Bartolini, Il mezzano Alipio

Bartolini, Il mezzano Alipio

Bartolini, Il mezzano Alipio

 

Bartolini, Il mezzano Alipio

Bartolini, Il mezzano Alipio, Vallecchi, 1951, credit Antiche Curiosità©

Mary Blindflowers©

Il mezzano Alipio

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Il mezzano Alipio, di Luigi Bartolini, Vallecchi, 1951, è un libro detestabile, ma è proprio in questa sua ostentata e schietta detestabilità che risiede gran parte dell’interesse che può suscitare nel lettore perché descrive il contrasto tra campagna e città senza mimare l’identificazione del borghese con il contadino, operazione inutile oltre che fittizia, tentata invece dai neorealisti.
Il protagonista che poi è lo stesso autore che parla di sé, troppo direi, non finge, sa di non appartenere al mondo di Jazuela, la ragazza di Terracalata di cui è invaghito, e ce lo dice in modo odioso, sostenendo la sua superiorità misogina ma senza infingimenti limitatamente al suo ruolo sociale, fino a raggiungere punto estreme di gelosia mista a ridicolaggine, quando si chiama da solo poeta e quando costruisce una rudimentale cintura di castità per la sua bella, con pezzi di catenella presi dal ferramenta.
Jazuela è un’amante schiava, legatasi a un uomo che è già stato sposato, l’autore appunto, poeta e incisore, e molto chiacchierata nel paesetto. La ragazza è docile, servizievole come un cane e dà per scontato che i servizi domestici tocchino a lei. Jazuela pulisce, l’autore scrive e vive la relazione sentendosi “un uomo superiore” mentre invece è soltanto un misogino che rimprovera la ragazza se non fa i lavori domestici alla perfezione:

 

Ad un tratto io le ho fatto osservare che gli stivali miei, alti, quelli da cacciatore, da due giorni stavano sotto a un tavolo, infangati, come io ve li avevo lasciati. Di tale sua rilassatezza, incuria, ella avrebbe arrossito durante le prime settimane della nostra convivenza. Avrebbe arrossito; ed anche teneramente mi avrebbe chiesto scusa. Invece ora, mentre le facevo osservare che sarebbe stato necessario averli già nettati dal fango, ella non rispondeva nemmeno. Indispettito le facevo notare che appariva sudicio anche il ripostiglio sotto ai fornelli; e neppure, pulito, lo sciacquatoio; e che, anzi, ogni avanzo di cucina era stato gettato, da lei, lì sotto. Un tegame con macchie di sugo rappreso, una tazza di smalto sudicia, come sembrava, di cenere, e che già da una settimana avevo desiderato, e pregato, venissero nettati. (p. 171).

 

A una donna contemporanea verrebbe immediatamente l’istinto di tirarglieli in faccia gli stivali con il fango e tutto il resto ma non a Jazuela che generalmente ubbidiva e che si era lasciata mettere pure “la catenella di castità”. E il bello è che lo scrivente è tutto fiero del suo ruolo di borghese dominatore, tanto da inserire delle tiratine pseudo-filosofiche nel testo sul ruolo di donne e uomini, digressioni fastidiose che però riflettono la mentalità maschilista dell’epoca:

Vi sono femmine – ed in ispecie se son belle – che tutto vogliono per sé; niente vogliono rendere al loro uomo: e tali sono le parassite, le edere. Animali e piante parassite… è vano sperare che una donna, ponga, per amor nostro, la luna nel pozzo…

Poi si sbrodola da solo:

D’altra parte, un uomo come me, robusto di fisico, sano di idee, come fare senza una femmina? (p. 174).

Eh già come si fa che poi le mutande se le deve lavare da solo? Non si può!

Innestate malamente alla vicenda principale ci sono poi le digressioni sulla vita di città e sul ruolo degli intellettuali sempre pronti a salire sul carretto del vincitore e a tradire gli amici. La domanda che si pone il lettore è, ma chi scaglia la pietra è davvero innocente?
Si ha come l’impressione che non si salvi nessuno, tantomeno l’autore che fa troppe polemiche senza simbolizzazione, ossia come digressioni troppo personali e slegate dalla storia principale, tanto che ci si chiede se sia un romanzo o un libello polemico.
La polemica annoia se non è spersonalizzata, se non è universalizzata. Si evita la noia in questo caso soltanto perché Bartolini ha il pregio di una scrittura agile e a tratti funambolica anche se ha idee piuttosto arretrate sulle donne e si erge a difensore senza macchia e senza paura dell’onestà intellettuale, sentendosi un supereroe. Ma lo è davvero? Io penso di no, non è affatto convincente in questa sua separazione manichea tra buoni e cattivi, collocandosi ovviamente tra i primi. L’autore è vanitoso, autocompiaciuto, a tratti arrogante. Ma proprio in questo consiste il pregio del libro, come dicevo all’inizio, nei suoi difetti perché difettando mostra uno spaccato italiano, una mentalità, un modus vivendi del borghesotto costruito sull’idea della propria superiorità che si autoannulla e si contraddice da sola raggiungendo il totale ridicolo nella vita reale ostentata come martirio di un solitario, davvero poco credibile. Il sistema se sei un solitario non ti pubblica libri e non ti recensisce, decreta soltanto la tua morte in vita, ignorandoti. E non mi sembra che sia il caso di Bartolini.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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