Ucraina, manicheismo radical chic

Ucraina, manicheismo radical chic

Ucraina, manicheismo radical chic

Ucraina, manicheismo radical chic

Antique Engraving Print, Lichen, 1813, credit Antiche Curiosità©

 

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Ucraina, manicheismo radical chic

.

La visione manichea del mondo, il ragionamento da lichene ammannito dalle propagande è sempre avvolto nella falsità del punto di vista mai disinteressato.
Il bene e il male non sono mai così netti, ci sono sempre nella storia del passato e in quella attuale varie sfumature di grigio che la stampa perlopiù al servizio dei governi, è solita ignorare per intonare favole che zoppicano nascondendo la malattia sotto un manto di bellezza artefatta e di democrazia preconfezionata, quella che caccia i suoi figli prediletti dal Paradiso appena dicono ciò che Dio non si aspetta che dicano. E se nella fattispecie il Paradiso è l’Università dove soltanto pochi santi entrano, la democrazia non sembra accorgersene, tanto i metodi di ragionamento baronale sono ben noti a tutti e non meraviglia più nessuno nemmeno la censura e l’abolizione della libertà di pensiero.
L’indagine sugli effetti, tralasciando le cause e puntando il dito sul pazzo, sul mostro, sullo zar orribile che avrebbe da solo scatenato una guerra, rischia di farci scivolare nel riduttivismo spiccio, nell’osservazione del danno, senza capire quale concatenazione di eventi abbia scatenato una reazione che poi ha innescato altre repliche.
La stampa monta l’indignazione popolare, la paura, lo sconcerto, veicola l’iper-informazione capziosa e a buon mercato, gli schieramenti delle pecore che camminano e si allineano senza capire perlopiù nulla, perché il target oggi è la non conoscenza, meno si capisce, meglio si sta, l’importante è puntare il dito.
Il buono, il mostro e il capocomico aggredito?
La realtà ridotta così a un trittico da primina semplificato, non sarà forse un attimo più complicata?
Da cosa nasce una pianta, sia essa buona o cattiva? Che radici ha? Perché un vulcano esplode? Perché c’è una guerra? C’era una volta in un Paese freddo un cattivo dal cuore freddo che si svegliava una mattina ed avendo digerito male i syrniki, decideva di aggredire un Paese confinante?
È davvero così? Questa è la storiella che ci raccontano?
La geopolitica ha ragioni che lo stomaco delicato delle masse non intende.
La paura fa credere a tutto, anche al manicheismo riduttivo bene-male e crea fazioni pro e contro, perché la guerra non solo uccide, ma divide chi vive in ridicoli schieramenti.
Si litiga dunque nei salotti occidentali per decidere chi è il vero mostro, si associa il cattivo a famosi serial killer edonistici psicopatici che agiscono senza scopo, dimenticando che la guerra ha più di una causa e che, se un avvocato incontinente piscia ai confini della vostra casa, ripetutamente, dopo averne distrutte molte con fracasso, come un elefante impazzito dentro una cristalleria, forse un attimo di reazione, anche se non siete dei pazzi o dei mostri, potreste anche averla, dato che non vi chiamate Gandhi e non siete per nulla dei santi pronti al martirio. La reazione era prevedibile, ma tutti fingono meraviglia. Sono i trucchi della democrazia imperfetta, quella stessa che, anziché spegnere il fuoco, lo alimenta con le armi e dice che mandando armi si diventa pacifisti. E gli stessi benpensanti che fino al giorno prima gridavano all’armonia universale sulla terra, ora spingono per l’invio di aiuti militari.
Il capocomico populista ragiona da attore impreparato, uomo che chiede ed ottiene armi per una guerra che non può vincere, e non c’è bisogno di essere dei militari per capire questo.
Così si costringono pure i civili ad abbracciare la presunta causa di libertà di un Paese dove soffiano potenti venti nazi-fascisti contro i quali nessuno, e tanto meno il primo attore, mai si è scandalizzato più di tanto perché la democrazia occidentale si scandalizza sempre a comando, a seconda di come decide il buono di turno che poi, a ben guardare, tanto buono, non è. Rappresenta infatti un Paese che ha “esportato” la democrazia della morte nel mondo.
Allora ci chiediamo, chi è il buono, chi il mostro, in questa commedia in cui un capocomico forse pensa che sia solo un film recitato male?
Cappellini su “Repubblica”, 4 marzo 2022, gioca la carta del buono e del cattivo a priori sulle stesse modulazioni di frequenza ed ampiezza, stigmatizzando semplicisticamente come giustificazionisti o filorussi coloro che non pensano alle armi come soluzione del casus belli e recitando la tiritera astorica e un poco infantile dell’aggressore e dell’aggredito, dopo aver puntato il ditino radical chic sugli effetti e mai sulle cause:

 

Forse per la prima volta dal secondo dopoguerra c’è qualcosa che non torna e non basta nelle posizioni di chi grida: pace! Il pacifismo ha una lunga e ammirevole storia. Nel secondo dopoguerra ha rappresentato il sentimento di popoli che avevano conosciuto l’orrore delle guerre mondiali e consideravano loro missione principale quella di consegnare ai propri figli un mondo non più regolato dai conflitti armati come metodo di risoluzione delle controversie. Così recita anche l’articolo 11 della nostra Costituzione figlia della liberazione dalla barbarie nazifascista. Ma l’invasione russa dell’Ucraina non è una guerra nella quale le due parti in conflitto hanno deciso di usare le armi per regolare la loro diatriba. C’è un invasore e un invaso. C’è un aggressore e un aggredito. C’è uno Stato che pretende di esercitare il proprio dominio su quelli confinanti e un altro che vede negato il proprio diritto alla sovranità, all’autodeterminazione e in definitiva alla libertà, collettiva e personale. La pace è un obiettivo fondamentale, ma che significa, in concreto, invocarla quando una delle nazioni in causa dice all’altra “sottomissione o guerra”? Per aggirare questa domanda c’è chi ha provato a rispondere con il giustificazionismo. L’aggressore non è solo aggressore, anzi sarebbe per certi versi il primo aggredito, spaventato dall’espansione della Nato ai suoi confini. Dunque la Russia non avrebbe propositi imperiali o revanscisti, bensì solo la necessità di ristabilire un equilibrio turbato dalla crescita impetuosa del fronte avverso. È una posizione filorussa…

 

Ma Cappellini si chiede se prima del 2014 e della crisi del Donbass di cui si guarda bene dal parlare, la Russia abbia mai posto un prezzo alla pace ucraina? A chi è mai stata asservita l’Ucraina dalla caduta del muro di Berlino fino a una decina di giorni fa? Saremmo desiderosi di farcelo spiegare da lui e da tutti i manichei in libera uscita da una settimana a questa parte. Si è domandato se è normale che una regione che godeva di benessere economico tale da dar vita a una compagine sportiva come lo Shakthar a Donetsk, con imprenditorialità capace di importare capitali sudamericani e assurgere a notevolissimi livelli competitivi internazionali, dal 2014 in poi, per colpa dei bombardamenti del governo centrale di Kiev, ha dovuto vedere i propri professionisti emigrare nella capitale per poter svolgere la loro professione? Ce lo faccia cortesemente sapere e poi se gli avanza un poco di tempo, potrebbe anche farci sapere come possa l’invio di armi fungere da cerotto su un bubbone ormai scoppiato e non provocare altri inutili morti tra i civili ma lauti guadagni a chi quelle armi le vende, creando un’escalation di violenza che di pacifista ha davvero ben poco.

.

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Destrutturalismo

Christ was a female

Video – The Black Star of Mu

 

 

 

Post a comment