Bartolini, libertà, stampa, poeta

Bartolini, libertà, stampa, poeta

Bartolini, libertà, stampa, poeta

Bartolini, libertà, stampa, poeta

Bartolini, libertà, stampa, poeta, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Bartolini, libertà, stampa, poeta

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Luigi Bartolini, Della decadenza della libertà di stampa, 1946. Si tratta di un libro di sole 34 pagine in cui Bartolini esplicita con schietta sincerità, le sue idee circa l’illusione prodotta dalla stampa, dalla censura fascista fino al dopoguerra e in cui condanna il colonialismo come mero sfruttamento del debole. Si riserva una parola buona anche per i falsi liberatori dell’Italia, quegli stranieri che l’hanno resa schiava.
Esordisce sostenendo che occorre spogliarsi di ogni ipocrisia quando si parla di certi argomenti. Le parole più dure le riserva ai direttori dei giornali, completamente schiavi del potere. Se durante il fascismo non c’era libertà, anche la presunta libertà acquisita dopo la guerra e dopo la liberazione, era una illusione, libertà di stampa è schiavitù di stampa condizionata fortemente dal denaro:

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Meglio sarebbe che non esistesse alcuna stampa, alcun foglio, alcun libro, dal momento che una vera libertà di stampa non può più sussistere. Tutta la stampa non rappresenta che una perversa associazione dei forti contro i deboli: in quanto possono stampare soltanto i forti, mentre i deboli non lo possono. In questo caso, non intendo per forti gli illuminati, come verosimilmente si dovrebbe, dal mio punto di vista, intendere. Ma intendo per forti i maggiormente provvisti di mezzi finanziari o i più vistosamente e audacemente, e talvolta – spessissimo – brigantescamente collegati insieme. Collegati per influire – attraverso una serqua di carta stampata – sopra i poveri greggi dei poveri individui. Non dissimuliamocelo! La stampa non rappresenta più che dei trusts finanziari.

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Queste parole sono straordinariamente attuali. L’editoria oggi più che mai è in mano a gente che ha denaro e che monopolizza a esclusivo vantaggio suo e dei suoi amici, la pubblicazione di libri e riviste a grossa diffusione. Non vince l’intelligenza, ma il denaro e se si hanno soldi non è nemmeno necessario saper scrivere.

Sulla misera condizione dello scrittore, Bartolini non usa mezzi termini:

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Tra fama e famula (scroccata, la famula, mediante il suono di grancassa dalla multivoce carta stampata), tra valore o merito e gloriola ed arrampicamento v’è una differenza immensa; ed anzi v’è un’opposizione sostanziale. Potrebbe infatti esser vero che il miglior scrittore non godesse di rinomanza alcuna a cagione delle sue punte, e della sua istessa originalità e profondità e meriti; ossia a cagione della sua dismisura. Il canapo, allora, non entrerebbe nella cruna di alcun ago. E così uno scrittore immenso sarebbe compreso pressoché da alcuno, se il tempo, contro cui, da molti anni, egli si trovi a lottare fosse assolutamente basso. Costui, codesto disgraziato arcangelo, certamente non verrebbe compreso dalle masse. Ora masse e stampa sono due cose che si compenetrano e sono come il martello e l’incudine: un cattivo martello mal maneggiato da una pessima incudine…
Il torto della società contemporanea è quello di dare ragione al numero.

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Chissà cosa direbbe oggi, nell’epoca dei social, Bartolini, assistendo al trionfo assoluto del numero sotto forma di irrefrenabili quanto spesso idioti like?
Cosa direbbe dei poetucoli che pubblicano il sole è giallo, il nostro amore è blu, esisti soltanto tu, su Instagram seguiti da innumerevoli followers?
Che direbbe di sedicenti scrittrici che preferiscono stare in tv anziché scrivere libri?
Della stampa che pubblicizza continuamente come casi editoriali dell’anno libri buoni ad accendere il fuoco durante l’inverno?
E dei blogger che reclamizzano libri mai letti dicendone meraviglie e invitando a comprare, cercando di ingraziarsi la grossa editoria?
Che direbbe degli intellettuali venduti che si fanno portavoce dei partiti?
Dei demagoghi odierni, dei buffoni di corte, dei frequentatori di corsi a pagamento di scrittura creativa, degli editor il cui unico merito è avere una tessera e conoscenze giuste, dei direttori di giornali sempre più schiavi dei loro finanziatori? Del popolino becero che si schiera sempre nei social a favore dell’una o dell’altra verità preconfezionata senza capir nulla?
Probabilmente direbbe che viviamo in un tempo basso, più basso ancora di quello in cui recanatesi ignoranti e volgari, sbeffeggiavano la gobba di Leopardi che era già oltre il suo stesso secolo, mentre Monti tra gli allori, si inebriava di versi ottocenteschi nei salotti. Un tempo più basso di quello in cui Verlaine scriveva senza guadagnare un centesimo. La massocrazia esige il sangue e l’isolamento del vero poeta e il successo dell’arrampicatore sociale, del mediocre.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Video – The Black Star of Mu

Rivista Il Destrutturalismo

 

 

 

Comments (2)

  1. giancarlo rosati

    credo che Bartolini fosse avanti per quei tempi, adesso non ci fa più caso nessuno ma è peggio di allora
    questa nostra democrazia mondiale fa solo interessi suoi e i corrotti giornalisti o meglio editori fanno i loro e quelli delle loro caste

  2. Mariano Grossi

    Clima da basso impero come lo definiva Bocca. Ad un mio amico democristiano che concionava nel lontano 1973 :”Siate fieri di questo Paese! La DC non ha mai chiuso un giornale!” (lui ne leggeva tre o quattro pro die) uno più lungimirante replicò: “Tranquillo! In compenso ne ha comprati parecchi!”

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