Libri, recensioni, opinionismo social

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L’evasa, linocut, 30 x 22 cm. by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Libri, recensioni, opinionismo social

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Si presume che tutti gli animali dello stagno sappiano cosa sia una recensione.
Eppure a volte sono proprio i concetti più scontati ad essere travisati dall’opinionista medio stagnante e stagnato, infarloccato e dipinto di certezze.
In pratica ecco la recensione ben servita sul piatto ninfea blog, è una rana, frog che si gonfia per sembrare un bue, ma, non si sa bene sulla base di quale principio universale, esplicita e gracida troppo spesso, verità che ritiene inattaccabili. Anche la critica accademica subisce costanti revisioni del senso e critiche continue, altrimenti dopo anni e anni penseremmo ancora che il Decamerone, per dirla alla Branca, sia un’epopea di mercatanti.

L’opinionista invece no, non può subire critiche!  Supera in prosopopea perfino un cattedratico, anche se di letteratura spesso capisce men che nulla.

La confusione tra opinionismo e recensione impera e non solo nelle piattaforme virtuali, ma quel che è peggio, nei giornali, dove, del resto, il dilettantismo è diventato una regola costante, dove sciami di cervi volanti pensano di essere aquile e gruppi di rane gracidanti, buoi.
Ahinoi, tutti o quasi sono portati a pensare che la letteratura sia una facile materia emozionale e che quindi un libro si possa giudicare a seconda dell’umore del momento, dell’umidità dell’aria, dei propri reumatismi, delle febbri momentanee, dello specchio del mattino e che quindi tutti possano improvvisarsi critici letterari di talento semplificando il lavoro altrui in un momento di soggettività pura e assordante.
Mentre a nessuno verrebbe in mente di scrivere su un blog formule di astrofisica senza la necessaria preparazione, tutti si sentono recensori, cadendo nella trappola dell’assioma che vede la letteratura come una materia per tutti, dunque facile facile e riducibile, poveretta, al mi piace o non mi piace, tipico della politica da like.
Così ecco il classico riassuntino della vicenda del libro e poi vicino la mera opinione tipo è fiacco, è lento, non ha mordente, non tira un fendente rispetto ai libri precedenti, è troppo corposo, non mi ha emozionato (ma chi se ne frega!), oppure al contrario, bellissimo, mi sono identificato, emozionato.
Una recensione seria invece si compone di una premessa introduttiva che deve far capire anche a chi non ha mai letto il libro, anzi soprattutto a chi non ha letto, di cosa si tratta e cosa si vuol dimostrare; una parte centrale in cui si cerca di suffragare con esempi tratti dal libro la tesi indicata nella premessa, accennando magari alla trama en passant; una conclusione che deve essere il più possibile oggettiva, ossia deve basarsi sulle prove fornite nella parte centrale. Insomma è lo schema accademico che si segue per la saggistica. Non è che me lo sia inventato io.
Se per esempio si sostiene che un romanzo è fiacco o è scritto male, bisogna segnare e citare opportunamente le parti in cui si commettono errori tali da giustificare quello che noi stiamo dicendo, altrimenti diventa lettera morta, non dimostrata da nulla e la nostra parola, senza prove, non vale nulla perché non ci si improvvisa giudicanti tanto per fare, e non si recensisce per dispetto o per simpatia personale o per moda come spesso accade, ma per amor di verità e di letteratura.
La conclusione è tratta da una analisi minuziosa del testo che non si può semplicisticamente ridurre ad un gradimento soggettivo perché altrimenti tutto ciò che non ci piace diventa non letteratura e tutto ciò che ci piace letteratura, ma non è così.
Non amo particolarmente Joyce, tuttavia non posso obiettivamente dire che non faccia letteratura.
Personalmente preferisco di gran lunga le derive surreali kafkiane de le Metamorfosi al realismo joyciano di Gente di Dublino, ma questa è una mera opinione che non può e non deve diventare testo, anzi al contrario, occorre superare se stessi, sia quando si scrive che soprattutto quando si legge.
Quindi se analizzo un racconto di Joyce cerco di vederlo per ciò che è, valutandone lo stile e la profondità argomentativa che c’è tutta, per questo si deve parlare di letteratura, indipendentemente dal personale gradimento che non ha alcuna valenza critica.
Purtroppo il trascendimento oggi è sempre più trascurato a favore di un fittizio quanto insulso antropocentrismo di base che domina e impera sulle coscienze di improvvisati quanto inesperti recensori che si illudono di valutare un’opera letteraria sulla base di un riassuntino e poi dei propri gusti, delle proprie corde, come dicono in tanti. Con quelle corde possono sempre giocare a saltelli nei prati, forse in quel campo verde buono per le capre, rivelerebbero una maggiore competenza.
In alternativa possono sempre pensare che il cervo volante voli come un’aquila, insomma, basta crederci!

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