De Giovanni, per caso…

De Giovanni, per caso...

De Giovanni, per caso…

De Giovanni, per caso...

Il sole in terra, credit Mary Blindflowers©

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

De Giovanni, per caso…

.

Meg Wolitzer nel 2003 ha pubblicato The Wife, la storia di uno scrittore che vince addirittura il premio Nobel, ma che ha un segreto: i suoi romanzi li scrive la moglie che vive nell’ombra. Nessuno sa infatti che i romanzi li scrive lei e il successo è tutto del maritino. Da questa trama è stato tratto anche un film con Glenn Close, intitolato appunto The Wife. Un bel film.
Maurizio de Giovanni, nel 2016, pubblica con la Fedoapress, Università degli Studi di Napoli, un monologo intitolato Quello che è giusto, ma sentite, è la storia di un professore fallito che scrive i testi ad un suo allievo che si becca onore e gloria, tra cui, il premio Nobel! A parte le varianti, in The Wife infatti è una donna che scrive i testi per il marito, mentre in Quello che è giusto, è un professore, la trama è la stessa, ossia la storia di un ghostwriter che scrive al posto di qualcun altro e rimane nell’oscurità.
Non ci scandalizza più di tanto che de Giovanni non sia stato capace di trovare una trama più originale, ma ci sono alcuni punti del suo monologo che ci lasciano davvero perplessi, al di là dell’operazione carta carbone della trama. Il protagonista è il ghostwriter che confessa a una giornalista di essere lui lo scrittore. Sostiene che la giornalista è una editorialista importante ma la chiama “signorina”, presupponendo senza prove che la stessa sia diventata giornalista grazie a dei compromessi:

Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra; lei, ad esempio, sarà stata angariata da caporedattori e direttori, chissà a quali compromessi avrà dovuto scendere per arrivare ad essere l’editorialista affermata e stimata com’è (p. 17).

La giornalista-signorina non ha voce, parla soltanto il ghostwriter, quindi il punto di vista è monodirezionale oltre che misogino.

Il personaggio instaura alcune polemiche sull’università, dice per esempio che non ha potuto fare il professore perché la politica collusa e corrotta ha fatto sì che l’università più antica del mondo si trovasse in una città che “da capitale è diventata periferica”.
Lo scrivente si mantiene sul generico. Ma le cronache parlano chiaro, i concorsi anche alla Federico II, a cui il monologo del buon Maurizio, è dedicato, spesso sono stati oggetto di scandalo perché non proprio limpidi e trasparenti, ma è un problema che riguarda tutte le università italiane. Si sa bene che per entrare là dentro occorre essere raccomandati, quindi? Niente di nuovo sotto il sole.
Il personaggio del monologo è abbastanza indisponente. Si definisce un genio e tende allo snobismo. Il signorina per la giornalista, l’appellativo di “ragazzi dalle squallide esistenze” e “teste di pietra” che nulla avrebbero concluso, riferito a tutti i suoi alunni, ne tracciano il profilo. Ha stima soltanto di un alunno, quello che poi è il più mediocre di tutti perché accetta di prendersi gloria e premi al posto suo.
Il monologo così assume toni egocentrici e caricaturali che lo rendono inverosimile.
La scrittura è piatta, secondo lo stile americano da manuale di scrittura creativa, periodi brevi, senza pretese, senza pathos. Si cerca di creare un poco di suspence all’inizio, ma la scrittura così ordinaria ne svilisce in parte l’effetto.
La cosa più divertente è che de Giovanni va sciorinando in giro una storiella su come sia diventato famoso. Dichiara di essere entrato nel mondo editoriale “per caso”, facendo un concorso e subito poi è stato pubblicato dai grossi editori. E noi ci dobbiamo credere, come in molti credono che il suo monologo abbia una trama mai vista!
Signorino de Giovanni perché non dice la verità? Perché non ci dice come si fa ad entrare subito subito e senza fatica nella grande grossa editoria che conta?
Siamo tutt’orecchi!
Siamo tutt’orecchi anche perché, essendo anzianotti e trascorrendo parecchie serate davanti alla TV, di recente ci è capitato l’onore e l’onere di seguire la seconda serie televisiva delle fiction dedicate al Commissario Ricciardi; fiction travestite da giallo, ma che dei gialli non conservano minimamente il mordente. Hanno infatti del grottesco. La risoluzione dei casi è esperita mediante la medianicità di cui il protagonista soffre (anche qui originalissimo!) I casi si risolvono tramite le soffiate fatte al Brigadiere collaboratore, grasso e improponibile per l’epoca di ambientamento, da Bambinella, un femminiello ubicato nei Quartieri Spagnoli. Si svolge funzione di deciso frazionamento ed evanescenza del ritmo di un poliziesco, tra l’altro inframmezzato dalle vicende intime, personali e passionali del protagonista stesso sempre intinte nel drammatico e nello strappalacrime. Questa infarcitura, questa lanx satura di azione e psicologismo, rendono la lettura del testo e la conseguente sua trasposizione televisiva, pesante e dispersiva. Il pathos se ne va ad auto-seppellire. Riesce male perfino l’intento caricaturale della scelta dei funzionari di partito gestiti all’epoca dall’OVRA. Insomma un aborto totale.
Ci faccia capire, Dottor de Giovanni: non è che le sia servito molto per il passaggio dalla partita doppia alla scrittura dei romanzi la funzione che svolgeva dentro le agenzie di credito. Una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia? Così funziona?
L’Italietta nostra è piena di improponibili ex Vigili Urbani capitolini assurti alla gloria del tubo catodico nazionale “per caso”. O no?

.

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Per sfornare un giallo vero che ti tenga tutti assorti
    De Giovanni si rifugia nei segnali che ha dai morti!
    Per seguire alla TV le sue storie assai compunti
    noi dobbiamo dire grazie agli amici suoi defunti!
    E per far la storia dolce, più melensa e assai più bella,
    ammiriamo il Brigadiere, il grasson di Bambinella!

Post a comment