, potere, Sorbona

Adverted Danger, mixed media on canvas, 90 x 90 cm. by Mary Blindflowers©

 

 

Mary Blindflowers©

Rabelais, arte, potere, Sorbona

 

Rabelais, il genio della burla e del caricaturismo letterario, sullo sfondo i roghi della Sorbona, in un’epoca in cui bastava un nonnulla per essere accusati di eresia e finire arrosto vivo su un rogo preparato dai teologi. La guerra tra teologi ed umanisti non era soltanto letteraria, ma soprattutto politica. Stefano Rénier, amico di Budé, nonostante tutti gli sforzi di quest’ultimo per salvargli la vita, fu condannato ad avere la lingua forata da un ferro rovente. Si appellò dunque al re che non mosse un dito, la sentenza venne riformata e Rénier finì sul rogo il 29 aprile 1529. Scrive Gennaro Perfetto in Francesco Rabelais ed suoi tempi: “Il supplizio di Bertin atterrì i novatori, e fece esultare la Sorbona. Quando poi Francesco I nel trattato di Cambrai prese impegno di cooperare energicamente alla repressione dell’eresia luterana, la Sorbona credette venuto finalmente il momento sospirato di veder distrutti gli umanisti (p. XCI)”.

Francesco I su suggerimento di Budé che aveva scritto il Commentario della lingua greca, creò il Collegio Reale, l’attuale Collegio di Francia, per sottrarre alla Sorbona il monopolio sugli studi superiori e diffondere “il temuto greco e l’aborrito ebraico”, affidandone l’insegnamento agli umanisti. La Sorbona protestò, dato che soltanto i teologi avevano avuto fino a quel momento il diritto esclusivo dell’interpretazione dei testi sacri e mal tolleravano il greco. Gli ellenisti spesso e volentieri venivano infatti accusati di eresia.

Rabelais nel Pantagruel deride apertamente la Sorbona, quella stessa Sorbona che aveva mandato e mandava tante gente in carcere e al rogo, all’esilio, alla sofisticata tortura. Rabelais audacissimamente la sfotte, definendola lago puzzolentissimo e ridicolizzando i suoi teologi come sorbonagri, sorbonigeni, sorbonicoli, sorboniformi, sofisti sorbilloni, sorbonizzanti, sornibonizzanti, sorbonisichi, etc. etc. Il libro delle sentenze di Pietro Lombardo è chiaramente indicato come buono per pulirsi il culo e i teologi meritevoli di aver per amici dei vuotacessi. Il libro quarto di Lombardo, “quarta di sentenze”, ha forma come di breviario e soltanto per questo sembra un libro:

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Bacbuc, gettò non so che nella vasca, onde l’ebollizione dell’acqua subito si attenuò. Poi condusse Panurgo nel tempio maggiore, al centro, dove era la vivifica fontana. Là traendo un grosso libro d’argento in forma di mezzo moggio, o d’una quarta di sentenze, lo bagnò nella fontana e disse a Panurgo… pensavamo fosse solamente un libro per la sua forma di breviario (F. Rabelais, Pantagruele (4), Fomiggini, 1925, trad. Gildo Passini, p. 182).

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Se la Sorbona era una voragine orribile, fetente ed infetta peggio della Palude Camarina, e Rabelais citò lo Strabone del lago di Serbona, stravolgendone il senso per fare la sua satira antiaccademica; se Panurgo sfotteva mastro Fifì contro il quale sosteneva di aver discusso una causa molto sporca e molto lurida, dato che gli accoliti di Fifì (i teologi), leggevano i libri di Sentenze di notte; se Rabelais poteva permettersi il lusso di attaccare gli accademici, non era tuttavia un cane sciolto ma un uomo che aveva alle spalle protettori potentissimi e che perciò era sicuro che non sarebbe finito sul rogo a causa della sua satira.
Rabelais era protetto da Guglielmo Dubellay e dal fratello Giovanni, vescovo di Parigi, nonché dallo stesso re che era un suo ammiratore e che lo avrebbe difeso da eventuali accuse di eresia e persecuzioni da parte degli esponenti della Sorbona, ridicolizzati come autori di trattati i cui titoli incitano al riso: Sulla Eccellenza delle trippe (Beda); Sul modo di cacare (Tartaret); Sulla differenza delle zuppe (Bricot); Del modo di fare i salsicciotti (Mair); Decreto sulle mammelle posticcie delle pulzelle (attribuito a tutta l’università); Dimostrazione che i bricconi non sono condannati dalla Chiesa (Couturier)…
Alla luce di queste considerazioni, si potrà capire meglio il legame arte-libertà, tanto sbandierato oggi come cosa naturale. L’arte sarebbe una libera espressione di pensieri creativi, l’artista un uomo libero, tutto falso come la pirite che sembra oro ma non lo è.
L’arte è sempre stata alle dipendenze del potere e chi non ha ancora oggi protettori potenti è completamente fuori da ogni gioco, può produrre ciò che vuole, rimarrà una voce persa nel vuoto, un signor nessuno destinato all’oblio.
Chi dice che l’arte è libertà, o è un mentecatto completo oppure un mentitore consapevole e in assoluta mala fede.
I roghi si sono spenti ma la dipendenza dell’arte dal potere è viva più che mai.
Se Rabelais non avesse avuto legami col potere, credete che avremmo letto oggi qualche sua opera?
E pensate che oggi sia diverso?
Leggiamo solo quello che il potere vuole che si legga, nel bene e nel male, il resto finisce nel cimitero degli scrittori dimenticati o nell’angolo più riposto di qualche piccola libreria di periferia.
La liberazione dell’arte dal potere è soltanto un’utopia probabilmente destinata a non realizzarsi mai.

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Rivista Il Destrutturalismo

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