Scherzi umani e animali

Scherzi umani e animali

Scherzi umani e animali

Scherzi umani e animali

Vedi il lupo? Credit Mary Blindflowers©

 

 

Mary Blindflowers©

Scherzi umani e animali

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Il rispetto per gli animali che purtroppo ancora oggi non tutti hanno introiettato, nemmeno in passato era così scontato, anzi, men che mai. Dalle lettura de Le veglie piacevoli del Manni, 1815, vera e propria miniera di aneddoti su personaggi e vite di secoli passati, si evince che gli animali potevano essere utilizzati anche in scherzi di cattivo gusto.
Nel capitolo sulla vita di Agnolo di San Gherardo, nominato per motteggio Ser Benghi Battilano, perché voleva imitare i cavalieri, si racconta di una giostra a Peretola in cui un malcapitato cavallo viene impiegato per fare un terribile scherzo allo stesso Agnolo allora settantenne. Ser Benghi venne invitato alla giostra, quindi si comprò per l’occasione un cavallo alto ma magro “che sembrava il ritratto della fame”, un elmo e le armi. Gli amici di Agnolo appesero di nascosto un cardo sotto la coda del cavallo che poveretto, iniziò a scalciare e a correre verso Firenze come un forsennato per il gran dolore, seminando lo scompiglio tra la gente che si chiedeva cosa stesse succedendo a quella bestia e perché si agitasse tanto. Soltanto dopo parecchio tempo qualcuno riuscì a prendere il cavallo per le redini e calmarlo mentre Agnolo in sella era più morto che vivo, non potendo quasi parlare per il dolore. Per levargli l’emo dovettero usare un martello:

 

Dislancianli l’elmo, non voleva uscire, e vi bisognò adoprare il martello… Trattogli da più d’uno l’elmo alla meglio, che si poté col comprimer la carne, il capo suo pareva un teschio di morto. E già stato tratto giù dalla sella con fatica, e con suo gran duolo, e tale, che non si poteva reggere in piede. Fu d’uopo pertanto trascicarlo su un letto…

 

Quando l’ex proprietario del cavallo, ridendo, si lamentò per scherzo delle condizioni in cui era stato ridotto anche l’animale, Agnolo, nella sua dabbenaggine diede la colpa alla bestia:

 

Quando il padrone seppe il lazzo compassionando scoppiava dalle risa, e giugnendo in la camera dove Agnolo disteso era, non si poté astenere di dargli la baja…: Almeno mi avessi tu detto di andare a Peretola per giostrare quando accettasti il mio cavallo, che non me lo avresti così guasto, e rifinito come ora è, giacché non era animale da giostra…
Dice Agnolo: Guasto ha egli me, che io credo che sia una bestia restìa. Maladetto quando vi salii sopra… Quel maladetto cavallo mi ha ammazzato: io non provai mai bestia peggior di quella. Allora quei del cardo ridevano, che non ne potevan più… (Manni, Le veglie piacevoli, Gaspero Ricci, 1815, pp. 6, 7).

 

 

Un altro episodio ha come protagonista un lupo.
Il lupo nell’immaginario collettivo ha sempre purtroppo incarnato il negativo e l’oscurità del male, per via di un rapporto complicato coi pastori e con gli abitanti dei villaggi dove spesso si spingeva perché sentiva fame, è stato sempre perseguitato.
Ne Le Notizie di un giovane Brandani, Manni racconta che sentendo ululare un lupo, un garzoncello, per paura, si infilò dentro una botte “sfondata ma ritta” con dentro un poco di fieno. Il lupo però si accostò alla botte sfregandovisi contro fino a che casualmente la sua coda entrò nel foro della botte e il garzone la tirò mentre la bestia fuggiva. Nel correre la botte cadde addosso al lupo tanto che l’animale morì:

 

Così stando, ecco il Lupo odorando che si accosta alla botte, e a quella si comincia a fregare, e grattarsi, e così, seguitando, si dà il caso, che la coda sua entra pe’l cocchiume. Come il meschino si sentì dentro toccar dalla coda, credette quasi d’essere in bocca al Lupo, ma pure per un barlume accorgendosi di quel, che era, si mise a ghermire come poté, e tener forte la coda, e non la lasciò mai per quanta forza fuggendo facesse la bestia; la quale nel fare uno sforzo maggiore, e nel correre la botte cadeva ad esso Lupo addosso, e lo percuoteva, e lo infragneva. Durò alquanti passi quel rotolar della botte; ma la bestia condottasi a tale angustia, e a tali percosse, che non ne poteva più, rimase semiviva e morì… (Manni, pp. 16,17).

 

La sfida di una società evoluta potrebbe consistere proprio in una serena convivenza con la natura. Purtroppo gli uomini non riescono a convivere pacificamente nemmeno tra loro, figuriamoci con gli animali da sempre sfruttati, uccisi, coinvolti in guerre assurde. Eppure già Empedocle aveva capito la necessità di una armonia universale. Soltanto che in pochi ormai lo leggono.

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