Maschera, sé, Pirandello, Veneziani

Maschera, sé, Pirandello, Veneziani

Maschera, sé, Pirandello, Veneziani

Maschera, sé, Pirandello, Veneziani

La maschera, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Maschera, sé, Pirandello, Veneziani

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Pirandello è stato anche il cantore dell’alienazione borghese, di quella visione del sé “da fuori” da cui alcuni suoi personaggi sono investiti. Si tratta di una sorta di bilocazione spirituale che anziché avvenire quando si è moribondi, avviene quando si è sani e ancora in vita. Il legame tra vita e morte così si assottiglia notevolmente, perché “conoscersi è morire”, concetto presente anche in tanta filosofia esoterica. Esempio emblematico di questo approccio critico è “La carriola”, novella che ha per protagonista un uomo arrivato, avvocato, professore, con moglie e figli a carico. Un uomo che sente un profondo senso di estraneità e dopo un viaggio in cui si accorge per la prima volta che avrebbe potuto essere qualcos’altro da ciò che gli altri gli hanno imposto di essere, e vivere una vita diversa da quella che è stato deciso che egli viva, guarda se stesso come se guardasse un’altra persona. L’uomo nudo, così bilocato, frantumato ma finalmente sveglio, si accorge di essere come un morto, insoffribile perfino a se stesso, odioso, attento solo al suo status sociale, ai suoi doveri, al suo prestigio. Il borghese ridestato, fa un’analisi filosofica dell’umanità. La maggior parte degli individui sgomita e non si dà pace finché non raggiunge una posizione nel mondo, uno stato. Una volta raggiunto, gli uomini “credono di aver conquistato la loro vita e cominciano invece a morire”. La forma raggiunta infatti è il guscio di un moribondo che non riesce a vedersi più per come è in realtà, adottando un punto di vista obiettivo ed esterno. Quindi la maggior parte degli individui pensa di essere viva mentre in realtà giace morta.
Il caso dell’avvocato pirandelliano è ancora più grave, perché egli d’un tratto sente di non essere più vivo ma anche di non essere mai stato vivo:

 

Mi hanno preso come una materia qualunque, hanno preso un cervello, un’anima, muscoli, nervi, carne, e li hanno impastati e foggiati a piacer loro, perché compissero un lavoro, facessero atti, obbedissero a obblighi, in cui io mi cerco e non mi trovo… E ho nausea, orrore, odio di questo che non sono io, che non sono mai stato io; di questa forma morta, in cui sono prigioniero, e da cui non mi posso liberare… cose vuote, cose morte che mi pesano addosso, mi soffocano mi schiacciano e non mi fanno più respirare. 

 

Poi si profila l’idea della liberazione. E se l’uomo in prigione di un se stesso che non è se stesso provasse a liberarsi?
Impossibile perché “nessuno può fare che il fatto sia come non fatto, e che la morte non sia, quando ci ha preso e ci tiene”.
Quindi l’alienato pensa, nel silenzio del suo ufficio, di crearsi uno spazio segreto in cui possa e debba essere se stesso, per pochi minuti. Prende le zampette di dietro del vecchio cagnolino e gli fa fare la carriola, come un bimbo che gioca. Nessuno lo vede e si sente appagato.

In un recente articolo: Momenti di trascurabile pidocchieria, Marcello Veneziani le cui analisi sono sempre piuttosto “pirandelliane”, descrive l’alienazione contemporanea in altro modo:

 

Come è bello risparmiare due centesimi a litro sulla benzina appena rincarata dopo che hai girato sei distributori sprecando il triplo di quel che hai risparmiato. Come è bello trovare per terra una moneta da un euro, anche da mezzo. L’unico imbarazzo è chinarsi a prenderla, sperando che non ti veda nessuno. Ma una moneta trovata vale più di cento guadagnate. Ci sono pidocchierie minime e inconfessabili che offrono miserabili ma genuine felicità.

 

Siamo in piena logica pirandelliana, quella della maschera borghese. La genuina felicità dell’inconfessabile, conquistata di nascosto, attenti a che gli altri non ci vedano e riecco Pirandello ne “La carriola”:

 

Appena posso, appena qualche cliente mi lascia libero un momento, mi alzo cauto, pian piano, dal mio seggiolone, perché nessuno s’accorga che la mia sapienza formidabile di professore di diritto e di avvocato, la mia austera dignità di marito, di padre, si siano per poco staccate dal trono di questo seggiolone, e in punta di piedi mi reco a spiare nel corridoio, se qualcuno non sopravvenga; chiudo l’uscio a chiave, per un momentino solo; gli occhi mi sfavillano di gioia, le mani mi ballano dalla voluttà che sto per concedermi, d’esser pazzo, d’esser pazzo per un attimo solo, di uscire per un attimo solo dalla prigione di questa forma morta…corro a lei, alla cagnetta che dorme sul tappeto; piano, con garbo le prendo le due zampine di dietro e le faccio fare la carriola, le faccio muovere cioè otto o dieci passi, non più, con le sole zampette davanti, reggendola per quelle di dietro. Questo è tutto. Non faccio altro. Corro subito a riaprire l’uscio adagio adagio, senza il minimo cricchio e mi rimetto in trono sul seggiolone, pronto a ricevere un nuovo cliente, con l’austera dignità di prima… 

 

In sintesi se trovate una moneta da un euro per terra e questo vi dà felicità, raccoglietela senza preoccuparvi se qualcuno vi vede, e non preoccupatevi nemmeno di sembrare poco seri se fate fare la carriola al vostro cane e vi fa sentire felici. Il vero ridicolo è la sola maschera del sé, la finzione.

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