Trama, senso, dubbi e domande

Trama, senso, dubbi e domande

Trama, senso, dubbi e domande

Di Mary Blindflowers©

Dubbi del signor X

Adamo ed Eva, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Un bel mattino andando lungo i sentieri aspri e curiosi del tempo, cammina cammina sotto il sole e sotto la pioggia che cadono insieme contemporaneamente nel paese che c’è e che non c’è, capita al signor X uno scrittore di belle lettere e stile molto raffinato che chiede di essere recensito. Lo scrittore si chiama Z e domanda gentilmente un parere del signor X in merito a un suo libro di recente pubblicazione. X fa cenno di sì con la testa e l’autore gli manda il libro da leggere. Dopo aver letto però X rimane perplesso. Ha davanti dei racconti scritti peraltro molto bene, con uno stile accattivante, maturo. L’autore non è uno sprovveduto, si vede che ha studiato, che ha aperto più di qualche libro nella sua vita e conosce molto bene la grammatica. Ma sa veramente il significato di quello che scrive?
La cultura e quello che un tempo chi parlava bene definiva “l’ornato stile”, bastano a fare di un libro un’opera letteraria degna di questo nome?
X nota che i racconti del signor Z non hanno nessun filo logico che li leghi gli uni agli altri e fin qui, può capitare che un autore decida di riunire in un unico volume racconti che sono diversi tra loro. Sono scelte personali. Il problema non è il legame tra un racconto e l’altro. Che ci sia o non ci sia importa relativamente. Il problema vero è il significato di ciascun racconto preso in sé e per sé. Il significato se c’è non si vede o perlomeno X non lo vede. La trama non è una trama, ma un pretesto per fare esercizio di stile e alla fine sembra non significare proprio nulla. Forse X non ha compreso bene il senso che Z voleva dare ai suoi racconti e magari scambia per assenza ingiustificata una presenza occulta, simbolica, non proprio palese. Chiede dunque all’autore spiegazioni, ma Z ha un netto rifiuto, dicendo che “l’arte non si spiega”, una frase fatta che X ha sentito parecchie volte nel mondo editoriale. X insiste, perché al di là dei motti e delle propagande di certa produzione spacciata per arte, vorrebbe dare un senso a ciò che legge, capire e sentire qualche spiegazione dall’autore, per evitare un eccesso di arbitrarietà nell’interpretazione. Dall’altra parte però c’è un muro di gomma, una totale chiusura. L’arte non solo non si spiega, e viene ribadito a più riprese, ma non deve avere nemmeno un significato e chi legge non deve chiedere nulla in modo così inopportuno e polemico. Dio non va disturbato insomma mentre si cucina un uovo o sta in bagno a studiare o espletare altri bisogni. Un racconto, secondo il parere di Z, può anche non significare nulla, ma venir concepito per scrivere e basta. In parole semplici si possono mettere insieme parole a cui non si dà alcun senso simbolico o esplicito, col solo scopo di metterle insieme. Attenzione però non stiamo parlando di un teatro dell’assurdo che aveva il suo senso profondissimo nella sublimità dell’assurdo, ma di una produzione che non ha un senso né ultimo né primo, uno scritto inerte che rotea incessantemente su se stesso ripetendosi quanto è bello. X dunque non si è sbagliato, l’autore dice e sostiene che dare un senso allo scritto, creare un significato che vada addirittura oltre la parola scritta, non è operazione di cui Z si preoccupa. Egli ammette candidamente che scrive giusto per ornare, per mostrare la bellezza del suo stile. Dove si inizia si finisce. Dove si finisce si inizia ma non simbolicamente, ma proprio nel senso letterale del termine. Insomma una strada a senso unico, un vicolo cieco, o meglio come dice Z, un circolo di cui il significato diventa insignificanza: “In generale mi importa poco (del senso). L’arte è un linguaggio. Ed ha una sua autonomia e circolarità. Spiegare non deve essere necessariamente compito dell’artista”.
L’arte circolare è fine a se stessa come un serpente che si morde la coda, un loop, una coazione a ripetere dentro una figura elitaria quanto idealmente improduttiva e diciamolo, pure un poco snob. Ridurre la letteratura ad un innocuo esercizio, significa in un certo senso depauperarla, immeschinirla al livello di un soprammobile di buon gusto che però non ha nessuno scopo se non quello di abbellire l’ambiente.
Chi non vuole spiegare minimamente la propria arte, opponendo un rifiuto a qualsiasi minima spiegazione, semplicemente nasconde l’arcano di non aver detto nulla o è uno snob di natura?
Probabilmente entrambe le cose, però è proprio il non dire nulla che fa la differenza tra chi può farcela e chi no. Non dire nulla dà innumerevoli vantaggi, questo X lo capisce bene, pur tuttavia non dire nulla è un modo per lasciare la scrittura nella categoria dell’inutile, dell’orpello.
Z insiste, dice che non si può spiegare una nuvola: “faccio arte come mi pare, cerco di comunicare per vie traverse, non mi pongo troppe domande… si può spiegare una nuvola?”.
Il problema a questo punto non è soltanto che la nuvola è un’idrometeora costituita da minute particelle di vapore d’acqua, quindi si può spiegare, ma è porsi una domanda: fa veramente arte chi non interroga mai e dice di stare dentro un cerchio a creare come se fosse dio in terra, senza permettere ai comuni mortali di avere dubbi, evitandoli egli stesso accuratamente?
Il dubbio è la base dell’arte, senza dubbio non nasce la solenne impostura che dice il vero mentendo.
Chi scrive senza porsi domande per me non è uno scrittore, per quanto il suo stile possa essere deliziosamente gradevole all’occhio e all’udito. Scrivere non è impiumarsi e infiorarsi il berretto o infilarsi le piume di pavone nel culo per poi dire a tutti guardate quanto sono bello con il mio berretto in testa, non sono magnifico con le mie piume posticce? Sono un dio a cui non si possono far domande!
Scrivere è domandarsi invece, porsi in gioco, scendere dal trono, definire una nuvola e un tuono e altro, renderli spiegabili e inspiegabili, terreni e arcani, prendere per mano se stessi e il lettore. La scrittura è dubbio, anche se i quesiti spesso sono destinati a rimanere senza nemmeno una risposta, laddove non sono le risposte a contare ma l’infinita esigenza di domandarsi e far in modo che chi legge si domandi e ci domandi a sua volta, nel gioco infinito di un’arte che non dovrebbe avere mai fine perché non soggiorna nel circolo degli dei, ma sulla terra nuda e cruda.

 

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=EX1nfpaF4O8

 

 

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    In altri termini direi una visione quasi da Concilio Tridentino dell’arte dove la gente deve cantare il “Pange Lingua” senza chiedersi che cosa voglia dire perché a Dio si obbedisce, con Dio non si capisce !

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