L’amor criminoso di Canzade

L'amor criminoso di Canzade

L’amor criminoso di Canzade

 

 

L'amor criminoso di Canzade

L’amor criminoso di Canzade, 1815, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

L’amor Criminoso di Canzade, Sultana di Persia

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L’amor Criminoso di Canzade, Sultana di Persia, Napoli 1815, a spese di Francesco d’Amico presso Nunzio Pasca, diviso in due libri, è la traduzione dal tedesco di un classico della letteratura turca composto da Chec Zadé, precettore d’Ammurat II. Zadé compose le novelle per divertire e istruire il suo allievo. Ovviamente è possibile rinvenire anche edizioni precedenti di altri traduttori. Si tratta di una serie di novelle con cornice in cui ci sono molti temi che poi verranno ripresi dalla letteratura occidentale dove diverranno un topos: l’aegritudo amoris e la misoginia, l’innamoramento attraverso gli occhi, per esempio.
Fin dal titolo è chiaro che la donna in queste novelle non è vista sotto una luce molto positiva. Essa è causa di tutte le disgrazie dell’uomo, capricciosa, disposta a mentire per suo tornaconto e perfino ad uccidere. I temi misogini sono reiterati piuttosto noiosamente:

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Dal racconto che vi ho fatto, rileverete, o signore, proseguì il terzo ministro, quanto sieno menzognere, finte e traditrici le donne, e che un uomo di senno non dee prestar fede di primo slancio neanche a quelle, che passano per le più giuste e sagge…

Dicevano gli antichi padri di non doversi fidare ad una donna, né ad un uomo che sia stato fatto schiavo di recente; poiché e l’una e l’altro sono adulatori, menzogneri ed infedeli, e nulla risparmiano per giungere al loro fine. Se la maestà vostra mi permette, le racconterò un fatto che servirà di sicura prova di mia asserzione…

La storia che qui vi ho narrata, o sire, proseguì il secondo ministro, è una prova evidente di qa quanto sia capace una donna per giungere allo scopo che si è proposta, e che torna assai meglio di perdonare, anziché di punire un primo delitto, molto più poi quando ciò non sia evidentemente provato…

Sono pur pazzi gli uomini… di lasciarsi sedurre così facilmente dai vezzi di una donna, e di abbandonarsi ai loro capricci!

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L’azione parte da una bugia della Sultana Canzade che accusa il figlio dell’imperatore di tradimento e per convincere il padre a giustiziarlo inizia a raccontargli una storia favolosa e poi tante altre. I ministri del re però sono convinti che il figlio del l’imperatore sia innocente, così anch’essi per sostenere la loro tesi e salvare la vita al giovane, raccontano una storia per uno, alternando i loro racconti a quelli della Sultana.
Così l’Imperatore a seconda della storia che gli viene raccontata, ora vuole giustiziare il figlio, ora rinuncia, in una indecisione che si protrae fino alla fine del libro e che verrà sciolta dall’astronomo Aboumaschar che all’inizio del libro consigliava all’accusato di non proferire parola. Il figlio dell’imperatore ha piena fiducia nelle capacità di Aboumaschar, per questo rispetta la promessa del silenzio, nonostante le gravi accuse e il rischio di essere ucciso. Soltanto nel finale l’astronomo solleva il giovane dall’obbligo di star zitto.
Le storie, a parte la fastidiosa misoginia che le permea, sono abbastanza scorrevoli, a tratti molto inverosimili e ricche di elementi favolosi: tesori di diamanti, rubini e gemme preziosissime nascoste dentro luoghi molto segreti nei quali per entrare occorre superare degli ostacoli con astuzia e devozione rituale; antropofagi o creature mostruose senza testa o dalla testa di cane, che abitano in luoghi lontani e sconosciuti; viaggi per mare; segreti della nota quanto mitica pietra filosofale. Insomma c’è un corposo repertorio di immagini e personaggi che ruotano dentro la cornice, in una sorta di meta-teatro letterario orientale che alterna realismo e prospettiva allucinata in un’amalgama che ruota attorno alla figura chiave passiva e anche un po’ sciocca di un Imperatore indeciso e debole, metafora della banderuola transeunte del potere che si muove a seconda del vento che tira.

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