La libertà di Lolly Willowes, la donna dinamite

La libertà di Lolly Willowes, la donna dinamite

La libertà di Lolly Willowes, la donna dinamite

Di Mary Blindflowers©

La libertà di Lolly Willowes, la donna dinamite

L’inquisitore, mixed media on paper, by Mary Blindflowers©

 

Sylvia Townsend Warner dà alle stampe nel 1926 Lolly Willowes o l’amoroso cacciatore, un libro ostinatamente metaforico, sottile, garbatamente femminista, non di quel femminismo aspro e vendicativo, bensì intelligentemente posato, meditato, ricco di elementi arcani che fanno riflettere e sognare contemporaneamente.

Il concerto dei suoni e dei colori della campagna inglese fa da sfondo all’intera narrazione, pervasa di presenze dell’oltre e di un’ ironia tagliente come una lama. La protagonista, una donna poco religiosa, è una creatura destinata a non sposarsi, con gran dispiacere dei familiari. Si tratta di una persona solitaria a cui piace passeggiare nei boschi, da sola e che sente dentro di sé la prepotente vocazione della strega. Laura, soprannominata zia Lolly, la benestante vergine negletta, dopo anni passati a far da soprammobile nella casa del fratello che, tra l’altro l’ha pure derubata, investendo rovinosamente e a sua insaputa, i soldi della sua rendita, decide un bel giorno di non essere più l’insignificante zia Lolly, di cambiare pelle, vita, abitudini e di conquistarsi la sua piccola isola di libertà. Così parte e si allontana dalla casa dei suoi invadenti e perbenisti parenti.

Piano piano, ascoltando la voce della natura che sembra esserle affine, scopre che sotto l’apparenza modesta e tranquilla, ogni donna, e dunque, anche lei, è dinamite: “le donne lo sanno di essere dinamite, e non vedono l’ora che si verifichi l’esplosione che renderà loro giustizia”.

Fin da piccola Laura ha sempre svolto un ruolo di bambola passiva, cresciuta in solitudine, nonostante la presenza di due fratelli più grandi: “Laura crebbe quasi come fosse figlia unica. Quando fu un po’ più grandicella, i suoi fratelli erano già in collegio e ogni volta che tornavano a casa per le vacanze si sentivano dire da Mrs Willowes: «Su, giocate con Laura, da bravi. Ha dato da mangiare ai vostri conigli tutti i giorni mentre eravate a scuola. E mi raccomando state attenti che non cada nello stagno». Henry e James facevano del loro meglio per rispettare l’ordine della madre… Da buoni fratelli assolsero il dovere di insegnarle l’arte del lancio e della presa; quando però si trasformavano in cavalieri e indiani a Laura veniva debitamente assegnata una passiva parte da femmina”.

Laura è così insignificante e inutile agli occhi dei suoi fratelli da poter essere dimenticata, esattamente come un oggetto: “Una volta, quando Laura fece la parte di una principessa prigioniera legata al tronco di un albero, accadde che i suoi fratelli, impegnatissimi in una serie di singolar tenzoni al fine di conquistarsi i suoi favori, si dimenticassero di andare a liberarla prima di giurarsi eterna amicizia e partire alla volta della Terra Santa. Il caso volle che al tramonto Mr Willowes che tornava dalla fabbrica di birra attraverso una caligine di moscerini serali, entrasse nel frutteto a controllare che i conigli non avessero rosicchiato altri germogli. Lì trovò sua figlia che, in catene di fieno, canticchiava pacificamente tra sé la storia di un serpente che non aveva l’impermeabile…”.

La descrizione degli interni borghesi è ironica, critica di quei pasti serviti puntualmente, della porta aperta ad ogni scampanellio perché l’unica cosa che appare allo sguardo è “la compiutezza”, contro cui in segreto Laura, cuore e viscere, si prepara ogni giorno a combattere, per squarciare il velo di impersonalità spezzato comicamente dal rumore di un domestico che fa il bagno e di cui si sentono gli scrosci ad un’ora insolita. 

Dopo la morte del padre Everard, Laura è costretta ad abbandonare la casa paterna per trasferirsi a casa del fratello, così passa da una tutela all’altra. Goffa, non bella, inadeguata anche nel vestirsi, viene costantemente e tacitamente criticata dagli sguardi dell’elegante cognata, che è il suo opposto: irruente e vistosa dalle gonne ricadenti in ampi drappeggi, tanto che deve sollevarli per riuscire a camminare, i cappelli che raggiungono “altezze inesplorate da qualsiasi cappello del Somerset”. C’è un’ironia tutta inglese nella descrizione dei vezzi della borghesia, del perbenismo manierato stupendamente falso e della rigidità delle tradizioni, incarnata da vecchi mobili la cui disposizione non può essere cambiata, oppure dallo spelacchiato e un po’ tetro Ratafee, il pappagallo impagliato quasi emblema della fissità annonaria dei Willowes.

Laura ha un ruolo preciso, quello bambolesco che le è stato assegnato per tradizione. In lei però è presente, a insaputa di tutti, il germe della ribellione che cova per anni, silenziosamente, e lentamente.

L’incontro con Satana suggella la sua volontà di essere indipendente e di liberarsi, tramite gli artifizi del demonio, di un nipote invadente che le ricorda ancora di essere la vecchia e cristallizzata zia Lolly. Il nipote, Titus, non sa nulla della sua vocazione alla stregoneria, non sa nulla della sua volontà di essere lasciata libera e di vivere la sua vita da sola, stanca com’è delle convenzioni sociali dei Willowes. Per lui Laura non è Laura, ma la servizievole, utile, rassegnata zia Lolly, una zitella di mezza età pacata e responsabile, senza evoluzioni, senza drammi né rivoluzioni di nessun tipo. Laura, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di svelare al nipote la sua intima natura stregonesca e ribelle, così decide che l’unico modo per conquistare la sua libertà ed essere finalmente lasciata in pace, è quello di allontanare il nipote. E ci riesce tramite il Diavolo.

Lolly Willowes è un romanzo chiaroscurale, scorrevole, ben concertato, dalla prosa sapiente che denota allusiva e mai scontata padronanza del linguaggio. Da leggere. Consigliato.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.theguardian.com/books/2012/mar/18/lolly-willowes-townsend-warner-review

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