Di Mary Blindflowers©
Le strutture elastiche dell’erba
cedono al peso di un assioma di lumache,
controbaracche, perizoma di ville gracche
ormai in rovina, rumore di cantina,
evidenziato di piume sdilerba
nell’acume pungente dei laghi,
non c’è nulla che piaghi di più la luce
del controsenso degli occhi
sfiniti dentro secchi egotici.
Sapevi tu che i gabbiani hanno sensi edipici,
nevrotici? Che il volo è condizionato dal fast food?
Sapevi e sai che il mondo non è mai ciò che dai,
non è nemmeno Robin Wood?
Le strutture elastiche dell’erba
modificano attese,
circonflesse tra lo spazio e le riprese
dove tutto muta senza muovere passo,
dove il colibatterio insinua musiche da svasso
nella camera sublime delle cime editoriali,
lì tutto è patinato,
lucidato d’eco nei corridoi sepolcrali.
Non resta che uccidere lo spettro,
abbottonarsi la camicia che non hai,
osservando giochi d’altri a pugno stretto.
Non resta che la notte a noi plebei,
la sua feroce sagoma di guai,
non resta che l’erosione dei Flegrei.
(16 ottobre 2017)
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