Osservazioni su “Ello”, Sardegna

Sciarada, la tradizione millenaria

Osservazioni su “Ello”, Sardegna

Sciarada, la tradizione millenaria

Statuina tradizionale sarda in terracotta, credit Antiche Curiosità©

 

Osservazioni su “Ello”, Sardegna

Salvatore Dedola©

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ELLO! Su questa che viene chiamata interiezione (Espa), talora voce di affermazione (Wagner), talaltra avverbio asseverativo (Blasco Ferrer) occorre una lunga e proficua discussione. Enzo Espa DSI 754 registra quelle che a lui sembrano le accezioni più caratteristiche della parlata attuale: sì, certo, certamente; e allora?, e dunque?, e dunque!; come! – ello, ite ti faco? ‘e allora che ti faccio?’; ello, Antonandria, ite ti cres? ‘e allora, Antonandrea, cosa credi di essere?’; ello, itte benis?; ‘e allora, vieni?’; ello, e no est makkine amare a sa bellesa? ‘e allora, non è forse pazzia innamorarsi della bellezza?’. In questi modi di dire attuali proposti da Espa ed usati da certi poeti si coglie pienamente l’influsso totalizzante dell’uso attuale dell’it. allora, voce che DELI, nel ricordarne la prima registrazione nel 1306 da parte di Jacopone, fa derivare dal lat. ad illam hōram ‘in quel tempo’ (un aggancio talmente assurdo che non merita commento).

   Andiamo ora a Wagner, che registra il log. Éllo, camp. éllu col significato di ‘dunque’ (ello gasi ‘dunque così’; ell’inoke ses (Orani) ‘eccoti qui, dunque!; ell’e íta (barbaric. voce di affermazione); Ellu e duncas? It’e’ custu? ‘Orsu, dunque, cos’è questo andazzo?’ (Sa Scomuniga de Predi Antiogu 675). Wagner registrò una semantica più conservativa di quella intesa da Espa, ma egli pure era ormai immerso in una temperia culturale entro la quale non riusciva più a cogliere diacronicamente i significati autentici di un’epoca. E pure Antonello Satta, il commentatore di Sa Scomuniga pubblicata nel 1983, non intuendo più il senso autentico di certe parti del sermone di Antiogu (che risale al XVIII sec.), interpreta ellu come interiezione interrogativa: ellu poita? ‘Dunque perché?’. Edoardo Blasco Ferrer (Ello Ellus 225), riproducendo la parlata trexentese e chiedendo al lettore d’esercitarsi a interpretare correttamente le frasi, registrò quanto di seguito: A kini as biu, a Licu?: ellus, ellus, a Licu, éia a Licu!; Sisinni giai est sémpiri a su spidali, berus? ellus!; Tui puru ddu conosci?. Ellus!; Ma tui, non depiast abarrai in domu? Ellus, e deu mi-nd’abarru a sola!; No as intendiu de Licu, ca ndi-dd’ant torrau a mandai a domu! Ellus dd’apu intendiu!; E si-nc’est fuiu? Ellus, bessiu nc’est currendi a pratza de crésia!; Si podit sci comment’est custu contu?, ellus, si podit sci? ddu bollu sci puru deu.

   Rileggiamo brevemente il Wagner, il quale dice chiaramente che il sd. ello, ellu non può essere dal lat. ELLUM: ͗ιδοῦ ͗εκεῖνον. Egli ritiene la voce una interiezione imitativa come il sd. allò ‘ecco’, e cita sic. ellu, ella ‘ecco’, cal. allu ‘ecco’.

   Wagner era abituato a citare concomitanze, meno abituato a trovare etimologie. Quanto a Blasco Ferrer, a qual pro chiese al lettore di esercitarsi a tradurre ed interpretare, se poi, volenti o nolenti, il modello di riferimento che proponeva era soltanto l’italiano attuale? Questo è, giocoforza, un cul-de-sac dialettico, entro il quale peraltro ci ficchiamo un po’ tutti, seguendo un principio di omologazione che accettiamo senza riflettere, trovandoci alfine asfissiati da una camicia di contenzione.

   Occorre invece esercitarsi liberamente e con acribia per capire il senso esatto delle parlate del passato, misurandole non sul metro dell’attualità di una lingua egemone (peraltro nel ‘700, ai tempi di Sa Scomuniga, l’italiano non era affatto egemone in Sardegna) ma con logiche intrinseche, decisamente addentro allo spirito delle espressioni che restano ancora vivacissime nei singoli cantoni isolani. Insomma, dobbiamo prendere atto che oggi, specie nelle aree interne dell’isola, sopravvivono dei modi espressivi genuini e conservativi, prettamente sardi, assai discosti dalle interpretazioni italianizzanti e paronomastiche su accennate. E spetta al linguista osservarli e interpretarli nella loro vistosa semantica, dimostrando i traviamenti che oggi – soltanto oggi – vengono operati attraverso il prisma delle locuzioni italiane.

   Lo scrittore ed attore satirico Nino Nonnis, in una performance teatrale sugli usi e costumi dei Sardi dei villaggi, fece ridere… seriamente la platea menzionando l’incredibile brevità dei Sardi nelle domande-risposte: e cument’istat muzzere tua? Ello! ‘E come sta tua moglie? A Dio piacendo, bene’. Questa è una frase di Sindia, ma nel centro-Sardegna e in tutto il Logudoro è ripetuta identica. Nessuno dei linguisti qua citati ha tenuto conto di un simile modo di dire, che avrebbe dovuto dare precise direttive su come interpretare anche le altre frasi su accennate. Oltre a quei linguisti, non voglio nemmeno citare e commentare le autentiche farneticazioni di Maurizio Virdis, l’attuale cattedratico di Linguistica Sarda all’Università di Cagliari, da lui espresse su Ello in un suo articolo incastonato a pagg. 1738-1744 di un corposo volume scritto da moltissime mani, che qui soltanto cito.

   Tutto ciò premesso, affermo che le frasi del Wagner debbono essere tradotte come segue: Ell’inoke ses! (Orani) ‘vivaddio, eccoti qui!; Ell’e íta! (voce affermativa barbaricina, ma anche logudorese) ‘grazie a Dio, sì’; Ellu e duncas, it’e’ custu? ‘in nome di Dio, cos’è questo andazzo, dunque?’. In questi casi abbiamo delle risposte (o domande) che in prima battuta antepongono una invocazione. Quanto alle frasi di Blasco Ferrer, la traduzione che lui ne fece va riletta come segue: A Kini as biu, a Licu?: ellus, ellus (‘sì, certamente’), a Licu, éia a Licu!; Sisinni giai est sémpiri a su spidali, berus? ellus! (‘sì, purtroppo’); Tui puru ddu conosci? Ellus! (‘e come no?’); Ma tui, non depiast abarrai in domu? Ellus, e deu mi-nd’abarru a sola! (‘e che, mi prendi per scema? ed io me ne sto da sola?!’); No as inténdiu de Licu, ca ndi-dd’ant torrau a mandai a domu! Ellus dd’apu intendiu! (‘certo che l’ho sentito!’); E si-nc’est fuiu? Ellus (‘e allora?, ma guarda un po’!’), bessiu nc’est currendi a pratza de crésia!; Si podit sci comment’est custu contu?, ellus, si podit sci? ddu bollu sci puru deu (‘domandi se si può sapere?, anch’io lo voglio sapere!’).

   Invero, l’uso di ello!, ellus! ci pone dolorosamente di fronte a un fraseggiare oramai minato dall’egemonia dell’italiano attuale; ma esso conserva qua e là (per certe frasi ancora integralmente), almeno nei cantoni più conservativi, l’antico significato del termine, il quale non appartiene ad alcuna base latina. Si può notare, nella mia re-interpretazione delle frasi del Wagner e di quella di Predi Antiogu, che il significato antico fu ‘Vivaddio’, ‘a Dio piacendo’. Questa interiezione-invocazione è sardiana, mediterranea. La sua base è l’accadico ellu ‘puro, limpido, brillante, splendente’ (riferito a Dio), riferito principalmente a Ellil, Illil, Enlil, che presso gli antichi Accadi fu il Dio supremo (Ellil ilī ‘Ellil degli déi’, ‘Dio degli déi’). L’invocazione sardiana Ello! equivale all’invocazione ‘a Dio piacendo!, Dio lo voglia!’, molto simile a quella ripetuta ossessivamente dai musulmani: Insci-Allah ‘a Dio piacendo, voglia Iddio’. Infatti anche Allah ‘Dio’ ha la stessa base accadica, riferita alla ‘brillantezza’, allo ‘splendore’ (vedi sura XXIV 35: Allah è luce su luce; e Dio conduce alla propria luce chi vuole). Quindi Allah, al pari di Ellil di cui è variante fonica, significò in origine ‘luce’, ‘Dio’, come l’ugaritico e fenicio Ilu, ebraico Eli.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

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