Aldo Borlenghi, saggistica inutile

Aldo Borlenghi, saggistica inutile

Aldo Borlenghi, saggistica inutile

Aldo Borlenghi, saggistica inutile

Aldo Borlenghi, Leoaprdi, 1938, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Aldo Borlenghi, saggistica inutile

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Aldo Borlenghi (Firenze, 1º dicembre 1913 – Milano, 1976) è stato un poeta, critico letterario e accademico italiano, figlio di Enzo Borlenghi, (in Italia occorre sempre essere figli di qualcuno per essere presi in considerazione), compositore e musicista, nonché direttore dell’Istituto musicale “Luigi Boccherini” di Lucca.

Nel 1938 Aldo pubblica Leopardi, dato alle stampe da Sansoni. Se esistesse una categoria libri inutili, questa pubblicazione starebbe ai primi posti. Un testo ripetitivo, ci dice innumerevoli volte che Leopardi era interessato al nulla; discutibile, alcune frasi vengono buttate sulla pagina con un afflato lirico-retorico che si avvoltola penosamente su se stesso; citazionista: non fa che citare parti delle opere di Leopardi ripetendone a pappagallo i concetti senza alcuno spirito critico. Il testo nulla apporta di nuovo a quanto chiunque possa apprendere da solo leggendo le lettere dello stesso Leopardi che, tra l’altro, sono molto più interessanti di questo polpettone pseudo-dotto.

La convinzione che la grande stagione della critica sia oggi finita, mentre nel passato i critici fossero affar serio, è smentita da questo libro, puramente pleonastico che non offre al lettore nessuna approfondita analisi sui testi del poeta recanatese, ma è stato scritto tanto pour écrire, perché se si è critici secondo il parere del mainstream, oltre a qualche pessima poesia, qualche sciocchezza bisogna pur scriverla.

La prosa del saggio di Borlenghi si incarta costantemente in un lirismo inerte e privo di mordente critico, con frasettine che non significano nulla, oppure offrono un’interpretazione che glissa sulla visione critica di Leopardi verso la società del suo tempo, rimpicciolendola e immeschinendola in un puro sfogo personale:

Il disordine, comunque sia, che ha precipitato il Leopardi nel nulla, non esisteva nella sua infanzia, né gli era dato dalla natura; di qui l’accusa alla civiltà, alla società, al pensiero stesso.

 

In pratica se Leopardi critica il suo tempo, ciò sarebbe dovuto non ad una società salottiera e malata, corrotta fin nel midollo, ma ad un disordine personale del poeta. Il ragionamento è il medesimo di quelli che oggi dicono che chiunque critichi il sistema e gli scrittori che ne fanno parte, sia solo un invidioso.

Silenzio infatti sulle considerazioni leopardiane relative all’inciviltà dei salotti, troppo scomode per essere riportate nel saggio di un critico affermato.

Il Borlenghi riporta una citazione di Leopardi tratta dalle Epistole:

 

… non ho ancora veduto il mondo, e come prima lo vedrò, e sperimenterà gli uomini, certo mi dovrò rannicchiare amaramente in me, non già per le disgrazie che potranno accadere a me, per le quali mi par d’essere armato d’una pertinace e gagliarda noncuranza, né anche per quelle infinite cose che mi offenderanno l’amor proprio, perché io sono risolutissimo e quasi certo che non mi inchinerò mai a persona del mondo, e che la mia vita sarà un continuo disprezzo di disprezzi, e derisione di derisioni… 

 

Ecco l’illuminato commento di Borlenghi:

 

V’è il segno di una lunga abitudine al pensiero, e quel rannicchiarsi e non inchinarsi rappresenta quando tumulto si sentimenti fosse nello stato di nulla, di vero. V’è una espressione morale che indica già quanto complesso e pieno di contrasti fosse il suo sentire (p. 47).

 

Laddove Leopardi esplicita una certezza, quella di non adeguamento alla piaggeria e la ribadisce con forza, con sicurezza estrema, addirittura prevedendo il suo comportamento futuro riguardo al suo eventuale ingresso nel mondo, Borlenghi parla di contraddizioni e contrasti. Dove c’è chiarezza di intenti e illuminata coscienza e socratica conoscenza di se stesso, Borlenghi in totale malafede, vede confusione e complessità.

La grande stagione della critica è stata anche questo, complicare e manipolare il semplice, a favore di una narrativa ufficiale a cui Leopardi, per le sue idee innovative e fuori dal coro, è stato sempre un poco antipatico.

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Te ci hanno mannato a quer paese, Borlenghi?
    Io ce sto da tempo! E te che fai? Nun venghi?

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