Anche questa è arte

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Anche questa è arte

Anche questa è arte, credit Mary Blindflowers©

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Anche questa è arte

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Se facessero un festival del grottesco, l’Italia si qualificherebbe ai primi posti.
Stiamo parlando di un Paese dove alcuni psicanalisti figli di cattedratici, classici ed intramontabili figli di papà, nutriti al sole della casta e alle luminose luci tv, ci insegnano cosa sia e cosa non sia l’evoluzione culturale. Questi luminosi astri alto-borghesi, che passano più tempo a farsi inquadrare dalle telecamere che coi pazienti, ci illuminano d’immenso pronunciando la parola rivoluzione come se avessero partecipato, assieme ai loro compagni di partito, alla presa della Bastiglia, anziché a quella della pastiglia a loro più funzionale.
Paolo Crepet, classe 1951, figlio di Massimo Crepet, un tempo pro-rettore dell’Università di Padova e professore di Clinica delle Malattie del Lavoro nello stesso Ateneo, definisce la confessione pre-mortuaria della Murgia, niente po’ po’ di meno che rivoluzionaria. Sì, perché a suo dire, quel marketing politicizzato mascherato da intimistica rivelazione universale, farebbe cadere il tabù sulla morte. A nostro parere l’unica cosa che fa cadere sono le braccia, per non dire altro. Ma forse noi siamo cretini: “qualche cretino”, precisa il figlietto del papi, “dirà che è esibizionismo”. Ma quale esibizionismo!? Ci troviamo di fronte a una delle tante operazioni pubblicitarie che vanno tanto di moda oggi. Sì, perché, siccome nessuno legge più, e anche per colpa di gente come lui e la Murgia, si mette in scena una rappresentazione che esalti il personaggio. Chi non ha arte, fa la parte.
Ad ogni buon conto non sapevamo che i morituri non avessero voce. Noi, che siamo ingenui, pensiamo che chi non abbia voce siano i lavoratori sfruttati che muoiono sul lavoro, pagati due soldi perché in Italia non c’è nemmeno il salario minimo garantito. E ancora pensiamo che a non aver voce siano gli intellettuali che non vogliono schierarsi e farsi una tessera di partito; i figli degli operai che vogliono fare attività culturali e trovano tutte le porte chiuse perché davanti a loro sfilano quelli come Crepet. Chi è che non ha voce, dunque, i ricchi morituri di partito, che hanno reso la scrittura una barzelletta politicizzata e ben schierata, oppure le persone che non hanno un’adeguata assistenza sanitaria perché la sanità italiana fa pena? Cosa c’è di rivoluzionario nel dire che si ha il cancro? Migliaia di personaggi noti ed arcinoti lo hanno dichiarato! Era rivoluzionario anche l’allenatore del Bologna, Sinisa Mihajlovic? In caso affermativo, come mai Crepet non gli ha attribuito lo stesso attributo conferito alla Murgia? Nulla di rivoluzionario in realtà in questa esternazione relativa ad una patologia inguaribile, in una società in cui la morte possiamo vederla in diretta. Quindi forse è meglio essere cretini che finti rivoluzionari.
Poi non riusciamo a capire a quale titolo Crepet nel 2013 sia stato presidente della Giuria dei Letterati del Premio Campiello. È forse uno scrittore? Non ci sembra. Non pare che raggiunga nei suoi libri, un valore letterario tale da giustificare la sua presenza in una giuria per assegnare il Campiello. A parte sfornare libri divulgativi di una banalità sconcertante su come educare i figli, sul rapporto dei giovani con la criminalità, con i genitori, etc. etc., non ci sembra che sia Calvino che non era uno stinco di santo nemmeno lui, ma perlomeno sapeva scrivere, era scrittore. Crepet cosa è? Uno psichiatra, sociologo, opinionista. Come psichiatra dovrebbe sapere che il tabù della morte non è nemmeno un tabù. Le ricerche accademiche che evidenziano come la morte sia diventata un tabù sono davvero poco convincenti. Basta scendere dalla cattedra e aprire un social per accorgersene. Le persone non hanno problemi a comunicare la morte dei loro parenti e amici o fare addirittura giochi facebookiani che prevedono ora e data della loro morte in modo scherzoso. Di morte si parla di continuo, nei giornali, nelle trasmissioni televisive che mostrano certe guerre in diretta, dimenticandosi di altre; fanno vedere corpi straziati dalle bombe, bambini piangenti che hanno perso la madre, morti ovunque. Il morto non è un tabù ma una notizia.
Louis-Vincent Thomas, antropologo francese che constata che il mondo contemporaneo anziché celebrare i propri morti, li fa semplicemente «sparire», forse non si è reso nemmeno conto che anche in passato il cadavere era oggetto controverso di cui si temeva il ritorno. C’è ampia letteratura su questo. Basta leggersi Ernesto de Martino invece di pigolare in tv. Niente di nuovo dunque. Non c’è nessun nuovo tabù. La gente parla di morte tranquillamente perfino al tanto aborrito bar. La Murgia non ha rivoluzionato nulla, anzi una cosa l’ha fatta, è riuscita a farsi consacrare scrittrice di regime senza aver mai scritto nulla di significativo, semplicemente facendo il volantino vivente. Anche questa, signori e signore, è un’arte.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Anziché fumar la pace con il fido calumet
    fuma morte e ribellione lo psichiatrico Crepet!
    Cambi aria e scenda in Puglia : l’Aquilone della Murgia
    ossigenerà il cervello e non lodi Micky Murgia
    le cui ciotole ora vende strapazzando milze e cuori
    con lo splendido imprimatur garantito Mondadori.
    La scrittrice sta benone, la divulgan TV e radio:
    altroché spezzare i cuori coi tumori al quarto stadio!

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