Politicamente corretto? Anche no!

Politicamente corretto? Anche no!

Politicamente corretto? Anche no!

Politicamente corretto? Anche no!

Fiat lux, credit Mary Blindflowers©

 

Politicamente corretto? Ma anche no!

Mary Blindflowers©

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Ieri sui social è scoppiata una piccola polemica dai toni piuttosto accesi tra me e una gentile signora che porta il nome di una fiera, in merito a un articolo che troverete qui a firma Lucio Pistis e Sandro Asebès. Questi, in riferimento ad una autrice, hanno usato il termine “poetessa” con le virgolette e cinque parole giudicate molto offensive:

“la poetessa” (sic!) realizza una meravigliosa rima in Ring Komposition (non sappiamo se capisce la parola…)

Parliamo prima delle virgolette. Se la recensione non è positiva, è chiaro che il termine “poetessa” messo tra virgolette sta ad indicare che non c’è apprezzamento delle qualità artistiche dell’autore del libro. Cosa ci sia di particolarmente offensivo o scandaloso in questo, non arrivo a capirlo. Mica si può piacere a tutti. È così importante poi fregiarsi di titoli ed etichette al punto tale da offendersi se qualcuno non crede al loro valore? Veramente ancora nel 2023 si attribuisce alla parola poeta e poetessa, tutta questa grande importanza?
Passiamo ora a quel “non sappiamo se capisce la parola” che ha causato una reazione forte. Sarebbe offensivo e lesivo della dignità della persona e i due articolisti sarebbero addirittura due cafoni. Ma perché, siamo tutti tenuti a sapere il significato di Ring composition per essere giudicati intelligenti?
In pratica su un articolo di due pagine word in cui si discute tranquillamente della latitanza del significato nei versi di un’autrice, dello stile, della forma, qualcuno è stato capace di vedere un’offesa in cinque parole tra parentesi.
Gli autori del testo mi hanno detto: “levale pure se questo può creare turbamento, il significato dell’articolo non cambia se ci sono o non ci sono”. Così le ho rimosse. Dopo la rimozione delle cinque parole e non del virgolettato (mi rifiuto io!), la stessa garbatissima signora che si era tanto scandalizzata per averle lette, mi ha accusato di malafede.
Che epoca è mai questa?
Non si può dire cieco perché si dice non vedente, non è lecito dire sordo perché si dice non udente, calvo sarebbe un’offesa. Dovremmo dunque dire non capelluto? Dobbiamo cercare di capire dove andremo a finire con questa ipocrisia del politicamente corretto, dello zucchero filato da spargere ovunque e sempre, delle lodi sperticate e spesso false che i costruttori di versi si propinano l’un l’altro, agitandosi sui loro scranni e dimenticandosi che in fondo, si leggono soltanto tra loro, poveretti. Mi sembrano talvolta quei nobili decaduti che possono fregiarsi solo del titolo e di nient’altro. E dunque perché scaldarsi tanto? Vale davvero la pena? Per quanto mi riguarda, con le mie poesie, in caso di non gradimento, potete pulirvi il bip, almeno potrei vantarmi della loro utilità pratica!
La signora che si è scandalizzata per le virgolette a “poetessa” e le suindicate cinque parole, mi ha tranquillamente detto di crepare in chat, aggiungendo che se per caso dovessimo permetterci di recensirla, come abbiamo fatto con altri,  partirebbe “la denuncia”.
Eh addirittura! Una denuncia per cosa? Lei ci denuncia perché i suoi versi potrebbero non piacerci? Caspita!
Non è più lecito dunque fare una critica letteraria?
Ma certo che no! Che domande sciocche! Secondo la suindicata illuminatissima dama, per recensire occorre essere Qualcuno. Ha chiesto infatti a più riprese: Ma chi sono Lucio Pistis e Sandro Asebès? Che titoli hanno per avere la sfrontatezza di recensire le poetesse? E ancora, testuale: “… a me interessa l’etica del “Qualcuno”, la democrazia chiede anche rispetto”.
Eh già, dimenticavo che l’Italia è il Paese dei balocchi oltre che dei baiocchi, il Paese dei signori Qualcuno che navigano da un partito all’altro, da un carretto all’altro per non affondare mai e permettersi il lusso di avere un titolo accreditato per parlare di letteratura o di poesia sui giornali mentre i poveri signori Nessuno senza specifici titoli accademici, senza tessere, non dovrebbero neppure aprir bocca né avere un giudizio critico, ci mancherebbe! Dovrebbero seguire la corrente come le sardine in branco e tapparsi la bocca!
Nel Paese degli Eco che deridono il vicino di casa perché non ha gli agganci giusti per contare qualcosa, uno, due, tre, viva il re, cosa potevamo aspettarci?
Eppure ricordo il fantastico Geoffrey Holiday Hall, scoperto in Italia da Sciascia. Uno scrittore di razza superiore.
Chi è?
Boh. Si sa poco e nulla di lui.
Nemmeno Sciascia è riuscito a risolvere il mistero, e leggendolo e giudicandolo meraviglioso, non si è di certo posto il problema dei titoli dello scrivente. Sciascia sapeva che uno scrittore si giudica dalla scrittura e non dal nome che porta né dai titoli. Ma oggi la maggior parte della gente sembra essersene dimenticata.

 

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Libri Mary Blindflowers

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

Comments (6)

  1. Michèle

    La critica ci è parsa argomentata, testi alla mano, e per niente “cafona”; fossero tutte così serie e ben informate, magari! Giusto un appunto: sarebbe stato utile avere qui la controparte della signora offesa (ma perché, poi? era lei l’editrice? la curatrice? la poeta – addirittura – sotto mentite spoglie, ossia “nom de plume”?)… Come disse una volta Fortini (criticato), È tutto uno scherzo. O no?
    M.

    1. Destrutturalismo

      Magari fosse uno scherzo. La signora è stata più volte invitata alla confutazione dell’articolo, addirittura le ho detto che le avrei pubblicato eventuale replica argomentata, ma ha risposto che non ha alcuna intenzione di farsi notare nel mio blog. Il legame di questa signora con la poetessa recensita? Mah, lo ignoro, so solo che ormai il mondo dei presunti poeti è pieno zeppo di gente che protesta per interposta persona. Mary Blindflowers.

      1. Michèle

        Hélas…!… E così non solo in Italia (ovviamente); ancora peggio in certi paesi molto centralizzati, dove piccoli gruppi di potere – non affatto occulto – dettano il cosiddetto “canone” (e col cannone sparano, quelli). Vedi http://circe.univ-paris3.fr/Vegliante-NuovaCorrente.pdf
        Cordialità, M.

        1. Destrutturalismo

          Grazie del pdf, lo leggerò com calma. Buon fine settimana. Mary Blindflowers.

  2. ANGELO GIUBILEO

    Il politicamente corretto svela l’incapacità della parola di cogliere il significato essenziale delle cose. Inoltre esiste un legame tra la parola e la politica, che comunemente risale a Platone e alla sua teoria delle idee. Platone pensava, a differenza di Socrate, che l’arte del teatro più facilmente avrebbe condotto gli uomini alla formazione di una “società dello spettacolo” e quindi alla tirannia. E pertanto propose l’adozione di un diverso metodo, ma anch’esso letterario, quello della dialettica a supporto dell’arte che da lui in occidente ha preso il nome di filosofia. Con i risultati piuttosto sterili che tutti noi oggi vediamo sotto i nostri occhi: più filosofia e meno teatro non hanno senz’altro cambiato in “meglio” le cose. Il politicamente corretto si sostanzia principalmente in un abuso della parola, che alcuni erigono e ritengono viceversa presidio essenziale di tutela e salvaguardia della polis… Alcuni, che definirei piuttosto demagoghi o tutt’al più poveri illusi!

    1. Destrutturalismo

      Demagoghi, illusi e pettegoli, aderenti perfettamente all’etica del mostro sacro che diventa per volontà divina “intoccabile”. Si stanno facendo, per esempio, molte polemiche su alcuni articoli del blog che hanno criticato i cosiddetti “poeti laureati”, abbiamo commesso un delitto di lesa maestà. Il politicamente corretto ha ormai ucciso ogni possibilità di libero pensiero. Dire che Pasolini non era un poeta o che il neorealismo non piace, diventa una bestemmia, un’offesa contro i santi, ma io non credo in Dio, quindi… Mary Blindflowers.

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