Mary Blindflowers©
La guerra dei salotti
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La cena
Pera cera mera sintesi edulcorata sterile assetata di lividure in ansie da iatture semicupi e storie inutili da psicanalista, c’è una lista di cose da fare, troppi soldi danno al femore e alla testa che senza remore s’adagia, plagia, salta, parla di guerre dai salotti in festa, tra scacchi rotti e motti sempre pulsionali così amorali, funzionali alla funzione d’umor sano di ogni buon cerretano imbottigliato. Vino pregiato, “terribile e i bambini”, aragosta, “e poi che costa far la pace, prendi un po’ d’ulivo, una colomba al vivo e due penne”, salsa e fracosta. “Che orror di bomba”, irrorato di liquore violetto, agretto e salasso di capretto con fave novelle e cucina orientale, “e poi che fine! uccisi con lo strale della democrazia”, semi di chia come decorazione in decozione di dolce cannellato al caramello, “e il governo si fa bello ma non ama che la guerra”, uccelletti prelevati da nidi di terra trafugati dalla servitù in salsetta brodettata di filetti calamarati, “calmati gli animi forse si accorderanno”, un inganno di vol-au vent con crema pasticcera, “ed è proprio cronaca vera!” Fine della cena.
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Un mi piace per la pace
È così dura l’abitudine
che se fosse l’oceano
la riduzione di una goccia
a triturar la roccia
o la boccia un mare
con centomila pesci che creano
il baccalà secco nell’incudine
che dice: ciao, che fai, esci?
O il coccodrillo vecchio a fare miao
in un secchio di gessi di pace,
nessuno ci aprirebbe un caso
più di tanto, al limite un santo mi piace,
ma se una diva si gratta piano il naso
o si guarda la pupilla sull’apparecchio
dei suoi denti,
è un canto, corale, di vedi ma senti,
di popolare plausumano,
che la salata vena ha disseccata nelle mene,
sono molti a vivere le pene di guerre altrui,
per star sempre presenti sulle scene pace
da caimano, interponendo sempre la persona
all’amo.
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti