Caro Garzanti, le presento Pier Paolo

Caro Garzanti, le presento Pier Paolo

Caro Garzanti, le presento Pier Paolo

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Caro Garzanti, le presento Pierpaolo

Broadway Musical sheet music “C’est Magnifique, Can-Can”, 1958, credit Antiche Curiosità©

 

Muore Livio Garzanti, 93 anni suonati, e il processo di beatificazione da parte di media e blog è iniziato. Tutti dicono più o meno le stesse cose, tessono l’apologia del santo: lo scopritore di Pasolini, colui che ha pubblicato grandi autori, che ha lasciato agli anziani milanesi tanti milioni in dono. Tutto molto bello. Insomma Livio Garzanti sarebbe il rappresentante di un’editoria d’altri tempi, pulita come non mai, apolitica, super-partes, scopritrice di talenti. Il buon Livio si alzava di buon mattino e scopriva geni che masticava assieme alla colazione.

Forse in tutto questo can can apologetico c’è qualche piccola omissione.

Per esempio cosa significa che scoprì Pasolini? Lo ha letto per caso e lo ha pubblicato?

Niente avviene per caso, purtroppo, in editoria.

Scriveva lo stesso Pasolini:

Ora vivo a Roma con mia madre e mio padre (in parte guarito dal suo male, o, perlomeno trattato – come tratta una mina carica – secondo il suo male: adesso è quasi commovente come vive di me); lavoro come un negro, facendo scuola a Ciampino (20000 mensili!) dalle sette del mattino alle tre del pomeriggio, e lavoro anche abbastanza alle mie cose, cioè soprattutto a un romanzo, Il Ferrobedò: lasciato un po’ in disparte, tradito, Penna, sono ora molto amico di Caproni e Bertolucci e, benché con assai meno frequentazione, di Gadda […]. [Lettera da Roma, 21 gennaio 1953, in P.P. Pasolini, Lettere. 1940-1954, a c. di N. Naldini, Torino, Einaudi, 1986, pp. 534-35].

Il contratto editoriale stipulato tra Garzanti e Pasolini fu dovuto proprio a Attilio Bertolucci, come ebbe a scrivere egli stesso:

[…] facevo pigramente il talent-scout per Livio Garzanti e combinai un incontro del giovane scrittore col giovane editore, Pier Paolo, ci chiamavamo già per nome, abitava vicino a me a Monteverde Vecchio, ora, in una casa abbastanza spaziosa e borghese: insegnava, potevano contare sul suo mensile oltre che sulla pensione del padre, in famiglia. Era appena stato pubblicato su «Paragone» il suo racconto Ferrobedò e io lasciai una copia della rivista in albergo a Garzanti perché la leggesse. Garzanti, entusiasta, volle vedere Pasolini. Appena lo salutò, finse di snobbarlo; poi, all’improvviso, gli disse di smettere di insegnare, voleva il suo romanzo entro un anno, voleva tutti i suoi libri. Gli avrebbe dato intanto il doppio di quanto guadagnava alla “media” di Centocelle, che egli raggiungeva con chissà quali mezzi alzandosi prestissimo. Così Pier Paolo poté scrivere con un certo agio Ragazzi di vita. [A. Bertolucci, Primo e ultimo incontro con Pier Paolo, in Id., Aritmie, Milano, Garzanti, 1991, pp. 160-61, poi raccolto in Id., Opere, a c. di P. Lagazzi e G. Palli Baroni, Milano, Mondadori, 1997, pp. 1134-36, a p. 1135].

Perché allora i media ci fanno credere che Garzanti scoprì Pasolini dentro una bolla di sapone blu e per caso come nei racconti di fate?

I grossi editori, Livio Garzanti compreso, oggi come ieri non pubblicano mai a caso, pubblicano gente segnalata da amici o comunque persone che contano. Questo ovviamente non si può dire perché rovinerebbe l’apologia del santo subito e la favola bella e falsa dei bei tempi andati che non sono mai realmente esistiti. Così i lettori si bevono le favolette propinate da chi ha tutto l’interesse a farci credere che tanti grandi autori della letteratura italiana sono nati per caso, perché avevano talento e non perché fossero presentati e raccomandati da qualcuno.

Eppure basterebbe guardarsi la corrispondenza tra Bertolucci e Pasolini e leggersi qualche libro in più per capire come stiano realmente le faccenduole editoriali in cui facilmente si spaccia un nano per titano. È più comodo pensare alla nostra storia come popolata di eroi splendenti piuttosto che di figure inquietanti per cui è sempre prevalsa la logica mai morta degli amici degli amici.

Bertolucci scrisse perfino un’ode per Pasolini con cui i rapporti dopo la pubblicazione con Garzanti, si rafforzarono parecchio:

Caro Pierpaolo, ho scritto, per te, una piccola ode a Roma” (Cartolina di Bertolucci a Pasolini da Parma [s.d., con timbro Bologna-Teatro Comunale Stagione Lirica 6 novembre-26 dicembre 1958, Fondo Pasolini, IT ACGV PPP. I. 114.22]

Nel giugno del 1959 Pasolini addirittura traslocò nel palazzo dei Bertolucci in via Giacinto Carini 45, dove rimase fino al marzo del 1963. Lo stesso Bertolucci ne parla. Naturalmente poi Pasolini divenne anche aiuto-regista:

Tutto era cominciato poco dopo l’arrivo a Roma della mia famiglia, nei primi anni Cinquanta. Una domenica sul finire della primavera, dopo pranzo, vado ad aprire la porta della nostra porta di casa di via Carini 45. C’è un giovane con gli occhiali neri, il ciuffo un po’ malandro, il vestito scuro della festa, camicia bianca, cravatta. Con tono fermo e dolce mi dice che ha un appuntamento con mio padre. Qualcosa di soave nella sua voce, e soprattutto quello che mi sembra un travestimento fin troppo domenicale, mi mettono in stato di allarme. Mio padre sta riposando, chi è lei, mi chiamo Pasolini, vado a vedere. Richiudo, lasciandolo fuori sul pianerottolo. Mio padre si sta alzando, gli racconto tutto, lui dice di chiamarsi Pasolini, ma secondo me è un ladro, l’ho chiuso fuori. Come ride mio padre! Pasolini è un bravissimo poeta, corri ad aprire la porta. Mostruosamente intimidito e con le guance infuocate lo feci entrare. Lui mi guardò con una tenerezza che nessuno avrebbe potuto mai raccontare. Lui sapeva, io no, che «non c’è disegno del carnefice che non sia suggerito dallo sguardo della vittima», come scrisse molti anni dopo. Quella notte sognai che dentro il giovane poeta si celava in realtà il cow-boy in nero del Cavaliere della valle solitaria: nel sogno Pasolini e Jack Palance si fondevano in un unico teschio lucente. Sarebbero passati molti anni prima che io capissi che in quel momento, su quelle scale, avevo evocato e materializzato l’essenza del mito, per affidargli l’essenza della mia anima e del mio cuore, ciecamente, come può permettersi solo un quattordicenne. Nel ’59 la famiglia Pasolini (Pier Paolo, Susanna e Graziella Chiarcossi) si trasferisce in via Carini 45. Noi abitiamo al quinto piano, loro al primo. Ricominciai a scrivere poesie per poter bussare alla porta di Pier Paolo e fargliele leggere. Appena ne avevo scritta una scendevo le scale a grandi balzi con il foglio in mano. Lui era rapidissimo nella lettura e nel giudizio. Il tutto non durava più di cinque minuti. Quegli incontri cominciai a chiamarli dentro di me momenti privilegiati. Ne uscì un mucchietto di poesie che Pier Paolo, tre anni dopo, mi incoraggiò a pubblicare. Chissà cosa pensò mio padre, degradato senza spiegazione a lettore numero due. Arriva la primavera del ’61 e Pasolini, incontrato sul portone, mi annuncia che dirigerà un film. Mi dici sempre che ti piace tanto il cinema, sarai il mio aiuto regista. Non ne sono capace, non ho mai fatto l’aiuto. Neanch’io ho mai fatto un film, tagliò corto. [B. Bertolucci, Il cavaliere della valle solitaria, in P.P. Pasolini, Per il cinema, a c. di W. Siti e F. Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, t. I, pp. XIII-XIV-XV].

Raccomandazioni editoriali ed amori omosessuali: un classico dei giorni nostri (si pensi ai giovani cantanti “prodotti” da Lucio Dalla, si pensi al sodalizio sentimentale e artistico di Bigazzi e Raf), ma un classico anche della classicità: Mecenate era sponsor di gente come Virgilio e Batillo, non soltanto per gusti letterari, ma sicuramente anche per gusti sessuali, le testimonianze in Orazio, Seneca e Francesco Berni, poeta rinascimentale sono evidenti.

Non è cambiato granché nel mondo editoriale antico e moderno: bisogna conoscere sempre qualcuno per arrivare in alto, laddove conoscere, oltre all’accezione normale del “Garzanti” (lupus in fabula), contiene inevitabilmente anche quella biblica del greco πειράω… Chi ha orecchi per intendere intenda!

Prima di credere alle favole e alle sciocchezze che blaterano i media, quantomeno informatevi.

I santi non hanno mai fatto miracoli, semplicemente perché non esistono.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.youtube.com/watch?v=TTz1pDGn1WM

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