I replicanti, rivoluzionari senza nomi

I replicanti, rivoluzionari senza nomi

I replicanti, rivoluzionari senza nomi

Di Mary Blindflowers©

I replicanti, rivoluzione senza nomi

The Replicant, drawing on paper by Mary Blindflowers©

 

La rivoluzione senza nomi

Nell’insegna riconsegna del politicamente corretto, una regola vale e impera fra tutte, l’anonimato. I rivoluzionari senza nomi sono schiere schierate e ben posizionate in assetto di guerra alla pulcinella con la p piccola, discretamente inutile. Essi criticano tutto, l’editoria, la politica, i pessimi libri, l’arte che finge di essere tale, i cattivi costumi, la corruzione, l’ignoranza che dilaga, la massocrazia, la propaganda, il the alla lavanda, il tutto rigorosamente sul generico, nessun nome. Aprono casi di saggistica critica e discussioni lunghe, tortuose, senza fonti, così tutto si riduce al cicaleccio, al contro perché fa tendenza, all’ostinazione verso una presunta pulizia che non ha mai colpevoli. Si dice il peccato ma non il peccatore, come recita l’adagio. E si sente dire da più parti: “l’importante è non fare nomi”. Gli intellettuali su questo sono molto precisi e attenti a non cadere nella tentazione di esporsi per non bruciare quel poco di chances che potrebbero avere o che si illudono di avere, tacendo, anche perché gli aspiranti poeti e scrittori, sarebbero subito pronti a mangiare alla mensa del criticato se mai a questi venisse in mente di invitarli e farebbero volentieri buon viso a cattivo gioco. Per questo motivo amano segnare nei loro taccuini virtuali tutte le cose positive della giornata, il sole che splende, gli uccellini che cantano, le luci natalizie, i fiori avuti in dono o donati ad altri, i libri appena acquistati e che ancora profumano di tipografia, le tavole imbandite, i loro timballi fatti in casa, il vestito della domenica, per creare dei profili corretti, positivi, allegri, sempre in forma e dare un’immagine empatica di sé. Ogni tanto poi vanno nelle bacheche social di altri intellettuali per tuonare contro questo e quello senza mai citare esempi concreti. Se qualcuno lo fa, subito abbandonano la conversazione. Solo in un caso fanno nomi, quando il nome citato è già stato citato con lo stesso tono da altri, persone che scrivono sui giornali e che hanno l’autorità per fare nomi. Se c’è la pre-citazione di un soggetto nominato nelle testate che contano, allora si può citare tranquillamente, fare nomi e cognomi. Per esempio non troverete nessuno che non dica che Moccia o Volo non sono scrittori, ormai è un refrain ripetuto e derubricato nelle varie bacheche. Anche chi non li ha mai letti dirà che fanno davvero schifo. Sembra quasi un peccato non dirlo. Se invece critichi uno scrittore che piace ai giornalisti nazionali, allora la situazione cambia. Se osi dire, per esempio, che la Maraini in tutta la sua vita non ha scritto nemmeno un verso o che la Merini è nata da uno show televisivo; che le poesie di Pasolini hanno uno stile vecchio e superatissimo; che Bukovsky non era poi questo grande poeta che tutti vogliono far credere; che Piero Angela non ha mai scritto un libro di saggistica seria e che pure i classici hanno difetti strutturali spesso notevoli; che Battisti era afono e molti suoi testi senza senso, tutti si dileguano, non hanno più un parere perché è stata violata la regola del replicante. L’importante è non intaccare il mito e non fare nomi che non siano già stati fatti perché la regola delle regole è la coazione a ripetere. Si è persa definitivamente la libertà intellettuale a favore del carrierismo. Il politicamente corretto per cui ci si scandalizza facilmente e per finta, ha fatto il resto, ma è stata soltanto la ciliegina sulla torta di una situazione stagnante esaltata dall’uso dei social in cui ciascuno come al bar può lamentarsi senza dire praticamente nulla, dichiararsi contro senza basi su cui poggiare le sue affermazioni e sparare nel mucchio per attirare simpatie e consensi. Così la banana di Cattelan fa discutere, ma semplicemente perché tutti i giornali che contano, italiani ed esteri, ne hanno già discusso anche troppo, perciò il potere ha detto sì, bifolchi, parlatene pure, vi è concesso. Sfogate le vostre rabbie sociali sui social, dite pure la vostra, potete fare nome e cognome. Si può criticare e discutere ciò che altri dicono che si possa criticare e discutere, si tratta semplicemente di una replica che, appunto, ricalca a menadito pareri della stampa ufficiale, oltre non si va. Siamo nell’epoca dei replicanti, dei rivoluzionari posticci, delle armate Brancaleone che corrono alla corte dei miracoli generici e si dichiarano contro tutto e tutti recitando un copione predefinito in cui ogni cosa rimane esattamente come è stato deciso che rimanga da una sapiente regia di vincitori. Si annullano spirito critico e valutazione oggettiva dell’opera d’arte e poi ci si meraviglia se un tizio come Cattelan appende una banana al muro di una gabbia di matti con lo scotch, chiama la banana Comedian e qualcuno dice che vale 120.000 dollari perché ci sarebbe un’idea alla base, forse l’idea di fare soldi senza saper fare nulla o di prendere letteralmente per i fondelli la gente. Qualcun altro si compra la banana e un altro genio la prende e se la mangia, dichiarando di aver fatto una performance artistica, tanto non è escluso che poi la defecherà dentro un cesso d’oro. Polvere alla polvere… Niente si crea, ormai non più, ma tutto si distrugge dentro il manicomio.

A noi cosa rimane?
Il nulla.

 

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=NTwCAuI-NU4

 

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