La tenerezza del lupo

La tenerezza del lupo

La tenerezza del lupo

La tenerezza del lupo

Muri, credit Mary Blindflowers©

 

La tenerezza del lupo

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

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Mauro Macario, Alphaville, Puntoacapo editrice:

 

LA TENEREZZA DEL LUPO

Dovevo prenderla per il collo la vita
non farle il baciamano
come a una dama del ‘600
il viso bianco
il neo finto
la parrucca con i boccoli
il minuetto di sottofondo
avrei voluto una cicatrice sulla faccia
da legionario di Marsiglia
e ballare un ruvido tango
con questa signora
poi trascinarla nei vicoli notturni
e regolare i conti
invece l’ho invitata sull’Orient Express
per un viaggio romantico
alla fine del mondo
tra luna e champagne
mi ha tagliato la gola
neanche Agatha Christie
se n’è accorta.

 

Exordium sconvolgente con il paradosso del titolo mutuato forse dalla favola francescana: ci risulta che nella aneddotica il membro dell’ordine dei carnivori, sottospecie della famiglia dei Canidi abbia mostrato assenza di aggressività e mansuetudine solo col poverello di Assisi. Ma evidentemente ignoravamo le esperienze accomunanti a chi è in odore di santità e che hanno riguardato il dottor Macario il cui cognome ricorda un grande soubrettista. Il testo ci risulta gravido di rimpianto per questa mitezza mostrata con la vita immaginata come una donna, traditrice ab origine Edenica, ha fatto secco l’innamorato, reo di averla trattata troppo da signora, quando invece avrebbe meritato membri della legione straniera come amatori, abili affiliati alle milonghe e ai ritmi di Astor Piazzolla pronti a consumare con lei nei postriboli suburbani. Che perdita di tempo, che suicidio aver fatto il gentiluomo… ma forse siamo noi che ci siam distratti pensando a una nemmeno tanto sottintesa misoginia dell’autore. La linea iniziale fa capire chiaramente che l’oggetto della mansuetudine e del bon ton dell’uomo è stata l’esistenza! Si riesce ad invitare la vita ad un giro sull’Orient Express? Si riesce a farle il baciamano? Ma sì: con le metafore un poeta moderno diventa chiaro, perspicuo ed estremamente semantico.
Che la vita potesse essere anche strangolatrice armata di stiletto, lasciando la scena del crimine intatta, talché perfino la nota inglese scrittrice di gialli rimanesse gabbata, non ce lo saremmo aspettati mai. Chapeau, però, alla prolessi del pronome personale in exordium; si trova a suo agio con gli anacoluti, Macario, diremmo la figura retorica meno gradevole e più consona ai principianti. Insomma, tutto questo giro di tangenziale per farci capire che la vita è una di cui non ci si deve fidare! Ci saremmo accontentati di qualche prolessi in meno e di qualche metafora più congrua.

 

IL MANDANTE

Il mandante di efferate violenze
le punisce
dopo averle create
trova le sue vittime
in famiglia
un tiro a segno così ravvicinato
da fare centro senza particolare attitudine.
L’indotto trova i suoi canali più aggressivi
nei palinsesti di produzione popolare
antropologi da fotoromanzo
aderiscono al progetto criminale
di sostituire la cultura con il degrado organizzato
una somministrazione forzata di pixel televisivi
metodo infallibile che avvelena il corpo sociale
un’autopsia virtuale non rileva lo stato tossico
di un numero sempre più crescente di soggetti contagiati.
L’ignoranza brutale di chi riconosce nella vita
solo una dinamica tra cibo e defecazione
è il fine didattico di questo trattamento
l’uomo minore ucciderà senza bisogno né ragione
ma è il mandante che afferra il coltello
e lo passa all’esecutore
il paese scenderà sempre più giù
nelle grotte antropomorfe della civiltà mediatica
tornando al grugnito al grido primordiale
con i molari da usare di nuovo per strappare la carne
carne umana
carne muliebre.
Il mandante esulta e ringrazia
i sudditi per la secolare fedeltà
sul trono di Lilliput
s’assopisce rincuorato
con un sorriso candido da bambino
e si lecca le labbra con il sangue degli altri.

 

Qui siamo alla prosa che tenta di protestare contro l’aggressività dei canali televisivi che hanno sostituito la cultura come una malattia e contagiano il mondo dove c’è un mandante e un esecutore perpetrante l’omicidio culturale a favore della realizzazione di un uomo minore che mangia e defeca, tra questi due estremi non ci sarebbe altro. Per esprimere questo concetto trito scomoda gli uomini primitivi, e perfino I viaggi di Gulliver del grande Jonathan Swift, rammentando i lillipuziani per poi finire nello splatter con il mandante che “si lecca le labbra con il sangue degli altri”.
Siamo in presenza di una predica infarcita di luoghi comuni, aritmica e senza stile. Gli accostamenti sono mutuati dai film di quarta categoria con sfumature horror: la carne strappata, il sangue, l’omicidio, l’epidemia contagiosa dell’ignoranza, le efferate violenze e la coazione del mandante che punisce le vittime dopo averle create.
Manca la profondità espressiva e simbolica, e il predicozzo di chi sembra stare al di sopra di tutto questo mentre scrive, infastidisce il lettore in questo mondo pieno di predicatori e moralizzatori ma di ben pochi poeti.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

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