Meccanismi attuali per diventare scrittori

Meccanismi attuali per diventare scrittori

Meccanismi attuali per diventare scrittori

 

Meccanismi attuali per diventare scrittori

Vintage Photo Little Sailor 20th Century, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Meccanismi attuali per diventare scrittori

.

I dibattiti sull’opportunità e il valore dell’insegnamento della scrittura, per quanto possa sembrare strano, non sono recenti. Che oggi la si chiami scrittura creativa e ieri lo si chiamasse insegnare “a parlare e scrivere con arte”, cambia veramente poco. Resta la differenza di opinioni, i gruppi di interesse editoriale che ci convincono dell’indispensabilità di sborsare quattrini per diventare “scrittori” e un metodo di reclutamento “penne geniali” attraverso il meccanismo pagati un corso e pubblica con lo stesso editore che lo organizza.
Un sistema elitario e poco meritocratico. Così molti diventano scrittori.
Vincenzo Schilirò quando nel 1918 scriveva alcune rimostranze in un capitolo sull’arte e la retorica contenuto ne I motivi estetici dell’arte d’annunziana, forse non immaginava nemmeno che l’insegnamento della scrittura sarebbe diventato nell’epoca in cui i retori non si chiamano più così, ma imprenditori, un business nelle mani dei gruppi editoriali, tuttavia incide significativamente la carta con alcune considerazioni valide ancora oggi, a distanza di tanto tempo. Egli critica non soltanto l’abitudine all’insegnamento della scrittura ma anche la rigida codificazione dei generi letterari in compartimenti stagni nei quali si pretende di studiare e capire la complessità dell’arte:

.
Ancora, purtroppo, si continuano a dispensare dalle cattedre precetti di retorica e si seguita a spiegare la stilistica, non come materiale di cultura, ma come scienza che studia lo stile e insegna a parlare e a scrivere con arte. Si continuano ad inculcare, per scrivere bene, (perché, già si può anche scriver male!) le tre catarrose norme: l’invenzione, la disposizione, l’elocuzione. Fuori di esse non si vede salute. Tutto è rigidamente disposto, compassato, inventariato. C’è una scelta da fare, un ordine da rispettare, una proporzione da conservare. Anima per l’arte non ne esiste. Un’opera artistica è qualcosa che bisogna comporre con sapienza, pezzo per pezzo, falda con falda, parte con parte: come i giocattoli a sorpresa.
Dopo nata, l’opera d’arte deve affrontare in primo luogo il crogiuolo linguistico, per sentir condannare le sue impurità: barbarismi, arcaismi, provincialismi, solecismi e tante altre pecche in ismi. Poi deve stendersi pazientemente sul tavolo anatomico, dove il sapiente retore-chirurgo la seziona nettamente in figure di parole e in figure di pensiero, e sentenzia: tante metafore, tante metonimie, tante sineddochi, tante perifrasi, tante iperboli, tante litoti, tante apostrofi, tante ipotiposi, ecc. ecc. Finita l’analisi anatomica, il sapiente raccoglie i miseri avanzi dell’opera, incolla su di essi l’etichetta col debito numero classe e divisione, vi segna il genere letterario, e li affida al grande occhialuto archivista che, con flemma e coscienziosa esattezza, va a seppellirli nel debito pluteo. Così si conosce e si studia l’arte!
Ebbene, a questi criteri mi sono sempre ribellato. I compassati tagli chirurgici, operati con sicumera su d’un lavoro letterario, non mi sono sembrati meno orridi di una qualunque vivisezione. Ricordo che, studiando in iscuola i precetti di letteratura, non potevo affatto digerire l’analitica trattazione delle figure di pensiero: l’istintiva repugnanza non mi permetteva neppure d’infilarle tutte d’un fiato. Figuriamoci poi quando si cominciava ad ingolfarci nello studio dei generi letterari! Non capivo affatto perché dovesse riuscire inefficace ed antiartistico un discorso che non avesse simmetricamente disposti, l’esordio, la proposizione, lo svolgimento, le prove, la confutazione e la perorazione… E pensavo e penso… che sia stoltezza… imperdonabile pretendere di esaurire le possibili estrinsecazioni artistiche in un determinato numero di generi, come in una sapiente teoria di forme statuarie, dove l’artista non ha che da gettare la materia grezza per tirare su le statue. Fissare, irrigidire, comprimere le visioni nello stampo… perché stampi sono i generi letterari, e condannare a subire i tagli o gli stiracchiamenti d’una teoria stilistica, come si condannerebbe una povera vittima al letto di Procuste, per me significava e significa ammazzare l’arte.

.

Oggi si insegna a scrivere per amor di guadagno perché con l’idea che la scrittura si possa insegnare, tutti diventano scrittori, basta avere il portafoglio gonfio, frequentare un importante corso di scrittura creativa pagando, ingraziarsi l’editor, e il gioco è fatto.
L’analisi anatomica dell’opera d’arte è passata dalle litoti, iperboli, perifrasi, sineddochi, etc. alla grammatica da quinta elementare che si insegna alle scuole di scrittura.
I generi sono diventati l’orientamento base del lettore, tant’è che molti, quando un libro non rientra nei generi canonici, negli stampi di cui sopra, si sentono confusi e cercano a tutti i costi un modello di inquadramento e se non lo trovano pensano a una scrittura senza senso.
Per quanto riguarda invece i rifacimenti sul testo, chissà cosa direbbe oggi uno Schilirò sapendo che certi scrittori non scrivono nemmeno i propri libri ma li scrive per loro uno scrittore fantasma?
Che direbbe di fronte al dilettantismo letterario oggi imperante e ai tanti maestri di scrittura che dicono di far letteratura pretendendo di insegnarla a suon di quattrini?

.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=K9bf4PT-aEk

 

Post a comment