Grottesco, riso, carnevale, letteratura

Grottesco, riso, carnevale, letteratura

Grottesco, riso, carnevale, letteratura

 

Grottesco, riso, carnevale, letteratura

Antique Handmade African Tribal Mask, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Grottesco, riso, carnevale, letteratura

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Geschichte der grotesken Satyre di Schneegans, data alle stampe nel 1894, è una corposa opera sul grottesco che vede nell’esagerazione fantastica un modus per criticare cultura e società dominanti. Bachtin in L’opera di Rabelais e la cultura popolare, osserva che Schneegans coglie soltanto l’aspetto in negativo del grottesco, trascurando quella che può essere chiamata iperbolicità positiva del principio materiale e corporeo, la forza rinnovatrice e rigeneratrice del riso. Il grottesco medioevale e rinascimentale in cui la dirompente forza carnevalesca e irriverente di personaggi fuori dagli schemi, è in grado, con un riso travolgente, di ridicolizzare le strutture dominanti, di rigenerare dissacrando, è diverso dal grottesco del secolo XIX, il grottesco da camera, “carnevale vissuto in solitudine con la coscienza acuta del proprio isolamento”. Mentre il grottesco medioevale è come un esorcismo liberatorio e collettivo, utile attraverso l’iperbole, a liberare il mondo da tutto ciò che è spaventoso, rendendolo luminoso e pieno di gioia, vincendo la paura col riso, nel grottesco romantico c’è un ripiegarsi verso l’intimità dell’io, verso i problemi della coscienza individuale. Nel grottesco modernista invece è il mondo esistente a diventare improvvisamente estraneo, ostile. Le immagini medioevali legate alla morte in cui si percepiva il comico, vengono risolte nel Romanticismo in un tono più uniforme e piatto, che elimina il comico dalla tragedia del morire divenuta devastazione tutta al negativo. Il grottesco romantico predilige i toni scuri, la notte, mentre il grottesco popolare preferiva la luce, il momento in cui essa vinceva l’oscurità.
Il diavolo nel grottesco medioevale era trattato come un “gioioso portavoce di punti di vista non ufficiali”, ma nel grottesco romantico diventa seriamente l’incarnazione del male, di una forza terribile di cui aver paura. Così, con una breve dissertazione sul grottesco, Michail Bachtin introduce la sua opera su Rabelais e sul riso, il carnevale e la festa. Al di là delle differenze tra diversi tipi di grottesco, possiamo affermare, senza paura di sbagliare, che esso consista esattamente, in qualunque forma lo si usi, nell’affermazione di un mondo altro che metta in discussione attraverso il deforme, l’esagerazione iperbolica e il riso, il sistema dominante e dogmatico. Il grottesco è un anti-dogma per antonomasia che attraverso il deforme esalta il sublime, secondo un procedimento che partendo dal basso contesta l’alto.
Nonostante il saggio di Bachtin sul valore rigenerante del grottesco, sulla sua volontà di rinnovare il mondo in barba alle verità precostituite, ancora oggi il termine grottesco si carica di una luce negativa. Considerato come una sottocategoria del comico, esso viene spesso relegato, letterariamente parlando, ad un ruolo marginale e scomodo. Siccome il grottesco contiene in nuce una critica della società, del mondo, dei valori dominanti che rovescia, non tutti sono in grado di digerirne le metafore. Perfino Hegel ne ha ignorato la vera portata:

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Hegel ignora totalmente il ruolo organizzatore del principio comico nel grottesco e considera ll grottesco al di fuori di qualsiasi legame con la comicità… Bisogna dire che nel successivo sviluppo dell’estetica filosofica fino alla nostra epoca, il grottesco non è stato né capito né valutato nel suo giusto valore, e non c’è stato posto per questo genere nel sistema dell’estetica (M. Bachtin, L’opera di Rabelais nella cultura popolare, Einaudi, 1979, p. 53).

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Eppure già Pinskij aveva dato una definizione molto precisa di grottesco:

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Nel grottesco la vita passa attraverso tutti gli stadi, da quelli inferiori, inerti e primitivi, a quelli superiori più mobili e spiritualizzati, in una ghirlanda di forme disparate che testimonia la sua unità. Avvicinando ciò che è lontano, mettendo in relazione ciò che si esclude a vicenda, violando le nozioni abituali, il grottesco in arte è simile al paradosso in logica. Ad un primo sguardo il grottesco è soltanto spirituale e divertente, mentre esso cela tante possibilità (L. E. Pinskij, Il realismo dell’epoca del Rinascimento, Loskva, 1961, pp. 119-20).

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Anche oggi chi sceglie, specie in Italia, un registro di scrittura anti-classico e iperbolico, viene punito e relegato nello scompartimento “argomenti poco seri”, laddove il serio è dato da una letteratura talvolta opaca nella sua banalità e fin troppo lineare nello svolgimento della trama, un tipo di opera che non scuote le acque, che non polemizza, che ricalca tematiche amorose secondo l’etica dei buoni sentimenti ufficiali. È pure vero che gli scrittori che sanno trattare il grottesco, senza scadere nella volgarità gratuita o nella banalità, sono pochi, perché è molto più semplice, contrariamente a quanto si possa comunemente pensare, avvalersi di un realismo scontato piuttosto che manipolare la materia bassa, l’iperbole, il bizzarro, il deforme e il riso ai fini di una contestazione dello stesso sistema che decide chi deve essere letto e in che misura e chi no; dunque il grottesco in letteratura è diventato sinonimo di ridicolo per gli spiriti sciapi, perché quando una materia è difficile da manipolare la si snobba, in modo da elevare forme d’arte meno complicate e contenutisticamente meno disturbanti.

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Rivista Il Destrutturalismo

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