Pandione, affrettate conclusioni accademiche

Pandione, affrettate conclusioni accademiche

Pandione, affrettate conclusioni accademiche

 

Pandione, Affrettate conclusioni accademiche

Mary Blindflowers, “By mistake born”, mixed media on paper, 40 x 30 cm.

 

Mary Blindflowers & Mariano Grossi©

Pandione, affrettate conclusioni accademiche

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Nelle Metamorfosi (VI, 667-74) Ovidio dedica qualche verso alla trasformazione di tre personaggi mitici in uccelli:

corpora Cecropidum pennis pendere putares; pendebant pennis. Quarum petit altera silvas, altera tecta subit neque adhuc de pectore caedis excessere notae signataque sanguine pluma est. IlIe dolore suo poenaeque cupidine velox vertitur in volucrem, cui stant in vertice cristae, prominet inmodicum pro longa cuspide rostrum; nomen epops volucri, facies armata videtur

Si sarebbe potuto ritenere che i corpi delle Cecropidi pendessero dalle penne; e davvero ne pendevano. Ma di esse una si diresse verso i boschi, l’altra andò sotto i tetti né a tutt’oggi dal loro petto sono scomparse le tracce della strage e la piuma è segnata col sangue. Lui, veloce e per il proprio dolore e per la brama di vendetta, fu mutato in un uccello che ha sulla testa delle creste e un enorme becco prominente al posto della lunga asta; il nome di questo uccello è upupa, la sua faccia pare armata.

La maggior parte delle fonti accademiche ricorda questo passaggio relativamente al mito delle figlie di Pandione trasformate in usignolo e rondine. Ecco Ciappi:

“L’atto conclusivo della fosca favola di Tereo, Procne e Filomela consiste, come è noto, nella metamorfosi in uccelli dei tre sventurati protagonisti della sanguinaria vicenda, metamorfosi a cui Ovidio dedica pochi ed essenziali versi (vv. 667-74):

corpora Cecropidum omnis pendere putares; pendebant pennis. Quarum petit altera silvas, altera tecta subit neque adhuc de pectore caedis excessere notae signataque sanguine pluma est. IlIe dolore suo poenaeque cupidine velox vertitur in volucrem, cui stant in vertice cristae, prominet inmodicurn pro longa cuspide rostrum; nomen epops volucri, facies armata videtur.

La descrizione stessa degli uccelli è limitata a brevi tratti fondamentali, specialmente per quanto riguarda I’usignolo e la rondine, mentre qualche particolare in più viene fornito a proposito della meno nota upupa”.(1)

In realtà nei versi citati da Ciappi, Ovidio non nomina mai né l’usignolo né la rondine, ma soltanto l’upupa. Come fa dunque a dire che la descrizione degli uccelli è limitata a brevi tratti fondamentali? Poi continua, arrivando anche a delle conclusioni:

La questione più significativa ed importante riguardo alla descrizione ovidiana delle metamorfosi delle due Pandionidi concerne, tuttavia, come è ben noto agli studiosi delle Metarnorfosi, non tanto lo studio dei probabili modelli seguiti da Ovidio, quanto I’esatta interpretazione dei mutamenti subiti dalle sorelle: infatti il nostro poeta, pur specificando chiaramente che esse si trasformano una in usignolo e I’altra in rondine, a prima vista però sembra lasciare nell’indeterminatezza quale delle due si muti in usignolo e quale in rondine. Il nostro poeta quindi, al di sotto di un’apparente indeterminatezza, per ciò che riguarda la descrizione della metamorfosi delle due Pandionidi, sembra intessere nella propria narrazione alcuni indizi precisi che paiono permettere al lettore dotto ed accorto di comprendere la versione del mito che qui viene seguita, ossia quella che prevedeva il mutamento di Procne in rondine e di Filomela in usignolo.. (2)

Il problema è che nelle Metamorfosi di Ovidio usignolo e rondine, a differenza di quanto scrive Ciappi, non sono mai nominate, nemmeno una volta. Il testo ovidiano parla soltanto della trasformazione di Tereo in upupa. La conclusione a cui arriva Ciappi è soltanto dedotta dall’analisi di altre fonti latine e greche e dell’Ars Amatoria che l’autore infatti cita, dando però vita a pagine piuttosto confuse in cui sembra che rondine e usignolo vengano citate nelle Metamorfosi. Anche L. C. Rossi cita l’usignolo boccaccesco in relazione al libro VI delle Metamorfosi, testuale:

Per attuare il gioco metaforico, di per sé già efficace a livello di codice linguistico, Boccaccio sceglie opportunamente non un uccello qualsiasi, ma quello che, forse più di altri, ha ricevuto una forte connotazione simbolica a partire dal mito ovidiano di Filo-mela/Filomena (Met. VI, v. 421-674) tanto forte da imporre per antonomasia il termine Philomela accanto a Luscinia, con ulteriori sviluppi nelle letterature e nel folclore europei, e passibile di lettura ora profana ora sacra. (3)

Completamente inopportuna la citazione di Rossi perché… (Continua su Destrutturalismo n. 1).

Note:

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Libri Mary Blindflowers

Thinking Man editore

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

 

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