Il pianeta Innocuo-nulla

Il pianeta Innocuo-nulla

Il pianeta Innocuo-nulla

 

Il pianeta Innocuo-nulla

Il pianeta Innocuo-nulla, grafica Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Il pianeta Innocuo-nulla

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Sfrigolio di insecto-bacheche facebookiane che come iperuraniche cadute dal pianeta Innocuo-nulla, postano di continuo poesie vuote di vecchi tromboni deceduti da secoli nel seno e coseno del mainstream più accentratore e pro-privilegiato che esista, tutto questo mentre si finge una rivoluzione delle lettere inesistente e si divaga su nuvole e cieli di poetica pallidità votata alla totale inerzia contenutistica del nome noto, sfrittellato in tutte le salse e servito ai boomers di riferimento della propria comfort-zone.
Così direttori matusa di piccole case editrici che non distribuiscono alcunché ma fingono di essere importanti, oppure poetesse over 60 che non conosce nessuno ma pensano di essere grandi in virtù della magnificenza delle loro rughe, postano, e per ingraziarsi la grossa editoria che a loro dire, osserverebbe (povere illuse), traggono fuori dalla polvere vecchie glorie che nessuno legge più e non senza motivo.
L’operazione di recupero si rivela utilissima in caso si tratti di poeti dimenticati perché invisi al potere o lasciati a giacere nella polvere in quanto politicamente non aderenti alla moda del partito dominante, ma diventa interessato elogio quando si recupera il vuoto a perdere con la buona etichetta del sistema, poeti innocui che si aggirano nella natura tra erbette e lune che giridondolano su se stesse pro partito innocuità e consenso.
Tuttavia il recupero dell’innocuo serve per attirare simpatie. In genere chi non gradisce guarda e passa, chi piace sforna e sfiorina cerimoniosamente un like di pietà emotiva più che di conoscenza.
Lo stesso sistema dei like infatti non si basa affatto sulla ricezione della qualità e del contenuto ma su un moto di pietà solidale, di simpatia umorale che non corrisponde mai al reale interesse provato dal soggetto che nel mondo virtuale, come del resto in quello quotidiano, è libero di fingere e di mingere su personaggi che da un giorno all’altro diventano antipatici. Così si parla tanto della corruzione e stupidità creata dai social come se fossero i social a far diventare stupido chi lo è già, come se non fosse lo stupido medio ad avvicinarsi ai social e non il contrario, come se fosse il social a costringere l’imbecille medio a ripetere a pappagallino la splendida frase classista di Eco sui cretini da bar. Eppure Eco è stato superato, ampiamente, dato che adesso quelli della sua casta, gli accademici letterati, che ora in tv sono stati soppiantati da virologi e politologi, arrivano nei social e si rivelano più imbecilli degli imbecilli da bar, perché alla stupidità e incapacità dialettica, uniscono la boria di casta baronale, quella che gli fa emanare sentenze e guardare tutti quelli che leggono con una punta di autocompiacimento, serie “io so io e voi…”.
Il marchese del Grillo almeno era simpatico e aveva il senso della giustizia pur nella burla feroce, invece i nuovi-vecchi accademici marinati nei social sono antipatici, spesso ignoranti e sentenziosi, non ammettono di essere contraddetti ma solo lodati e riveriti.
Stesso meccanismo che ritroviamo alla base dei poeti postanti vecchie trombe. Se si osa contraddire la validità della musichetta emanata dai logori strumenti, si attivano meccanismi di difesa e di repulsione ad oltranza, il postante si risente come se avesse ricevuto un’offesa personale e da qui il rifiuto al dialogo, l’isterismo.
Che senso abbia fare un post pubblico se si vogliono soltanto commenti positivi io non so, non arrivo a capirlo, forse è un mio limite il pensare che se non si vuole essere criticati forse è il caso di leggere i propri poeti preferiti o i propri componimenti soltanto alla nonna affetta da sordità, sbracata nel salottino di casa, evitando le bacheche dei social dove tutti possono leggere.
La regola non scritta è stare zitti se non piace. Lo dicono in molti. Questa però è una forma di terribile autocensura che fa sentire tutti molto belli e bravi, protetti dentro un sacro uovo a doppia ipocrita foderatura, un guscio dentro cui compaiono tre poeti e due pittori, sempre gli stessi, quelli gravati da più disgrazie possibili magari, perché la disgrazia (altrui ovviamente), fa sentire decisamente meglio ogni buon spirito mediocre che si rispetti, dato che può esercitare il suo pietismo evangelico e sembrare più buono di quel che non sia. Se poi la poesia nemmeno la si legge, pazienza, sono particolari ormai questi, di trascurabile importanza strategica nell’economia generale di ogni discorso social e non social dove perfino una fetta di salame può sembrare un pianeta.

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Thinking Man

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Se ci rompono i maroni,
    noi che amiam esser volponi,
    domandiamo a chi censura
    del felino la bravura
    che poeta a loro piace
    da incensare in modo audace.
    Senza dar contrargomenti
    noi li bannerem sgomenti
    anche se più che volponi
    noi appariamo gran striscioni!

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