Uomo-macchina, Intelligenza artificiale

Uomo-macchina, Intelligenza artificiale

Uomo-macchina, Intelligenza artificiale

Uomo-macchina, Intelligenza artificiale

La sirena della propaganda, tecnica mista su tela, Mary Blindflowers©

 

Uomo-macchina, Intelligenza artificiale

Mary Blindflowers©

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Premetto che quello che leggerete sarà un non-articolo, ossia un innocente pour parler nato dall’osservazione.

In un gruppo postano la solita biografia su Lucio Fontana, scrivo due righe innocentissime: “Si può discettare a lungo sull’arte concettuale, imbastire ogni tipo di filosofia, dire questo e quello, spacciare tre tagli per profondità d’abisso o di bisso, la realtà è che Fontana, tagli o meno, che piaccia o che non piaccia, senza chi lo ha propagandato, sarebbe oggi un artista come tanti, perlopiù ignorato perché la cultura occidentale si basa sulla propaganda e su agganci importanti, il resto è filosofia da salotto”.
Arriva un gentilissimo signore che ha scritto nel profilo il suo nome e titolazione d’Accademia di Vattelapesca artisticanti di Brera e mette a commento del mio intervento la faccina che ride, poi mi dice che avrei “preso d’aceto”, quindi mette due chincagliose parolette sbagliando la forma e gli accenti, farfuglia qualcosa sul fatto che ogni artista si dovrebbe contestualizzare e lo dovrebbero fare solo i titolati, cioè in pratica lui e chi si serve del truogolo da dove mangia e si abbevera. Gli altri dovrebbero stare zitti. Argomentazioni profonde quanto tre tagli su una tela. Pluralismo e dialettica che vanno a farsi friggere, oltretutto tentativo piuttosto maleducato di censura. Ho infatti espresso un parere educato, si può essere d’accordo, si può non essere d’accordo, ma trovo piuttosto stupido mettere faccine e rispondere con battute risentite e filo-accademiche che sono essenzialmente non-argomenti. Si può a questo punto perdere tempo con i portatori di imbecillità che hanno tutto l’interesse a non argomentare? Una volta bannati possono farsi da soli le battute imbecilli allo specchio e un’insalatina all’aceto dentro i banchi dell’Accademia dei titolati vattelapescati, se ne hanno voglia. Ma il problema che voglio affrontare in questo non-articolo semiserio, al di là della situazione contingente che, tra l’altro, è piuttosto comune, è proprio il fatto che il non-argomento si sia ufficializzato, ossia gente che pensa di saperla lunga e di dare lezioni al mondo, per rispondere a chi non la pensa come lei, usa una tecnica comunissima che è quella di non argomentare affatto. Il suindicato titolato infatti avrebbe potuto manifestare il dissenso opponendo un ragionamento lucido e pacato, ma ha preferito la via opposta, quella che dice che solo lui e i suoi compagni di merende possiedono autorizzazione a ragionare e che gli si deve credere sulla parola, insomma per fede, per dogma, come accade nelle religioni rivelate.
Sulla basi di quali prove storico-scientifiche o filosofiche, il suindicato professore dell’Accademia di Vattelapesca, possa poi negare una realtà sostanziale che è da tempo sotto gli occhi di tutti, ossia che la fama dipende dalla propaganda e non solo dal talento, io non so.
Carlo Carrà, per esempio, non aveva alcuna difficoltà ad ammettere nella sua autobiografia la potenza della propaganda per la costruzione della sua stessa fama. E Carrà era leggermente più “titolato” di un Pinko vattelapescato la cui unica qualità specifica è solo quella d’essere imbottito di quattrini.
Il problema è che non siamo dei robot e l’arte non è una religione o una giustificazione per fede ma un campo minato che può servire come occasione per pensare. L’arte vera non pretende affatto un’adesione pedestre e incondizionata al suono di un nome, bensì dialettica e pensiero trasversale. Se si censurano questi due elementi si ottiene un risultato opposto, un feticcio finto da dare in pasto alle masse, rendendole ebeti. Ogni volta che qualcuno vi dice che solo un titolato può avere un pensiero sull’arte ma non riesce a confutare quello che dite, sta imboccando una strada senza uscita che vuol farvi diventare delle macchine, robot che likano solo il nome imposto, senza ragionare; robot che non hanno pensieri critici, che non osano andare oltre l’apparenza per paura di essere criticati o giudicati poco preparati o superbi.
Se sono poi così titolati coloro che vogliono censurare, perché non confutano?
Non possono, semplicemente perché non hanno argomenti e si trincerano dietro lo schermo di un nome, di un titolo conquistato chissà come, con la tessera di un partito, con l’unzione dei meccanismi giusti, con i quattrini. Ed è anche vergognoso, oggi nel 2024, che un soggetto filo-accademico che si ritiene titolato, di fronte ad un ragionamento tranquillo e pacato, non sia in grado di ragionare, di rispondere adeguatamente e dica come un oste il cui vino è annacquato: “hai preso d’aceto”.
Che differenza c’è tra quest’uomo e una macchina? Non agisce forse egli come un robot telecomandato e non pretende dagli altri la stessa stupida robotizzazione di pensiero?
L’intelligenza artificiale è un megaplagio che nasce come forma mentis indotta da un sistema che esisteva già in teoria da molto tempo, infatti che cosa è il citazionismo compulsivo se non un megaplagio decontestualizzato? E cosa è quella tv, quell’informazione mediatica che ci induce sempre a non pesare che con il cervello altrui, messaggi già filtrati dai Qualcuno? Cosa è l’ammirazione incondizionata che ci insegnano a scuola, se non l’induzione a non pensare più con la propria testa ma con quella altrui, assemblando dati già esistenti creati da altri e mettendoli insieme? E che cos’è quella forza che spinge un imbecille a definirsi titolato in arte pretendendo che tutti la pensino allo stesso modo uniformato secondo dati già propinati dal potere economico e politico?
Ma non avete capito che l’I.A. esisteva già? Esiste da secoli, dal momento in cui vi dicono che se non sei qualcuno non sei autorizzato a pensare. Che differenza c’è tra un macchina che ti mette insieme cose già viste e una persona che ti dice che solo i titolati devono pensare? Nessuna. Siamo noi l’I.A. La macchina non pensa, mette insieme dati, ma sono anni che la gente fa lo stesso. E gli stessi che si scandalizzano per la macchina, pensano come una macchina.
Un mio contatto fb ha fatto un esperimento pubblicando una poesia creata dall’intelligenza artificiale, di base un vera ciofeca, però ho letto anche altre poesie di gente che ha riso leggendola e commentato con una certa saccenteria e ho riso leggendo le loro, di poesie. Non c’è alcuna differenza tra una poesia brutta creata da una macchina mettendo insieme a casaccio pezzi di roba già vista e una persona che fa una poesia brutta mettendo insieme pezzi di roba già vista. In entrambi i casi il risultato è zero.
E non c’è nessuna differenza tra una macchina e un imbecille che pensa di avere la verità in tasca sulla base di dati percepiti come dogma e delle sue tasche gonfie.
L’uomo-macchina esiste da tempo, l’I.A. applicata all’arte è solo la manifestazione più eclatante della non-personalità fallita di certi ominidi e del loro tentativo di renderci tutti robot telecomandati.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

Comments (2)

  1. Giuseppe Ioppolo

    Il “mantenere la distanza” di coviddiana memoria aveva un duplice significato, uno quello dichiarato, di proteggerci dai possibili contagi dell’altro visto più come nemico da evitare che come portatore di una diversità da accettare e fare propria.
    Il secondo non dichiara e perciò agente nel profondo in forma subliminale, era quello che si doveva interrompere quel piano egualitario tra i cittadini che la costituzione in un certo qual modo aveva fino a quel tempo favorito. Mantenere le distanze perciò assumeva il significato di “ristabiliamo le distanze… e sia chiaro, noi siamo noi e voi siete un cazzo”.
    Questa l’epoca riaperta dallepopea covid. Il sapere, i saperi camminano per titoli, raccomandazioni, casate. pedigree. I titoli scolastici da soli non sono sufficienti per accreditarti presso le agenzie formative e informative che fanno trend, hai bisogno della presentazione, della raccomandazione del titolato a farlo… perché, parliamoci chiaro, noi siamo noi, i potenti, e voi non siete un cazzo. Distanze ristabilire. Bassetti va in televisione e da negazionista diventa affermativo: il covid c’è ed è cattivo e solo il vaccino è in grado di salvarci. È vero? e chi se ne frega il Potere ha bisogno di questa propaganda pseudo scientifica e Bassetti è titolato per farlo. È addirittura docente e professore. un dotto e sapiente per definizione. Ah! le distanze!

    1. Destrutturalismo

      Qui si parla d’altro, ma va bene lo stesso…

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