Siamo pieni di moralizzatori

Siamo pieni di moralizzatori

Siamo pieni di moralizzatori

Siamo pieni di moralizzatori

Mele marce, credit Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Siamo pieni di moralizzatori

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Siamo pieni di moralizzatori, di figli di Rettori o comunque cattedratici che ci dicono come dobbiamo vivere, e questi gnognori tutti belli azzimatelli, sistemati, assettatuzzi, come direbbe il Boccaccio, fanno ai poveri mortali nessuno figli di nessuno, lezioni indimenticabili di retorica stantia poi condivisa a manetta nei social da fans più o meno convinti di aver sentito l’oracolo di Delfi incarnato e sceso a miracol mostrare, guarire gli scrofolosi del pensiero e scacciare ogni punto nero dal viso delle dea ubbidisco. Arriva dunque il solito professorone, oramai incanutito, anche i ricchi invecchiano perché vecchiaia e morte sono le uniche vere democrazie esistenti, a pubblicizzare il suo nuovo librino, l’ennesimo che più o meno dice le stesse cose di tutti gli altri, sfornati come biscotti industriali per un’editoria di figli di… L’esimio nostro eroe del giorno che dura anni grazie a tv e giornali, non contento di sfracellare gli zibidei sui social, dove trova fertile terreno di condivisioni perché la madre dei cretini è sempre in attesa, si rivolge alle aule scolastiche dove il sommo sommario banalizzatore d’enigmi degni di una pecora, ci benedice i figlietti e i nipotini discoli con precetti da baci al cioccolato e biscotti della fortuna (perlopiù la sua). Ergo, il sommo sommariamente riduttivista rampollo vecchio, mostrando il suo completino color lavanda spenta e i suoi anelli, tira fuori dal secchio del suo cranio la domanda oracolosa e contagiosa: “Ragazzi cos’è che vi farebbe svegliare un’ora prima la mattina?” E qualcuno più sveglio degli altri risponde: “la sveglia”, intelligenza pratica e sintetica. Ecco che di fronte a una simile risposta, il vecchione, considerandola da secchione ma della spazzatura, si scandalizza non poco e secondo il copione gagà del buon benpensante medio, quindi tuona: “eh battutona, la verità è che questi ragazzi non hanno più sogni, né passioni… prendetevi la luna, il treno un’ora prima, bla bla…” Poi diventa nostalgico e si improvvisa nonnetto saggio, perché una volta sì che i treni… e esclama pieno di enfasi teatrale: “Quando vedevo alzare gli aquiloni ridendo come un pazzo ho capito che quella era la felicità, bla bla…”

Evidentemente questi grandi guru del pensiero non hanno mai preso un treno o un autobus in pieno inverno alle cinque di mattina per andare a scuola, sono troppo impegnati a ridere appresso agli aquiloni, inseguendo il vento, tanto il futuro per loro è sempre stato più che sicuro e garantito da papà. E la luna in Italia esiste solo per alcuni, pochi privilegiati ma non per altri. Non la si può prendere mica al lazzo come se fosse un pallone.

Andare in una scuola pubblica e sciorinare la retorichetta dell’uomo arrivato che coltiva le sue passioni, mi diverte, certo sarebbe ancora più divertente se questi imbonitori di piazza ben piazzati si limitassero a continuare a vivere come hanno sempre fatto, ossia nella corsia preferenziale della loro santa casta, invece di distribuire retorica guasta agli altri.

È proprio necessaria questa insopportabile campagna di finto moralismo?

Beh sì, necessaria affinché questi gurungurungà in stile gagà saggio, continuino a scrivere libri spazzatura facendo collage di tutte le belle frasi buoniste, concilianti e incoraggianti che si trovano nel fondo della scatola dei baci cioccolatosi, tanto gli idioti, gli omertosi e i seguaci del divo pronto e cuoci, condivideranno i loro pigolii e magari li ripeteranno al figlietto, dicendogli di alzarsi un’ora prima per andare a sentire le lezioni di cotanta sapienza e scienza infusa nel fango raccomandorio e mentitorio di un Paese che è tutto un elogio al pio pio, alle illusioni servite su un piatto d’argento e alla finzione.

Finto chi vuole moralizzare, finto chi lo segue.

Come diceva Giambattista Casti ne Gli animali parlanti, grande libro dimenticato e minimizzato perché scomodo, il Leone quando diventa Re è soltanto Re e non è più nemmeno leone, i suoi difetti non si vedono più, tutti se ne dimenticano e fingono che siano pregi, tutti adulano e si adeguano ai suoi comandamenti, aspirando ad un posto nella più falsa cortigianeria.

Casti si riferiva ad un vero Re, probabilmente a Luigi XVI, ma il ragionamento è valido anche per i reucci e i vassalli fatti a macchina e a tavolino che popolano il nostro stivale piccolino, perché la letteratura è immortale, la fuffa non tanto e prima o poi rende anch’essa il pianto.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

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