“Microdissea” di Stato, i libri inutili

"Microdissea" di Stato, i libri inutili

“Microdissea” di Stato, i libri inutili

Di Lucio Pistis©

"Microdissea" di Stato, i libri inutili

Microdissea di Guglielmo Negri, credit Mary Blindflowers©

 

Guglielmo Negri (Roma, 5 luglio 1926 – Roma, 18 ottobre 2000), presidente del Partito Repubblicano Italiano dal 1995 al 2000, docente di diritto costituzionale, collaboratore di Sandro Pertini e Francesco Cossiga, diede alle stampe nell’anno 1979 per la Vallecchi, Microdissea, uno dei libri più barbosi ed inutili che abbia avuto mai la disavventura di leggere e il cui unico aspetto positivo è il titolo.

L’autore ha scambiato l’esercizio delle belle lettere per un improbabile miscuglio tra confessione privata e discussioni più o meno tecniche di politici, giornalisti e personaggi che contano, tra Banca d’Italia, Montecitorio, Camera dei Deputati e appartamenti super-lusso in cui sbiaditi snob-personaggi si aggirano come fantasmi, annoiando profondamente il lettore con la loro boria salottiera e le loro tasche gonfie di soldi. La trama che praticamente non c’è, è unita a scampoli di parole oziose tipiche dell’upper class che sbadiglia su se stessa e ciarla di finanza, di giornali, di ville, di valori cattolici che si starebbero perdendo, come se fosse un dramma epocale:

“Se sapesse quanto mi aiutarono la fede e la preghiera… Ed ora vedo i miei figli ed i loro amici allontanarsi dalle pratiche religiose, allontanarsi dal contatto con Dio, come se per lui non ci fosse più posto nella vita dell’uomo contemporaneo… La vita è una frontiera, res severa, I giovani se ne accorgeranno mano a mano che vivranno come è accaduto a noi, E torneranno ad essere cristiani”.

Caspita che dramma l’allontanamento dalla fede per gente di plastica che vive guadagnando e guadagna vivendo.

Il personaggio principale, professor Litta, un cinquantenne economista, consulente al fondo monetario internazionale, attraversa il banale disagio dei ricchi, con una moglie fatua e superficiale che ha da poco abbandonato e la cui descrizione, giocata sulla bigotta confusione tra modernità e superficialità, è il classico ritratto di una odiosissima snob da salotto bene, viziata, nullafacente, annoiata e carica di quattrini:

“Tutta tesa all’esteriorità, alla vita di relazione, alle amicizie, si sofferma poco sul significato profondo degli atteggiamenti, delle abitudini, sulle radici delle cose. Ha vissuto il matrimonio come un’esperienza qualsiasi, come un periodo scolastico o una parentesi di lavoro, quando faceva l’interprete all’American Express. È stata una brava madre, non c’è che dire… ma è superficiale, e in questo è veramente moderna… è completamente deodorizzata… È intelligente… ma ha l’intelligenza tipica dei pubblicitari, non è una costruttrice, reclamizza quel che è stato prodotto. Poi è una donna che stanca con la sua rete di amici ed amiche che fa e disfa incessantemente… Carla non legge che un solo giornale: scorre qualche romanzo per poter dire è “una porcheria” o “un capolavoro” nei crocchi di salotto”.

Lo stile del romanzo è piatto, i dialoghi prevedibili, le descrizioni scontate e stereotipate, lo svolgimento degli isterici psico-drammi del protagonista, funge da potente soporifero. I personaggi sbiaditi non riescono minimamente a coinvolgere il lettore perché sembrano finti, tutti belli patinati e compresi nel loro catto-ruolo di ipocriti bigotti. Sono pupazzi senza passione.

Dopo le trenta pagine ci si chiede a che scopo continuare a leggere un simile polpettone.

Non è comunque difficile da capire perché Vallecchi lo abbia pubblicato.

I politici non dovrebbero scrivere romanzi contando sulla certezza della pubblicazione.

Chi vuole scrivere veramente deve essere libero, immergersi nel mondo, afferrarlo e guardarlo coi suoi occhi, non con gli occhiali del partito, della parrocchia, del gruppo e delle appartenenze. Ma la libertà si sa è concetto aleatorio, suscettibile di varie interpretazioni, sfumato, calibrato, dosato e imprigionato dentro le gabbie della retorica, del buon senso e sotto i fumi del politicamente corretto ad ogni costo. Chi è libero non ha spazio. La scrittura libera è una decrepita reliquia di santo senza chiesa sotterrata nel fango dei romanzi di genere in cui non si contesta mai il proprio tempo, ci mancherebbe, ma soltanto gente morta e sepolta da secoli, l’unica criticabile per un’ufficiale e splendida innocuità garantita pubblicizzata ad ogni angolo e per un sicuro successo con ricchi premi e cotillons microdisseici di Stato.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.youtube.com/watch?v=DfGdF6_xWWw

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