Pulzella d’Orléans, visionaria, santa?

Pulzella Orléans, visionaria, santa

Pulzella d’Orléans, visionaria, santa?

Pulzella Orléans, visionaria, santa

Gorres, La Pulzella d’Orléans, 1838, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Pulzella d’Orléans, visionaria, santa?

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La Pulzella d’Orléans, Opera tratta dagli Atti del Processo e dalle cronache contemporanee, di Guido Gorres, prima traduzione dal tedesco, Tipografia di Fr. Sambrunico-Vismara succ. a Pietro Agnelli nella contrada di S. Margherita, Milano, 1838, 404 pagine, tavola incisa in rame all’antiporta dedicata a una frase attribuita a Giovanna: “Non sono che una povera fanciulla che non sa condur guerra né salir cavalli”; brossure originali che hanno il colore del miele; pagine a forte grammatura probabilmente composte anche con stracci, come si usava nei tempi antichi.
Un corposo libro d’antiquariato, composto con lo stile un poco ampolloso che distingue tanta letteratura e saggistica dell’Ottocento, tuttavia interessante perché mostra al lettore la vita della Pulzella d’Orléans o Giovanna d’Arco, dalla nascita, ai trionfi, fino alla prigionia nelle mani degli inglesi, il processo, la tragica fine e la fama post-morte.
Esce fuori il ritratto di una visionaria vergine e devota ai santi e a dio, che “non ha ucciso nemmeno un nemico”, il che la dice lunga sul suo reale apporto materiale alla guerra, ma ha tenuto la spada in mano vestita da uomo, sostenendo moralmente l’esercito francese in un tempo di superstizioni e profezie in cui la razionalità veniva spesso logorata dalla fede e dalla credulità popolare.
Gorres crede ciecamente alle visioni della Pulzella, quindi ne accetta la santità, descrive la chiamata, le difficoltà per farsi accettare in udienza dal re e farsi ascoltare circa il suo proposito di portare la Francia alla vittoria nella guerra contro gli inglesi. In realtà la presenza di Giovanna era puramente simbolica, funzionale al potere che infatti l’ha abbandonata quando, una volta catturata dagli inglesi, non le serviva più.
Il libro riproduce anche parti del processo intentatole dall’Inquisizione con le domande degli esaminatori e le relative risposte. I dialoghi sono totalmente surreali e ridicoli per un lettore contemporaneo:

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Al quinto esame fu nuovamente interrogata: “Dall’ultimo martedì, aveste ancora conversazione colle SS. Catterina e Margherita?”
Giovanna: “Sì, ma non dico l’ora”.
“In che giorno ciò è avvenuto?”
Giovanna: “Fu jeri ed oggi. Non passa giorno che non mi vengano udite”.
“Le vedete voi sempre con le istesse vesti?”
Giovanna: “Sempre le vedo coll’istesse sembianze. Hanno ricche corone: ma dell’altre vesti non ho nulla a dirvi: nulla poi so dei loro mantelli”.
“Che sembianze vedete?”
Giovanna: “Veggo una faccia”.
“Le sante che vi compaiono hanno capelli?”
Giovanna: “Val questo la pena di saperlo?”
“Havvi uno spazio di mezzo tra le loro corone e i capelli?”
Giovanna: “No, non vi ha spazio!”
“I capelli sono lunghi e pendenti?”
Giovanna: “Nulla so di questo. Ignoro se abbiano braccia o altri membri. Parlano bene e in bella lingua, ed io le intendo perfettamente”.
“Come possono parlare se non hanno membri?”
Giovanna: “Dio solo lo sa, ma la loro voce è bella, dolce e modesta e parlano il francese”.
“S. Margherita parla anche l’inglese?”
Giovanna: “Come ha da parlare inglese, se non è del partito di Inghilterra?”
“Le teste, che voi dite hanno corona, portano anche anelli alle orecchie od altrove?”
Giovanna: “Non so nulla di questo”.
“Quelle voci chiedono talvolta un po’ di tempo a rispondere?”
Giovanna: “Santa Catterina mi risponde ogni volta. Talora però mi accade di non poterla intendere per lo strepito della gente, o per le grida de’ custodi. Appena chiedo alcuna cosa a S. Catterina, essa e S. Margherita la chiedono per me al Signore, indi a nome del Signore mi rispondono”.

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Man mano che si legge si evince sia l’assurdità fanatica e morbosa delle domande che la visionarietà allucinata delle risposte della Pulzella, probabilmente schizofrenica, che durante la prigionia aveva anche tentato il suicidio buttandosi dalla torre.
Non sopravvisse a lungo.
Il 30 maggio 1431, fu condannata al rogo e arsa viva.

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