Svevo, letteratura, un bluff

Svevo, letteratura, un bluff

Svevo, letteratura, un bluff

Svevo, letteratura, un bluff

Muri, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Svevo, letteratura, un bluff

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Senilità venne pubblicato nel 1898 dalla Libreria Editrice Ettore Vram.
La seconda edizione revisionata dello stesso romanzo, vide la luce soltanto nel 1927 a Milano per i tipi di Giuseppe Morreale.
Come premessa a questa edizione, Italo Svevo pubblicava una sua interessantissima lettera da Trieste, datata 1° marzo 1927, in cui spiegava alcune cose che fanno riflettere su come la fama letteraria esuli completamente dall’opera stessa e dalla sua qualità.
La Coscienza di Zeno è un libro meno stilisticamente maturo di Senilità, eppure appena venne pubblicato, ottenne immediatamente il successo sperato.
Svevo dice apertamente che fu grazie ad un suo amico, Silvio Benco, se si parlò del suo romanzo subito dopo la pubblicazione: “Il Benco, che mi concesse la sua amicizia fin dalla prima giovinezza, dedicò un articolo, di cui sempre m’onoro, a La Coscienza di Zeno, subito dopo la pubblicazione, nel 1923″.

Sull’onda del Benco, ecco l’anno successivo Ferdinando Pasini che scrisse, a sua volta, una buona recensione del romanzo e divenne da quel momento amico di Svevo.

Altra sorte ebbe Senilità. Ce lo dice lo stesso Svevo nella suindicata lettera del 27: “Questo romanzo non ottenne una sola parola di lode o di biasimo dalla nostra critica… Mi rassegnai al giudizio tanto unanime (non esiste un’unanimità più perfetta di quella del silenzio), e per venticinque anni m’astenni dallo scrivere”.

Senilità viene investito da un silenzio così agghiacciante da spingere Svevo a non scrivere per venticinque lunghi anni. Che senso ha scrivere se si viene ignorati? Ce lo chiediamo in tanti! Poi nel 1927 Lazzaro risorge. James Joyce lo loda e fa il miracolo di Cristo. Svevo non ha paura di dircelo (ammirevole soltanto per questo): “Questa seconda edizione di Senilità fu resa possibile da una parola generosa di James Joyce, che per me, come per un vecchio scrittore francese (Edoardo Dujardin), seppe rinnovare il miracolo di Lazzaro”.

Dopo che il solito noto impose il giudizio, gli altri ovviamente tutti appresso:

 

La mia fortuna non s’arrestò qui: uomini del valore di beniamino Crémieux e Valéry Larbaud mi regalarono il loro tempo e il loro affetto. Così poté avvenire che quasi metà del numero del 1° febbraio dell’anno scorso della rivista Le Navire d’Argent poté essere dedicata a me. Il Crémieux vi pubblicò uno studio sui miei tre romanzi… e il Larbaud quella di parte di due capitoli di questa vecchia Senilità. La predilezione del Larbaud per questo romanzo me lo rese subito caro come nel momento stesso in cui l’avevo vissuto. Lo sentii subito nettato da un disprezzo durato per trent’anni, cui, per debolezza, avevo finito con l’associarmi…

 

A questo punto una riflessione sul grande bluff rappresentato dalla letteratura, è d’obbligo.
Se James Joyce non avesse speso una parola a favore di Senilità, forse il romanzo sarebbe stato ignorato per altri trent’anni, se non per sempre.
La notorietà passa attraverso la notorietà, un meccanismo perverso e immeritocratico che esclude dalla rosa dei talenti, chiunque non abbia familiarità o conoscenza del noto.
Il silenzio su un’opera letteraria equivale alla sua morte civile, viene unanimemente dichiarata inesistente.
E quante opere vengono condannate ancora oggi al silenzio soltanto perché l’autore non è amico di un critico o di un giornalista e non conosce persone note e autorevoli?
Troppe.
Dunque che cos’è la letteratura se non un grande inganno?

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Comment (1)

  1. Paolo Dursndo

    Io ho sempre preferito Senilità a La Coscienza di Zeno.
    Ed è vero: esiste solo ciò di cui si parla. Di molte opere non si è mai parlato e magari ci sono sfuggiti capolavori…

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