Joyce, religione, colonialismo, militarismo

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Militaria, credit Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Joyce, religione, colonialismo, militarismo

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Dissacrazione della religione, del concetto di eroe, del militarismo, della monarchia inglese, dell’upper class oxfordiana e del matrimonio tradizionale. Joyce demitizza i valori tradizionari e reazionari di un mondo in rovina e sfruttato. Racconta infatti in un paragrafo dell’Ulisse che sono le 17 in punto. Il megafono dà il segnale della preghiera, si scoprono le teste in segno di rispetto e anche un commendatore scopre la sua, levandosi “il sombrero patriarcale che è in possesso della sua famiglia dall’epoca della rivoluzione di Rienzi, essendogli stato tolto dal medico personale” (L’Ulisse, II edizione, Mondadori, 1960, p. 416). E già in questa frase si rileva la satira, Il dotto prelato poi “somministra gli ultimi conforti della santa religione all’eroe martire” (p. 416). Quindi c’è un giustiziere che decapita un gregge di pecore e dispone di vari ordigni per squartare, coltelli sbudellatori ben affilati, appositamente forniti da una ditta di coltelleria. Viene servito un pasto prelibato, uova, bacon, cipolle cotoletta, panini e tè fornito dalle autorità, cibo diviso tra i membri dell’associazione degli infermi e gli indigenti. Tutta la scena, abbastanza surreale in apparenza, in realtà carica di riferimenti storico-satirici, viene completata dall’eroe e dalla “pudica sposa promessa” che si butta “sul petto muscoloso di colui” che sta “per essere consegnato all’eternità per amor suo”. L’eroe, in una scena abbastanza ridicola, aderente al cliché dell’uomo-forzuto tradizionale, stringe virilmente la figura fragile e piangente della sposina a sua volta incarnante il cliché della fragilità femminea incapace di difendere se stessa senza un eroe di turno partorito dal ventre della tradizione. Copiose lacrime sgorgano “dai loro condotti lacrimali” e il popolo tutto si commuove. Arriva dunque “un laureato di Oxford” che esibisce “il suo biglietto da visita, il libretto degli assegni e l’albero genealogico” (p. 418). Ad ogni signora viene fatto dono di un presente di buon gusto “una spilla a forma di teschio con ossa incrociate, atto tempestivo e generoso” che provoca “un nuovo scoppio di emozione” (pp. 418-419). Ora tocca a “un giovane e galante Oxoniense” che porta “uno dei più rispettabili nomi nella storia d’Albione” e mette al dito della sua fidanzata “un costoso anello di fidanzamento, con smeraldi disposti a quadrifoglio” (p. 419), chiaro riferimento alla tradizione celtica. Il trifoglio era il simbolo della verde Irlanda ma qui Joyce vuole rafforzare la simbologia tradizionale, parlando di quadrifoglio che, essendo raro da reperire, diventa simbolo di buona fortuna, una virtù per ogni foglia: rispetto, abbondanza, amore, salute, tutte in mano al rappresentate della perfida Albione… Arriva dunque, a questo punto, il severo comandante dei gendarmi Tomkin-Maxwell ffrenchmullan Tomlinson. Questi sopraintende alla cerimonia. Il riferimento è probabilmente al generale Sir John Grenfell Maxwell, GCB, KCMG, CVO, DSO (11 luglio 1859 – 21 febbraio 1929), ufficiale dell’esercito britannico e governatore coloniale. Fu comandante in capo dell’Irlanda, e represse la rivolta di Pasqua del 1916, inclusa la supervisione delle corti marziali dopo la ribellione. Nell’Ulisse il personaggio entra in scena come un tipo di colonialista puro che ha “proiettato un numero considerevole di soldati indiani dalla bocca del cannone senza batter ciglio”, anche lui emozionato, tanto che “con il guanto di ferro” si asciuga una lacrima davanti ai “privilegiati cittadini” che hanno l’onore di far parte del suo entourage. Lo sfottò dei rappresentanti della monarchia britannica del resto aveva già assunto, nelle righe precedenti, toni espliciti in riferimento alla Regina Vittoria, emblema sempiterno del colonialismo e della propaganda imperialistica a cui Joyce fa il verso:

… l’immagine di una Regina di regal portamento, rampollo della casa di  Brunswick, Vittoria si nomava, Sua Eccellentissima Maestà, per grazia di Dio, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda e dei Domini britannici di là dal mare, regina, difenditrice della fede, Imperatrice d’India, colei che portava lo scettro, vincitrice di molti popoli, bene amata, poiché essi la conoscevano e la amavano dal sorgere del sole al calar del medesimo, i pallidi, i neri, i rossi, gli etiopi… (p. 405)

Si può dire che l’Ulisse è un grido costante contro valori fondamentali su cui si è fondata la violenza del colonialismo e non solo britannico. Parlando della colonizzazione del Congo da parte dei belgi l’autore non usa parole tenere e nemmeno in riferimento agli americani bianchi che hanno colonizzato l’America o ai sionisti che, sulla base di un libro sacro pretendono, da perseguitati, di perseguitare a loro volta, avallati dagli inglesi: “Mosè e la Terra Promessa, gliela abbiamo data noi l’idea…” (p. 203).  Argomenti attuali. Forse un poco scomodi in un’epoca in cui i vari generali prestati alla “libristica di massa” si sentono discendenti di Enea e altri eroi da esibire nei salottini bene.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Non solum, sed etiam… Joyce conosceva bene i classici e secondo me qui prende per i fondelli Cicerone che in varie orazioni e in primis la “Pro Murena” scrive: “summa dignitas est in iis qui militari laude antecellunt: omnia enim quae sunt in imperio et in statu civitatis ab his defendi et firmari putantur: summa etiam utilitas siquidem eorum consilio et periculo cum re publica tum etiam nostris rebus perfrui possumus “. Joyce invece irride questa supremacy militare. Un grande ribaltatore dei loci communes borghesi.

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