Lettere critiche, giocose, morali

Lettere critiche, giocose, morali

Lettere critiche, giocose, morali

Lettere critiche, giocose, morali

Lettere critiche, giocose, morali… 1747, credit Antiche Curiosità©

 

Lettere critiche, giocose, morali…

Mary Blindflowers©

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Della nuova raccolta di lettere critiche, giocose, morali, e scientifiche, alla moda, ed al gusto del Secolo presente, tradotte da varj linguaggi, e recate al toscano dal conte Agostino Santi Pupieni, Milano, di cui ho letto l’edizione del 1747 data alle stampe da Francesco Agnelli, è un libro interessante in cui si oscilla tra misoginia, evoluzione ed involuzione. Consideriamo che siamo a metà Settecento, quindi non è possibile giudicare quest’opera con il senno di poi, ma è tuttavia più utile capire che leggerla è come immergersi in uno studio sulla storia della mentalità.
Ma di cosa si tratta esattamente?
Sono delle lettere su vari argomenti di costume, morale, sentimenti, mode, testamenti, ciarloni, ignoranti, bel mondo, distinzione in classi sociali (quella esiste ancora oggi ma camuffata da democrazia), cabala o superstizione, etc.
Il tono è in parte serio in parte scherzoso e boccaccesco. Nelle lettere infatti gli argomenti vengono trattati con un linguaggio scorrevole, e sono intervallati da aneddoti, racconti di vita quotidiana spacciati per rivelazioni, e episodi che rammentano per certi versi il Decamerone. Alcune cose sono purtroppo attualissime. Per esempio l’autore sottolinea come l’avanzamento di carriera in tutte le professioni avvenisse più per effetto del denaro che per i meriti effettivi:

Se userete un poco di riflessione, troverete, che quanti arrivano a strepitosi avanzamenti, hanno più capitale di aria, che di buona, e soda materia. Bisogna avvertire che questi mercanti di fanfaluche sono gran birboni, per conoscere il tempo, e le persone; e non cercheranno già di vendere la loro mercanzia a voi, né a me, né a qualcun altro esperto della materia, di cui si tratta. Sanno benissimo, che questo sarebbe il modo di far precipitare i loro interessi; onde studiano di far pompa con chi non intende il loro mestiere; e in tal guisa la vivezza della frase, la politezza dei termini, e l’ardire di fabbricare, e di esporre visioni per cose Evangeliche, sorprende gli inesperti, che ascoltano; e che credono di sentire uno degli antichi oracoli della Grecia. Il Volgo, e chiunque non sa, qualora se gli presenta l’opportunità, ricorre a questi Satraponi, credendo di dover apprendere un voto all’altare di qualche santo, per aver avuto la gran fortuna di giungere a toccar loro la veste (p. 18-19).

Usate queste parole scritte a metà Settecento, epoca in cui la distinzione in classi era nettissima, e trasportatele al 2023 per capire il grado di evoluzione della nostra società. Sulla bilancia della democrazia ci sono i diritti umani da una parte e il denaro dall’altra. Il piatto con il denaro ha sicuramente molto più peso di quello dei diritti. Il volgo ora si chiama massa ma coi neolinguaggi non è che cambi la sostanza. Attenuando il vocabolario, smussandone gli angoli tetri, si fa solo una limatura di superficie. Siamo comunque ancora in piena miracolistica, amplificata dai media, evangelizzata dai social, adorata dalle masse di incolti. Il popolo smania per avere un santo che dica di far miracoli con la sua arte, sia esso scrittore o medico, poco importa. La fabbrica degli oracoli e delle Pizie, non è mai stata chiusa. Dunque siamo evoluti?
Ma del resto, la raccolta di lettere critiche precisa che “Il Mondo è sempre stato così… Non occorre meravigliarsi”.
Ogni lettera offre spunti di riflessione sulla società settecentesca e non vi stupirà sapere che molte delle cose che vengono dette, sono, purtroppo valide ancora oggi. Matrimoni, combinati per interesse, etica dei parvenus, rispetto guadagnato con il denaro e le conoscenze, disprezzo per i letterati non cortigiani, immobilismo sociale, ammirazione generale delle apparenze e delle ricchezze piuttosto che del talento, finta religione e corruzione del clero, etc. Si discosta un poco dalle altre la lettera sul veleno della vipera che sciorina un poco di fanfaluche dovute alla limitatezza delle conoscenze scientifiche settecentesche ed elenca i pareri di vari medici in proposito, per poi arrivare alla conclusione che:

il veleno della vipera non è che una gran copia di effluvj freddi, che nell’atto del morso comunica al corpo umano, accompagnati e vibrati da tutto lo sforzo del suo copioso spirito messo in movimento dalla sua collera naturale, introduce nel sangue (p. 232).

Propone perfino dei rimedi che oggi farebbero ridere e racconta che un pastore è stato morso da una vipera, allora ha tagliato la testa all’animale, l’ha pestata tra due sassi e applicata legandola bene sopra la pelle ferita. Dopo quindici giorni è guarito e colui che aveva dato questo consiglio terapeutico si è accertato che si trattasse veramente di una vipera e non di altro serpente innocuo:

Ricercai in seguito fra i frantumi della testa dell’animale, e vi ritrovai ancora intero uno de’ denti grandi; sicché mi accertai, che la bestia era stata una Vipera (p. 234).

Ora vi starete chiedendo cosa c’entrino matrimoni combinati, discorsi sulla religione, l’onestà e la società con il veleno delle vipere. Beh, nulla. Nei libri antichi non si seguiva sempre un metodo di esposizione coerente, sono comunque lo spaccato di un mondo che in parte si è evoluto, in parte no.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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