Veneziani, Un’ora d’aria, fritta

Veneziani, Un'ora d'aria, fritta

Veneziani, Un’ora d’aria, fritta

Veneziani, Un'ora d'aria, fritta

Veneziani, Un’ora d’aria, 2015, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Veneziani, Un’ora d’aria, fritta

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Marcello Veneziani, Un’ora d’aria, sessanta racconti minimi, Avagliano Editore, 2015, prezzo di copertina euro 12. Un libro che si legge in un’ora, come recita la quarta di copertina: “Sessanta racconti da un minuto ciascuno, uno a pagina, formano un’ora. Ma un’ora lieve e lievemente surreale, spirituale, spiritosa, sospesa nell’aria, forse inconsistente, certo priva di peso. Insomma un’ora d’aria”.

Su sessanta racconti di spiritosi ce ne sono ben pochi, in compenso c’è davvero molta inconsistenza. Perfezione è uno dei pochi racconti riusciti. Quantomeno riesce ad essere leggermente divertente. Altri racconti, invece, purtroppo la maggior parte, tentano forzatamente di divertire o affrontare temi importanti, ma sono poco spontanei, forzati. Se poi per surreale Veneziani intende l’imitazione di semplici metamorfosi che sostituiscono, per esempio, il rinoceronte allo scarafaggio, allora è ben lontano dall’aver capito cosa sia la surrealtà in letteratura: “Rino Ceroni si alzò una mattina si vide allo specchio e si scoprì rinoceronte. Era andato a dormire umano, la sera prima”. Ma questa è vecchia, l’ha già detta Kafka: “Quando Gregor Samsa una mattina nel suo letto si svegliò da sogni inquieti, si ritrovò trasformato in un immane insetto” (La metamorfosi).

Nel libro di Veneziani non manca nemmeno l’umiliazione costante della figura femminile. L’amore è un bluff e un’illusione che lungi dal dare piacere, isola e imbruttisce, la donna o è una vecchia megera, una fan ebete, una madre fissata, oppure una donnina leggera che diventa femminista perché ormai le è crollato il fisico e quindi è rimasta senza risorse. Uno dei peggiori tra i racconti misogini di questa raccolta è Attrazione posteriore, un racconto infarcito di luoghi comuni, scritto con un linguaggio terra terra, che esordisce così: “Lulù aveva costruito la sua fortuna su un magnifico culo. Grazie a quella speciale protuberanza aveva conquistato fior di amanti, soggiorni lussuosi, una vita speciale. La chiamavano Scusate le spalle. Visse con un facoltoso e libidinoso signore che la scaricò appena lei si afflosciò”. Ergo tastando con orrore la sua cellulite, Lulù diventa femminista e l’autore con raffinatezza conclude questo sciapo raccontino da quinta elementare con un motto: “chi di culo fiorisce di culo finisce”.
In Morte presunta, la protagonista femminile è “una donna dal volto cattivo, tra una iena e un’arpia”. Il racconto oltretutto fa acqua da tutte le parti. Un povero uomo-vittima, attanagliato dai sensi di colpa, pensa che la moglie si sia uccisa per gelosia, quindi paga un vitalizio alla sorella di lei, svenandosi, salvo poi scoprire che: “sua moglie in realtà non era morta nell’incidente, ma aveva perso la faccia, rimasta sfigurata, e una fetta di memoria, e si faceva passare per sua sorella”.
Ma vi sembra verosimile che un uomo non riconosca la moglie anche soltanto dalla voce? La trama potrebbe averla scritta un bambino, infatti. Fa ridere, ma non nel senso positivo del termine.
In L’Attenuante, il narratore ci informa che il marito un tempo chiamava la moglie Cicciafresca, ma ora non è più tanto fresca: “ha la faccia gonfia e i glutei flaccidi”. L’autore insiste ancora una volta sulla decadenza del corpo femminile, come se l’unico valore delle donne fosse proprio la bellezza fisica e nient’altro. Il  bravo marito di questa storiella, dunque, siccome la ciccia della sua consorte non è più all’altezza delle sue maschie aspettative, pensa bene di ucciderla, tanto poi il giudice, si presume maschio pure lui, gli concederà “l’attenuante per lo stato di alterazione audio-visiva per le pantofole a forma di papera” della moglie che “stridevano sul pavimento”. Non si sa se ridere o piangere!
In Sangue, un figlio colpisce la madre con un posacenere, nel farlo si ferisce e la madre gli dice: “Pietro ti sei fatto male?” Il tema è sempre misogino, anche se qui  la trama è meno inerte.
In L’antiquaria, la protagonista è una Fatina rottamante che “invecchia telefonini, rompe e sciupa oggetti appena comprati” che così sembrano “rugosi di storia”. Vuol dirci forse che le donne sciupano e non conoscono cosa sia l’antiquariato, ma possono al limite solo rottamar telefonini ossia oggetti destinati alla consunzione? Veneziani dovrebbe aggiornarsi, non siamo nel Medioevo, insomma l’universo femminile non è composto solo da sciupatrici seriali, oche ritinte o vecchie mogli decrepite e dallo sguardo torvo.
Non c’è comunque un solo racconto in cui la figura femminile abbia tratti positivi. Forse l’autore ha problemi con le donne? Non si sa. A leggerlo sembrerebbe, specie quando scrive, in Il sesso degli angeli: “il piacere sessuale nasce dall’imperfezione, la sua molla è riempire la mancanza… Chi abita in Paradiso ha il sesso degli angeli”. Oppure in Amopatia, con toni triti: “l’amore è malattia”. Davvero questa non l’avevamo mai sentita, complimenti!
Ci sono anche molti racconti che definire insignificanti è poco. Scritti bene ma non dicono sostanzialmente nulla. Ad esempio, Finimondo. È la notte di San Lorenzo. Il protagonista non ha mai visto una stella cadente e si apposta per cercare di vederne una, la vede che diventa grande come una luna, è la fine del mondo. Si rimane basiti da tanta inutilità contenutistica.
Altri racconti, forse quelli che in quarta sono definiti “spirituali”, introducono il tema cattolico della croce, di Dio e ciò che definisce in Teofania, “ateismo isterico”. In Diomissioni sostiene che dio non è morto e che il mondo fa più schifo senza di lui. Ne La croce un Empio Sognatore sogna Cristo lacerato verso il Calvario. Ne Il sogno, racconto illeggibile anche per lo stile macchinoso, un Santo Sognatore sogna che i salvati da un naufragio “giacciono distesi accanto ai salvatori sulla zattera che ha la forma di croce”.
L’odio per la donna e la presenza  della croce che salva, sono motivi ossessivi nei racconti. Ne costituiscono un forte limite, denotano chiusura mentale che non è compensata da alcuna genialità letteraria. E la raccolta non vola, resta a terra, inerte, inutile, a testimoniare che chi vive di stereotipi non può scrivere che banalità o narrativa di scarso valore letterario. E dulcis in fundo, i disegni, di Dalmazio Frau, sembrano quei disegnini delle raccolte di fantascienza anni 60, vecchi e triti, e nemmeno eseguiti benissimo, tutti già visti e stravisti, convenzionalissimi, come del resto pure i racconti, decisamente brutti, salvandone due o tre al massimo. Un’ora d’aria, fritta.

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Veneziani ha scarsa benza!
    Questa qua tutta l’essenza
    dei racconti da fattora
    di campagna per un’ora.
    Frigge l’aria con le trame
    di cui noi facciamo strame.
    Dice: “I grandi gli dan fiato!
    E se l’hanno pubblicato
    gli daran presto uno Strega!”
    Noi diciam: “Chi se ne frega?
    Strega mai a nessun si nega
    nell’Italia fatta gregge
    dove chi vota non legge!!!”

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