Buonamico Buffalmacco, diavoli, scarafaggi

Buonamico Buffalmacco, diavoli, scarafaggi

Buonamico Buffalmacco, diavoli, scarafaggi

Buonamico Buffalmacco, diavoli, scarafaggi

Buonamico Buffalmacco, diavoli, scarafaggi, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Buonamico Buffalmacco, diavoli, scarafaggi

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Boccaccio cita il pittore Buffalmacco in Decam. (VIII, 3) in riferimento ad una beffa giocata a Calandrino.
Tal Maso del Saggio, udendo della stupidità calandrinesca, decide di fargli una beffa. Incontratolo nella chiesa di San Giovanni, gli si avvicina assieme ad un suo compagno. Inizia a discutere vicino a lui della virtù di certe meravigliose pietre.
Calandrino, udendoli, decide di chiedere dove si trovino le pietre. Maso risponde che si trovano in Berlinzone, terra dei Baschi, in una contrada che si chiama Bengodi. Lì, afferma, si legano le vigne con le salsicce e sopra una grande montagna di parmigiano grattugiato, la gente non fa altro che maccheroni e ravioli cotti in brodo di capponi. Il cibo casca giù dalla montagna gratis per tutti. Nel Paese di Bengodi perfino il fiume è fatto di vernaccia che non contiene nemmeno una goccia d’acqua.
Calandrino vorrebbe andarci per raccogliere le pietre nere magiche di cui gli racconta Maso e in particolare l’elitropia, un tipo di pietra che rende invisibili. Racconta dunque tutto ai suoi compagni Bruno e Buffalmacco. Questi decidono così di cercare la pietra magica la domenica mattina discendendo al Mugnone.
Bruno e Buffalmacco raccolgono qualche pietra nera qua e là mentre Calandrino riempie il suo mantello di pietre. Dopo poco Bruno e Buffalmacco fingono di cercare Calandrino e di non vederlo. Questi, credendo di essere invisibile, torna a casa e notato che la moglie lo vede, la picchia di santa ragione. Da quello sciroccato misogino che è, non capisce di essere stato oggetto di uno scherzo, ma pensa che le “femine” facciano “perdere le virtù alle cose”, e che quindi sua moglie guardandolo avesse fatto perdere i super-poteri magici alla pietra.
Di Buonamico Buffalmacco parla anche il Manni ne Le veglie piacevoli, Tomo Terzo: “Buonamico per soprannome appellato Buffalmacco, figliuolo di Cristofano… ammesso alla Compagnia dei Pittori soltanto nel 1351”.
Manni racconta la sua vita faceta e sostiene che Buffalmacco era allievo di un noto professore di pittura, Andrea Tafo, con il quale abitava e che aveva la pessima abitudine, dormendo poco, di chiamarlo di notte:

 

… e nelle medesima Casa di lui convivendo, e dormendo in una Camera a muro a muro allato a quella del Maestro. Soleva Andrea, e come altrimenti si addimandava il Tafo, nel tempo delle notti lunghe d’Inverno, chiamare lo Scolare sull’ora, che suona il Mattutino per porsi a dipignere, ed avanzar tempo per la giornata. Or Buonamico, che come giovanetto aveva propensione, e bisogno di un maggior dormire di quel, che avesse Andrea attempato assai, pensò con una sottile astuzia, e nuova, di levar il vecchio dall’introdotta consuetudine di chiamarlo la notte con tanto suo disgusto, e diciamolo ancora, patimento. (Manni, Le veglie piacevoli, Gaspero Ricci, 1815, p. 4)

 

Per far passare al maestro la voglia di svegliarlo la notte, Manni racconta che Buonamico pensò bene di fare uno scherzo.
Prese dunque 30 scarafaggi o piattole piuttosto grosse, li mise in una cassettina in camera propria con altrettanti spilli e pezzi di stoppino cerato, aspettò che calasse la notte, quando il professore iniziava a svegliarsi, e ficcò gli spilli dentro il corpo degli scarafaggi “di sotto in su nelle loro reni, e su quelli i moccolini accesi acconciando”, li spedì nella camera del Tafo il quale, in un’epoca di superstizioni diaboliche, vedendo quei lumicini muoversi, iniziò a tremare, cacciandosi sotto le coperte per lo spavento. Credette infatti che gli scarafaggi luminosi fossero tanti Demoni, venuti a trovarlo di notte.
Quando i moccoli si spensero, molto più tardi, Tafo chiese a Buffalmacco se avesse visto nulla. Buffalmacco negò, anzi finse di meravigliarsi che il Maestro non lo avesse chiamato a lavorare di notte come faceva di solito. Né mancò, il Buonamico, dopo varie repliche dello scherzo, di dire al Tafo che la veglia non giovava a chi doveva dipingere i Santi, che non era bene farlo di notte. Per quindici notti dunque il Maestro dormì anziché chiamare Buffalmacco a lavorare di notte e i diavoli non si videro. Dopo questo tempo però il Tafo doveva consegnare un lavoro di pittura, quindi ricominciò a chiamare Buonamico per lavorare di notte. Buffalmacco così ripeté la beffa degli scarafaggi, sostenendo che i diavoli arrivavano la notte perché Tafo si ostinava a lavorare nelle ore in cui si dovrebbe dormire.
In questo modo Tafo si levò il vizio di far lavorare Buonamico nelle ore notturne.
Manni riferisce altri scherzi di Buffalmacco che descrive come “uno spirito bizzarro capace di trovare invenzioni ridicole” e doveva esser vero se anche Boccaccio si è divertito a ricordarcelo.

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