Un classico diventa classico?

Un classico diventa classico?

Un classico diventa classico?

Un classico diventa classico?

Un classico, credit Mary Blindflowers©

 

Un classico diventa classico?

Mary Blindflowers©

 

Apro fb stamattina, leggo: “Condivido poco i contemporanei. Non so perché, aspetto che diventino Classici probabilmente. Li leggo e attendo…”
Contemporanei scritto con la c minuscola, classici con la c maiuscola. Un libro diventa un libro soltanto dopo che è stato deciso dall’alto. Chi decide e perché che un testo debba diventare un classico? Il sistema di potere perché il libro si accorda con i valori dominanti. Lo stesso sistema accademico-politico (nella fattispecie quello inglese) che prima decide che i libri di Orwell sono classici, ossia autorevoli, in grado di resistere nel tempo per il messaggio universale che contengono, oggi decide di eliminarli dai programmi universitari, perché “pericolosi”, un po’ troppo scomodi e politicamente non corretti.
Le definizioni di Calvino su che cos’è un classico, sono aleatorie, sfuggenti: “un classico è un libro che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui; un classico provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso; è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire; di un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima”, etc. etc.
Tutte definizioni al positivo: “è sempre meglio leggere un classico che non leggerlo” e via dicendo.
Mica vero e mica sempre. Ci sono classici illeggibili.
Ma cosa significa in realtà classico?
Un libro diventa classico quando il mainstream decide che dobbiamo leggere una data opera letteraria perché approvata dal sistema critico-politico dominante. L’opera diventa quindi “canonica”.
Nell’Ottocento l’editoria si è industrializzata, è diventata da fenomeno elitario, tipico dei salotti, un fenomeno popolare. Nascono i libri a larga diffusione e lettori nuovi, addirittura si scrivono libri “per ragazzi” e libri “per ragazze”, in modo da “educare” ciascun genere alla morale corrente.
Libri oggi insopportabili come Piccole donne sono diventati dei classici, nonostante la morale in essi contenuta sia piuttosto stantia, le descrizioni decisamente snervanti e lo stile abbastanza ordinario. I libri della Alcott non hanno superato la loro epoca però sono stati un fenomeno di costume ampiamente ascrivibile alla letteratura di massa.
Se un classico è tale perché conserva il suo valore attraverso il tempo, perché dà messaggi che vanno oltre il periodo in cui è stato scritto, Piccole donne ha fallito lo scopo.
Eppure chi attende che un classico diventi un classico, pubblicizza la Alcott senza difficoltà. Ma ha mai letto Piccole donne? Sono esplicitati punto per punti in modo stucchevole i precisi doveri di una donna del secolo XIX: concludere un buon matrimonio, essere caritatevole, avere spirito di sacrificio, senso della patria, cucire, cantare prima di andare a letto, tenere pulita la casa, andare a qualche festa e divertirsi in modo più controllato possibile per non suscitare scandalo o pettegolezzi sempre dietro l’angolo. Sono valori di una società borghese bigotta e maschilista in cui il ruolo del maschio era giocato “all’esterno”, carriera, successo, ruolo sociale, quello della donna nell’intimità domestica. Tant’è che i classici dedicati specificamente “ai ragazzi”, parlano di avventure meravigliose per terra e per mare, di isole sconosciute, di tesori da recuperare, di dinamiche tutte giocate al di fuori delle mura domestiche.
A nessuno oggi verrebbe in mente di censurare un articolo su Piccole donne ma a molti viene in mente di applicare la censura su 1984 o La Fattoria degli animali che sono attualissimi invece e descrivono perfettamente i meccanismi del potere, lo stesso che decide cosa possa e debba essere un classico. E qui siamo al serpente che si morde la corda e si fa pure male.
La letteratura occidentale è soltanto un grande bluff, vive nell’ufficializzazione, nella canonizzazione del libro.
Senza il parere ufficiale dell’establishment, il lettore medio non osa parlare di un libro, lo legge e attende, attende che la gallina faccia l’uovo, che qualcuno avente “autorevolezza” dica: puoi parlarne, quello ora è un classico! E questo qualcuno a sua volta è stato imposto da qualcun altro imposto da qualcun altro in stile catena di Sant’Antonio.
Ma se un autore non appartiene alla classe sociale giusta, se il libro è scomodo perché non segue la moda imposta dall’alto nel momento storico in cui nasce, chi decide che sarà un classico? Nessuno, ovvio.
Cosa leggiamo dunque noi?
Machiavelli al servizio del Princeps, ma non Traiano Boccalini, il pacifista che è il più classico dei classici perché ha superato il suo tempo. Peccato che al potere non piaccia e nessuno o quasi lo conosca.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Ci sono pezzi delle Georgiche che gonfiano i maroni dopo due versi con le descrizioni tecniche dei lavori agricoli. Ci sono poesie erotiche di Catullo Orazio e Marziale tranquillamente lette nei licei e sono di una volgarità universale. Saffo delicatissima sempre viene data col contagocce. Di “Eyes Wide Shut” m, sintesi di un’orgia massonica, non ci sono repliche in TV, Nessuno sa che fine ha fatto “La verità sta in cielo” sul caso Emanuela Orlandi. Si diventa classici ope temporis necessitatis!!!

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