Leopardi, dio, uovo e gallina

Leopardi, dio, uovo e gallina

Leopardi, dio, uovo e gallina

Leopardi, dio, uovo e gallina

Gocce su contenitore di plastica, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Leopardi, dio, uovo e gallina

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Leopardi era ateo oppure credeva in Dio?
Come chiedere se sia nato prima l’uovo o la gallina, insomma una domanda a cui il poeta ha risposto, se soltanto più di qualcuno si prendesse la briga di leggerlo, invece di contare le gocce d’acqua dentro un contenitore di plastica pensando di trovarvi chissà quale arcano.
Il filosofo e poeta di Recanati si rivolge sempre alla natura, mai a Dio, ha rifiutato di abbracciare la carriera ecclesiastica che gli avrebbe procurato innegabili vantaggi economici.
Leopardi era più interessato allo studio della natura e del nulla che non a quello su dio. Ma i cattolici non ammettono questa sua indifferenza verso l’entità divina e utilizzano perfino le espressioni di congedo e saluto o le frasi fatte presenti nelle sue lettere, per sostenere che credesse in Dio:

 

Al fratello Carlo, 1836:

Carluccio mio, ringraziato Dio che finalmente rivedo i tuoi caratteri… grazie a Dio il pagar l’importo di una lettera non mi è d’incomodo…

 

A Pietro Giordani, 1817

Oh Dio! Non sapete in che pena sono stato in questi giorni per voi… É un pezzo che mi son risoluto di non risolvermi, se non dio sa quando…

 

Al padre, 1826:

Seppi a Ravenna il tumulto di Sinigallia e fu per questo che pregai Paolina a darmi subito notizia del ritorno dei fratelli, che ora sento da lei e ne ringrazio Dio.

 

Leopardi usa continuamente nelle lettere espressioni come per l’amor di Dio, grazie a Dio, a Dio piacendo, perfino quando parla di clisteri:

 

Al padre, 1825:

grazie a Dio posso aggiungere di star meglio… grazie a Dio sto meglio, vado senza lavativo…

 

Ancora oggi c’è chi sostiene che queste espressioni indicherebbero la fede di Leopardi. Un po’ riduttiva come interpretazione. Poi c’è il filone catto-contemplativo, quello che sostiene una sorta di prova ontologica indiretta. Leopardi osservava la bellezza del creato, quindi siccome il creato lo avrebbe fatto Dio, possiamo pensare che credesse in Dio. E questa formuletta sillogistica degna di un asilo nido, ancora viene reiterata da lettori e commentatori cattolici, ma in Leopardi non vi è nulla che puzzi di incenso e sagrestia.
Basterebbe leggerlo invece di discettarne a vanvera:

 

In somma, il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo etc. E tutte le cose sono possibili, cioè non v’è ragione assoluta perché una cosa qualunque, non possa essere, o essere in questo o quel modo ec. E non v’è divario alcuno assoluto fra tutte le possibilità, né differenza assoluta fra tutte le bontà e perfezioni possibili… Un primo ed universale principio delle cose, o non esiste, né mai fu, o se esiste o esistè, non lo possiamo in niun modo conoscere, non avendo noi né potendo avere in menomo dato per giudicare delle cose avanti le cose, e conoscerle al di là del puro fatto reale. […] La necessità di essere, o di essere in un tal modo, e di essere indipendentemente da ogni cagione, è perfezione relativa alle nostre opinioni ec. Certo è che distrutte le forme platoniche preesistenti alle cose, è distrutto Iddio.

Giacomo Leopardi, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura (Zibaldone di pensieri), 1341-1342, Luglio 1821.

 

In pratica questo è agnosticismo, ci sta dicendo che non sappiamo nulla perché dal nulla veniamo e al nulla torniamo e queste sue parole annullano ogni discussione di lana caprina sulla sua presunta quanto inesistente fede in dio con buona pace dei veterocattolici.

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